L'ultimatum della Corte tedesca alla Bce brutto segnale per l'aiuto della UE all'Italia

 
Probabilmente è solo un caso che nel pieno della discussione tra i paesi imperialisti membri della Ue su quanti soldi devono mettere le istituzioni comunitarie a sostegno dei paesi più in difficoltà per l'emergenza sanitaria e economica, che sono anche quelli più deboli e hanno meno risorse proprie per far fronte alla crisi, sia arrivata il 5 maggio la sentenza della Corte Costituzionale tedesca di Karlsruhe che dichiara in parte illegale il programma della Banca centrale europea (Bce) di acquisto dei titoli di stato avviato nel 2015 sotto la presidenza dell'italiano Mario Draghi. Un programma che nel corso dell'allora crisi economica dava una boccata di ossigeno ai bilanci dei paesi in difficoltà a reperire risorse a fronte della crescita del cosiddetto spread coi titoli di Stato più affidabili: la solida Germania vendeva titoli con interessi vicini a zero, e diventava finanziariamente ancora più solida, la debole Italia e gli altri paesi della periferia della Ue vendevano titoli con alti interessi e con alti costi al momento della restituzione. Il programma denominato Quantitative Easing della Bce prevedeva l'acquisto di una parte dei titoli, di scorta esisteva il programma Omt (Outright monetary transactions) del 2012, che prevedeva l’acquisto illimitato e diretto da parte della Bce di titoli di Stato a breve termine emessi da Paesi in difficoltà ma che non è stato utilizzato.
I giudici di Karlsruhe hanno di chiesto entro tre mesi chiarimenti al Consiglio direttivo della Bce a Francoforte sul programma Quantitative Easing, minacciando di bloccare il contributo al piano della Banca centrale tedesca, la Bundesbank. Precisavano che questa decisione non riguarda le misure adottate “nel contesto dell’attuale crisi da coronavirus”, il nuovo programma di acquisto di titoli per 750 miliardi di euro varato il 18 marzo, ma è evidente che l'ultimatum della Corte tedesca alla Bce sia un brutto segnale per l'aiuto della Ue ai paesi in difficoltà, primo fra tutti l'Italia che spera ancora in un massiccio intervento seppur con strumenti diversi come il Recovery Fund.
L'azione “solidaristica” della Bce sotto la direzione di Draghi era stata mal digerita a Berlino e produceva un ricorso di un gruppo di politici e accademici di destra, oggi si chiamano sovranisti e nazisti compreso il fondatore di Afd, presso la Corte Costituzionale tedesca che a sua volta si rivolse alla Corte di giustizia europea con sede a Lussemburgo per ottenere nel 2018 un sentenza che decretava l'azione della Bce in linea coi Trattati. Non è così, insistevano i ricorrenti, gli acquisti di titoli da parte della Bce fino a una cifra che sta fra i 2.500 e i 3.000 miliardi di titoli sono un finanziamento diretto ai governi in violazione del Trattato europeo. E i giudici tedeschi, a quanto si può ricavare dai commenti più che dal linguaggio da azzeccagarbugli della sentenza, dicevano che il Quantitative Easing all'inizio andava bene ma il fatto che sia ancora attivo non è detto sia costituzionale e tornavano a bussare alla porta del Consiglio direttivo della Bce perché spiegasse come lo usa. Sottintendendo che la Bce viola il suo mandato con azioni non puramente finanziarie ma di politica economica e non deve ripeterle in futuro.
In altre parole la Corte Costituzionale tedesca si erge a super guardiano dei Trattati europei, bacchettando finanche il governo Merkel e il Bundestag accusati di non aver “adottato misure attive contro il programma per l’acquisto di titoli di Stato nella sua forma attuale”, e rivendica il primato della costituzione e delle leggi nazionali sulle parti derogate alla legislazione comunitaria e che di conseguenza i verdetti della Corte di Giustizia europea non contano a fronte di quello che decide l’Alta corte di un singolo Paese. Un principio che non è valido solo quando non serve agli imperialisti tedeschi per comandare in Europa come quando hanno imposto di inserire la condizione capestro del rispetto della parità di bilancio nelle Costituzioni nazionali, in questo caso ritenute per nulla sovrane. “La Germania difende la sua sovranità” è stato l'esplicito commento del viceministro della Giustizia polacco che assieme al collega ungherese si appresta a difendersi dall'accusa di violazione degli accordi europei sui migranti e sull'adozione di leggi fasciste.
Quando lo scorso 12 marzo nel pieno dell'esplosione della crisi del coronavirus in Europa, a partire da Italia e Spagna, la presidente francese della Bce Christine Lagarde si presentò in conferenza stampa per annunciare il misero pacchettino degli interventi predisposto dall'istituto finanziario della Ue, valutato gravemente insufficiente, ma fece scalpore soprattutto perché dichiarò che non si sarebbe impegnata a fare “qualunque cosa serva” al contrario del suo predecessore Mario Draghi nel 2012 a fronte della crisi finanziaria. La dichiarazione della Lagarde “non siamo qui per ridurre gli spread, non è compito nostro” tenere sotto controllo il rendimento dei titoli di Stato a sostegno dei paesi con le finanze pubbliche più in difficoltà, e tale affermazione causò l'effetto opposto di mettere in difficoltà i paesi periferici dell’eurozona, dall'Italia alla Spagna, al Portogallo, all'Irlanda. La dichiarazione della Lagarde era diretta non solo ai governi coi bilanci in difficoltà per invitarli a arrangiarsi ma anche ai governi dei paesi “virtuosi”, Germania e Olanda in testa, per tranquillizzarli che con lei alla guida erano finiti i tempi di una Bce a supporto dei paesi che non rispettano i rigidi parametri di bilancio europei. L'emergenza economica del coronavirus esplosa fino a portare la Ue verso la più profonda recessione economica della sua storia, costringeva la Bce, su richiesta del Consiglio europeo, a modificare l'atteggiamento sparagnino e a allentare i cordoni della borsa. Ma la posizione della Lagarde, a difesa degli interessi dei paesi imperialisti più forti verso i concorrenti più deboli, resta non è cambiata un granché e si conferma in linea con la decisione della Corte Costituzionale tedesca.
Ovviamente a fronte della sentenza di Karlsruhe la responsabile della Bce non poteva che respingere le accuse e ricordare il 7 maggio che “rendiamo conto al Parlamento europeo e ricadiamo sotto la giurisdizione della Corte di giustizia europea”. Il giorno seguente si faceva sentire anche la Corte di Giustizia europea che difendeva il giudizio a favore dell'azione della Bce emesso nel 2018, quello sconfessato dai giudici tedeschi e ribadiva che le istituzioni europee sono sottoposte al suo giudizio cui si devono conformare i giudizi nazionali.
A queste posizioni si allineava anche la rappresentante tedesca nel comitato esecutivo della Bce, Isabel Schnabel che in una recente intervista tornava sul tema economico che sarà centrale nei prossimi mesi, quello del rischio di un aumento dei divari economici fra i paesi Ue a vantaggio dei più forti. Con il consueto ritornello del “siamo tutti nella stessa barca” applicato a livello dei paesi imperialisti europei concorrenti alludeva a possibili iniziative solidaristiche che però non potevano arrivare fino alla “mutualizzazione dei debiti”, alla suddivisione a livello comunitario degli oneri dei grossi debiti di bilancio nazionali; come ultimamente ci hanno spiegato più volte in tutte le riunioni della Ue i rappresentati dei paesi ricchi, Germania e Olanda in testa, per non farsi carico più di tanto dei problemi degli altri paesi in difficoltà. A meno che, spiegava la Schnabel, la mutualizzazione del debito non porti a “una struttura di governance con maggiori poteri di intervento sulle finanze pubbliche al livello europeo (…), a una maggiore cessione di potere decisionale all’Europa”, leggi alla Germania e ai Paesi nordici. Anche sulla barca dell'Ue imperialista ci sono paesi al timone che decidono la rotta e paesi che devono solo remare senza alzare la testa.
Insomma i soldi dati all'Italia sono un prestito, da restituire con gli interessi alla Ue. E saranno lacrime e sangue per le masse popolari. Ci verrebbero dati a fondo perduto solo rinunciando ulteriormente alla sovranità nazionale e cedendo altro potere decisionale all'Europa, che potrebbe decidere e fare il brutto e il cattivo tempo nella nostra politica interna economica e finanziaria. Meglio uscire dalla Ue imperialista.
 

13 maggio 2020