Fase 2 dell'emergenza coronavirus a Reggio Calabria
Misure insufficienti del sindaco PD Falcomatà per garantire la salute della popolazione
Nulla è stato fatto per sottrarre la città al degrado e alla sporcizia
Occorrono le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo: le Assemblee popolari e i Comitati popolari

Dal corrispondente dell'Organizzazione della provincia di Reggio Calabria del PMLI
Il 4 maggio scorso, anche a Reggio Calabria, iniziava ufficialmente la cosiddetta fase 2. Qualche giorno più tardi, dal chiuso di una stanza di palazzo Alvaro e in diretta Facebook, il sindaco PD Giuseppe Falcomatà, annunciava l’ennesimo provvedimento che avrebbe consentito ai reggini di poter uscire in sicurezza sul Lungomare della città: “Da stasera, e per tutto il fine settimana, il nostro Lungomare si 'allarga' e diventa isola pedonale per consentire a ognuno di noi di avere più spazio a disposizione per fare attività sportiva e motoria. Lo facciamo per evitare assembramenti e riuscire a mantenere meglio il distanziamento sociale; ma lo facciamo anche per continuare a riprenderci i nostri spazi”.
Concentrare la popolazione sul Lungomare senza rendere di fatto accessibili altri spazi urbani del centro è una scelta malsana e pericolosa che in realtà potrebbe favorire la propagazione del coronavirus. Reggio Calabria è una delle città d’Italia meno interessate dal contagio ma non per questo bisogna abbassare la guardia, tutt’altro: qualora il numero di infettati dovesse aumentare si rischierebbe un nuovo lockdown , con ricadute economico-sociali disastrose.
L’emergenza coronavirus non potrà mai cancellare gli scempi perpetrati dalla giunta di “centro-sinistra” guidata dall’imbroglione Falcomatà che per riacquistare consensi, in vista delle prossime elezioni comunali, ormai non sa più cosa inventarsi pur di restare ancorato alla comoda poltrona. Basta infatti uscire dal contesto “Lungomare”, per rendersi conto come la città di Reggio Calabria sia assolutamente impreparata a garantire la sicurezza e la salute pubblica in questa tanto delicata quanto pericolosa fase 2.
Le strade sono sporche. Sui marciapiedi malridotti, si trovano spesso accatasti rifiuti maleodoranti. Le aree verdi e i parchi versano nell’incuria più totale e rappresentano un possibile ricettacolo di infezioni per chiunque ci si avventuri, animali domestici compresi. Igienizzazione e sanificazione sono un miraggio.
Ma tutto questo, a Falcomatà poco importa considerando l’immobilismo dimostrato negli ultimi due mesi. Due mesi che lo hanno visto protagonista solitario di una vergognosa propaganda mediatica andata in onda a suon di ordinanze (ancora più restrittive e incongrue degli stessi Dpcm del trasformista liberale Conte) e monologhi Facebook.
Approfittando di fatto dell’emergenza sanitaria, da buon politicante borghese qual è, ha assunto pieni poteri senza mai convocare e consultare il Consiglio comunale, nemmeno in videoconferenza. Non solo, ha indossato anche i panni dello sceriffo per intimidire rom e cittadini sorpresi in giro per strada “senza validi motivi”, per poi cambiarli con quelli del buon samaritano facendosi filmare mentre distribuiva ai più bisognosi cibo e mascherine.
Il prossimo ottobre l’amministrazione Falcomatà compirà sei anni esatti dal suo insediamento. Complice la pandemia di Covid-19 che durerà ancora a lungo, non era mai accaduto nella storia della città di Reggio Calabria che un sindaco avesse avuto un mandato così lungo. Un precedente pericoloso che gli ha permesso di accrescere il suo potere personale e la sua visibilità, annullando di fatto quelle poche libertà democratico-borghesi rimaste.
È ora di dire basta ai soprusi di Falcomatà e della sua giunta di “centro-sinistra” che vanno spazzati via attraverso la lotta di classe, che deve continuare. Per questo motivo, noi marxisti-leninisti invitiamo da sempre tutti gli anticapitalisti e gli astensionisti a creare nei quartieri di ogni città o frazione, le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo basati sulla democrazia diretta e sulla parità di genere, per discutere e stabilire la propria piattaforma politica rivendicativa: Assemblee popolari e Comitati popolari. Naturalmente, queste istituzioni rappresentative non possono nascere a freddo, con atti burocratici, volontaristici, senza che abbiano un’effettiva base di massa. Questo non ci impedisce di avviare un lungo lavoro propagandistico per fare maturare al più presto le condizioni politiche e organizzative per poterle creare.

13 maggio 2020