Libia
Haftar si autoproclama capo di tutta la Libia
Il generale della Cirenaica ha dichiarato la fine dell'accordo del 2015 e ha esautorato anche il parlamento di Tobruk

 
Il generale Khalifa Haftar, capo dell’Esercito Nazionale Libico (LNA), annunciava il 27 aprile lo scioglimento del Parlamento di Tobruk, la Camera dei rappresentanti eletta nel giugno 2014, e si autoproclamava capo di tutta la Libia. Dichiarava invalidato anche l'accordo di Skhirat del 17 dicembre 2015 considerato “parte del passato”, che aveva stabilito la creazione del Governo di Accordo Nazionale (GNA) con sede a Tripoli e guidato da Fayez al-Serraj. Quell’accordo costruito dai paesi imperialisti, Italia in testa, e dall'Onu per tentare di normalizzare la polveriera libica cui avevano dato fuoco per liquidare il regime di Gheddafi e per avviare un percorso che permettesse loro di trovare una intesa per spartirsi le ricchezze del paese. Un progetto finora fallito, come pure quello del 19 gennaio scorso definito nella conferenza di Berlino che doveva portare a un cessate il fuoco, la fine della vendita delle armi ai due contendenti libici, l'avvio di un processo di pace. Né Serraj né Haftar, che pure era stato convocato a Mosca dal padrino Putin per convincerlo a accettare un piano di pace, firmano il documento di Berlino; il generale cirenaico perché pensava ancora di poter chiudere militarmente a suo vantaggio la partita dell'assedio di Tripoli, Serraj perché preparava la controffensiva con l'aiuto del nuovo alleato turco.
Il tentativo del generale libico con passaporto americano Haftar di risolvere con la conquista di Tripoli la questione di chi comanda in Libia iniziato, col via libera dalla Casa Bianca di Donald Trump, il 4 aprile dello scorso anno però falliva. Non sono stati sufficienti l'aiuto ricevuto dai mercenari russi della Wagner, degli agenti speciali di Francia e Usa, dei mercenari sudanesi e delle milizie arabe pagate dall'Arabia saudita, del supporto militare egiziano, dei finanziamenti e dei droni forniti dagli Emirati Arabi Uniti, per superare le difese di Tripoli e eliminare il GNA di Fayez Serraj: per avere il controllo del paese riunificato e della Banca centrale libica che gestisce gli enormi profitti della vendita di gas e petrolio.
L'assedio di Tripoli ha cominciato a cedere nello scorso gennaio quando si è fatto sentire l'effetto del sostegno a Serraj del presidente turco Recep Tayyp Erdogan che dopo la Siria allungava i suoi artigli imperialisti sulla Libia. L'alleanza Tripoli-Ankara era sancita il 27 novembre 2019 dall'accordo economico per la spartizione delle ricchezze petrolifere marine nella Zona economica esclusiva disegnata nel Mediterraneo orientale tra i due paesi che sollevava proteste da Grecia, Cipro e Egitto ma il perno dell'intesa era l'accordo di cooperazione militare. Quando il 2 gennaio scorso il parlamento di Ankara dette il via libera agli aiuti militari già in Libia erano schierati una ventina di droni, armi e mezzi pesanti e mercenari delle milizie siriane filoturche. I sistemi anti-aerei turchi proteggevano l’aeroporto tripolino di Mitiga e la capitale dai droni di Haftar che fino al momento godeva della supremazia aerea e permettevano il 25 marzo all'esercito del GNA di lanciare la controffensiva dal nome “Tempesta di pace” che in poche settimane cacciava l’LNA
da diverse località sulla costa occidentale libica, da Sorman a Sabrata. A metà aprile le formazioni tripoline si posizionavano attorno Tarhuna, per assestare un colpo che potrebbe essere determinante in questa fase della guerra; la città a circa 65 km a Sud-Est della capitale libica, è quella da dove il comando delle forze dell’LNA e i consiglieri militari di Russia, Emirati Arabi Uniti e Egitto, coordinano l'offensiva su Tripoli.
In questa situazione il generale Haftar provava il rilancio delle sue ambizioni con l'autoproclamazione a guida del popolo libico. “Ho accettato il mandato del popolo libico a svolgere un compito storico, governare la Libia”, dichiarava nel discorso televisivo del 27 aprile accampando un mandato che nessuno gli ha concesso, sconfessato financo dal presidente della Camera dei Rappresentanti di Tobruk, Aguila Saleh, che assieme al capo del governo cirenaico Abdullah Al Thinni lo avevano nominato capo dell’LNA. Il generale si è preso l'incarico di capo dell'esercito e la guida di fatto della Cirenaica fino a decretare lo scioglimento delle sue istituzioni.
Più che ovvia l'attesa condanna dei nemici del GNA, che definiva l'azione di Haftar un nuovo colpo di Stato contro un’autorità legittima, e della Turchia che condannava il tentativo di istituire una dittatura militare nel paese. Una condanna a metà arrivava da parte degli Usa che si limitavano definire non valida la “dichiarazione unilaterale” e con Francia e Italia chiedevano l'avvio di un dialogo che portasse a decisioni consensuali; Onu e Ue si schieravano a difesa dell'accordo di Skhirat del 2015. Il 28 aprile arrivava la condanna anche della Russia. Dopo una riunione informale del Consiglio dei ministri degli affari esteri del BRICS in videoconferenza, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov dichiarava che “non abbiamo approvato la recente dichiarazione del signor Serraj, che ha rifiutato di parlare con il generale Haftar, e non approviamo l’affermazione che il generale Haftar decida ora individualmente come vivrà il popolo libico”. Putin non ha mollato l'alleato libico ma non lo difende più a spada tratta.

6 maggio 2020