Lo denuncia l'Inail
37 mila contagiati sul lavoro, 129 i morti

Alla vigilia del 1° Maggio l'Inail ha pubblicato un primo rapporto sulle infezioni di origine professionale segnalate all’Istituto dall'inizio dell'emergenza coronavirus fino al 21 aprile scorso, al quale è seguito un secondo rapporto che prende in considerazione la situazione dall'inizio dell'emergenza fino al 4 maggio.
Il documento, elaborato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Inail, conferma la maggiore esposizione al rischio di infezione Covid-19 del personale sanitario e socio-assistenziale rispetto al resto dei lavoratori.
Dai dati del secondo rapporto risulta che tra la fine di febbraio e il 4 maggio sono stati ben 37.362 i contagi da Covid-19 di origine professionale denunciati all’Inail, quasi novemila in più rispetto ai 28.381 registrati fino al 21 aprile: di essi il 43,7% riguarda la categoria dei tecnici della salute, che comprende infermieri e fisioterapisti, seguita da quella degli operatori sociosanitari (20,8%), dei medici (12,3%), degli operatori socioassistenziali (7,1%) e del personale non qualificato nei servizi sanitari e di istruzione (4,6%).
Il presidente dell'Inail, Franco Bettoni, ha affermato che “i nostri dati confermano la maggiore esposizione al rischio del personale sanitario, al quale l’Istituto riconosce la presunzione semplice di origine professionale dell’infezione “, e ciò significa che, da un punto di vista giuridico, si ritiene che i lavoratori del settore sanitario abbiano comunque contratto l'infezione nell'esercizio delle loro attività lavorative, e ciò fino a eventuale prova contraria.
I casi mortali segnalati all’Inail fino al 4 maggio sono stati 129, ossia 31 in più rispetto al monitoraggio precedente che, al 21 aprile, ne contava 98. Per ciò che riguarda il sesso dei lavoratori contagiati, le donne sono state il 71,5% dei casi e gli uomini il 28,5%, mentre per ciò che riguarda i decessi la proporzione si inverte, con l’82,2% dei decessi che ha interessato i lavoratori e il 17,8% le lavoratrici.
Tali dati, peraltro, non sono esaustivi per ciò che riguarda i contagi da coronavirus contratti a causa di lavoro, in quanto essi si riferiscono ai soli lavoratori assicurati presso l'Inail, con esclusione quindi di categorie particolarmente esposte al rischio di contagio - come quelle dei medici di famiglia, dei medici liberi professionisti e dei farmacisti - che comunque hanno lamentato un notevole numero di contagi e un significativo numero di morti.
Tornando al secondo rapporto Inail, l’analisi territoriale evidenzia che fino al 4 maggio oltre il 91% delle denunce di infezione contratta sul lavoro riguardano l'Italia centrosettentrionale con il 53,9% nel Nord-Ovest, il 25,2% nel Nord-Est e il 12,5% nel Centro, mentre nel Sud e nelle Isole la percentuale scende rispettivamente al 6,0% e al 2,4%. Tra le regioni quella con più denunce è stata la Lombardia (34,2%) e quasi il 43% dei casi mortali, seguita da Piemonte (14,9%), Emilia-Romagna (10,0%), Veneto (8,9%), Toscana (5,8%), Trentino-Alto Adige (4,5%), Liguria (4,2%) e Marche (3,3%).
Due decessi su tre hanno riguardato la fascia di età compresa tra i 50 e i 64 anni con l’età media dei contagiati di 47 anni per entrambi i sessi, età media che sale a 59 anni per i casi mortali.
Da questi numeri si deduce chiaramente che le istituzioni, centrali e regionali, avrebbero dovuto fare molto di più, soprattutto per ciò che riguarda la fornitura di protezioni individuali, per garantire la tutela dei lavoratori, soprattutto di quelli impegnati in prima linea nell'emergenza sanitaria.

13 maggio 2020