Conte fa quadrato intorno al ministro che l'ha lanciato al governo
Il Pm Di Matteo: “Bonafede mi offrì il Dap ma cambiò idea dopo il dissenso dei boss mafiosi detenuti”
Il ministro della Giustizia corre ai ripari in ritardo dopo la scarcerazione di 376 detenuti

Il magistrato antimafia Nino Di Matteo, oggi membro del CSM, in una dichiarazione rilasciata alla trasmissione "Non è l'arena" de La7 e in un'intervista al "Il Fatto quotidiano" ha sostenuto in questi giorni che nel giugno 2018 (al tempo del governo nero fascista e razzista Salvini-Di Maio) il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede del M5S, gli avrebbe proposto la direzione del DAP (il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) o in alternativa la nomina a membro del dipartimento Affari penali del ministero, salvo nel giro di neanche 48 ore, cambiare idea sul DAP e nominare al suo posto Alberto Basentini, poi dimessosi e sostituito dal consigliere Csm Dino Petralia.
Secondo alcuni Bonafede avrebbe ritirato la proposta di nomina di Di Matteo al DAP sotto pressione di gruppi di potere legati ai boss mafiosi, preoccupati da questa nomina ed evidentemente più sollevati dalla nomina di Basentini, perché considerato più morbido nei loro confronti, come confermano chiaramente alcune intercettazioni telefoniche.
Come mai questo repentino cambio di opinione sulla nomina di Di Matteo da parte di Bonafede nel giugno 2018 in appena 48 ore?
“Stop da alleati o da altri sul mio nome? Io non posso saperlo" sostiene Di Matteo “mi sedetti davanti a Bonafede e gli dissi che accettavo il posto di capo del Dap. Lui però, a quel punto, replicò che aveva già scelto Basentini, mi chiese se lo conoscessi e lo apprezzassi. Risposi di no, che non lo avevo mai incontrato"... “Bonafede insistette sugli Affari penali, parlò di 'moral suasion' (cioè di rimozione) con la collega Donati perché accettasse un trasferimento. Non dissi subito no, ma manifestai perplessità. Siamo a giugno, disse Bonafede, lei mi manda il curriculum, a settembre sblocchiamo la situazione”.
Il giorno dopo Di Matteo tornò al ministero in via Arenula: “Il nostro ultimo scambio di battute. Io gli dico di non tenermi più presente per alcun incarico, lui ribatte che per gli Affari penali non c’è dissenso o mancato gradimento che tenga. Una frase che, se riferita al DAP, ovviamente mi ha fatto pensare”... “Prima una proposta, poi un’altra. Da allora mi sono sempre chiesto cos’era accaduto nel frattempo. Se, e da dove, fosse giunta un’indicazione negativa, magari uno stop degli alleati (allora la Lega del neoduce Salvini, ndr) o da altri, questo io non posso saperlo”.
Quanto a chi gli chiede come mai parli di questi avvenimenti dopo quasi due anni Di Matteo risponde: “Per alto senso istituzionale non potevo dire perché non avete nominato me anche se c’era chi, accanto a me faceva le ipotesi più fantasiose, ma io non ho mai voluto dire niente. Se avessi parlato sarebbe apparso fuori luogo, come un’indebita interferenza”; ma “dopo le dimissioni di Basentini proprio come due anni fa, alcuni giornali hanno di nuovo scritto che mi avrebbero fatto capo del Dap. Quando Roberto Tartaglia è diventato vice direttore eccoli scrivere 'arriva il piccolo Di Matteo'. Poi domenica sera, quando ho sentito fare il mio nome inserendolo in una presunta trattativa e sia chiaro che lo rifarei negli stessi termini, ho sentito l’irrefrenabile bisogno di raccontare i fatti, al di là delle strumentalizzazioni".
Fu insomma anche la Lega fascista, razzista e mafiosa a obbligare Bonafede a desistere dal nominare Di Matteo al DAP, per ordine dei suoi "grandi elettori" fascisti e mafiosi. Questo è il punto politico di fondo.
Inaccettabile l'autodifesa dello stesso ministro giovedì 7 maggio durante l'apposito Question-time alla Camera (preludio alla mozione di sfiducia presentata dalla destra che si discute il 13 maggio al Senato, dettata solo dalla volontà di Salvini di provocare una crisi governativa e di rientrare nei giochetti di palazzo magari insieme a Renzi per sostituire Conte) già sulla graticola per la scarcerazione di ben 376 detenuti di peso, fra i quali il mafioso Pasquale Zagaria, detenuto in regime di 41-bis, Bonafede ha affermato: “Mi viene chiesto innanzitutto se e quali interferenze si siano manifestate sulla nomina di capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria nel 2018. La risposta è molto semplice: nel giugno 2018 non vi fu alcuna interferenza diretta o indiretta, nella nomina del capo Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria”, però nel negare la cosa e citando alcune intercettazioni di mafiosi che dimostrano la loro contrarietà di allora alla nomina di Di Matteo, nel tentativo di metterci una pezza finisce col tagliarsi la lingua da solo: “Ogni ipotesi o illazione costruita in questi giorni da alcune forze politiche è del tutto campata in aria, perché, come emerso dalla ricostruzione temporale dei fatti, le dichiarazioni di alcuni boss erano già note al ministero dal 9 giugno 2018 e quindi ben prima di ogni interlocuzione con il diretto interessato”. Appunto! Al massimo si può dire che non si aspettava il loro irrigidimento al quale, in definitiva, ha dovuto cedere in appena 48 ore, infatti come mai allora non ha parlato di alcuna altra motivazione che lo avrebbe indotto a cambiare idea e senza neanche avvertire lo stesso Di Matteo? Perché poi Di Matteo non gli andava bene al DAP e agli Affari penali sì?
Su Bonafede pende quindi non solo la responsabilità della scarcerazione di pericolosi mafiosi, ma anche il fatto di avergli concesso i domiciliari, per effetto del coronavirus, cosa che mette a nudo, per l'ennesima volta, la sottovalutazione dell'epidemia da parte del governo e la mancata individuazione per tempo di luoghi di detenzione idonei al trasferimento dei detenuti esposti al contagio, che avrebbero evitato gli arresti domiciliari, i quali, specie per i boss sottoposti al 41-bis, sono acqua fresca, con buona pace delle vittime di mafia e dei loro parenti e senza che i domiciliari peraltro costituiscano una forma di prevenzione dall'infezione dal micidiale Sars-Covid 19.
A noi sembra tutto chiarissimo, anche da un punto di vista della lotta alla mafia non vi è alcuna discontinuità tra il governo nero Salvini-Di Maio e l'attuale governo Conte, sono entrambi governi borghesi, neofascisti e filomafiosi, tant'è vero che nonostante la difesa di Bonafede da parte dello stesso premier-dittatore Conte, esplode sulla questione una furibonda polemica all'interno di quel coacervo di fazioni che si contrappongono nel M5S. Vi è chi si trincera dietro vergognosi silenzi, chi come il presidente dell'inutile Commissione parlamentare antimafia, l'oscuro senatore cosentino Nicola Morra (che al momento non ha neanche convocato il ministro in Commissione) fa finta di cadere dalle nuvole e si adopera (due anni dopo) per “Capire perché non è stato dato Dap a Di Matteo”.
Vi è chi pilatescamente come l'eurodeputato Dino Giarrusso dice: "sono solo trattative, contatti tra il ministro e il dottor Di Matteo in cui io non c'entro" e chi invece come i membri del CSM in quota al M5S attaccano Di Matteo, mentre Andrea Colletti afferma: “Molti di noi pensiamo che Bonafede dovrebbe spiegare cosa gli avrebbe fatto cambiare idea. Non serve venire alla Camera. Basterebbe invece un comunicato o un video sulla sua pagina Facebook. Chiarisca se la scelta sia dipesa da lui o da altri fattori, penso ad accordi con la Lega di Salvini", come del resto pensa e manifesta infuriata sui social gran parte della base del movimento.
Persino Matteo Renzi, oggi capo di Iv, che di poteri forti, corruzione e fine della separazione tra i poteri dello Stato (cioè di regime neofascista) se ne intende, sostiene dalle file della maggioranza (per ora): "È evidente che se Di Matteo dice queste cose deve avere degli argomenti. Siamo in presenza di una clamorosa vicenda giudiziaria che rischia di essere il più grande scandalo della giustizia degli ultimi anni" (si è dimenticato del caso Lotti-Palamara che lo riguardò da vicino?).
Anche questa vicenda dimostra che la lotta contro il capitalismo e il suo governo deve continuare, anche in chiave antimafiosa e in tempi di coronavirus, tenendo anche conto del fatto che le organizzazioni criminali stanno cercando di approfittare della pandemia per fare affari d'oro (si pensi all'usura che cresce per il bisogno di liquidità impellente per le piccole e medie imprese e per le famiglie, specie nel Sud, ma anche alla stessa sanità privata) come denunciato da molte associazioni antimafia in questi giorni.
Come noi marxisti-leninisti sosteniamo da sempre, le mafie sono un prodotto del capitalismo e la loro centrale direttiva e di comando si trova all'interno della classe dominante borghese e dello Stato ad essa asservito; questa vicenda lo dimostra chiaramente e per l'ennesima volta.
Il ministro Bonafede, che peraltro aveva lanciato Conte al governo, si deve dimettere e il governo Conte va spazzato via da sinistra e dalla piazza al più presto, prima che possa fare ulteriori danni al martoriato popolo italiano.

13 maggio 2020