Nuove minacce dei fascisti al cronista di “Repubblica” Berizzi
Non è in gioco solo la libertà di stampa. Si vuole tappare la bocca ai giornalisti antifascisti com'è successo a Verdelli

Nella mattinata di martedì 19 maggio i carabinieri del Comando provinciale di Bergamo, hanno coordinato 7 perquisizioni domiciliari a carico di altrettanti soggetti tra i 55 ed i 17 anni, tutti italiani, residenti nella province di Milano, Brescia, Varese, Trieste, Lucca, Vicenza e Rovigo, identificati tra coloro che nel 2019 avevano minacciato sul social Facebook, il noto giornalista Paolo Berizzi, inviato del quotidiano “La Repubblica ” e autore di numerosi articoli e libri sui gruppi neofascisti italiani, sui loro rapporti con la mafia e la camorra sulla loro infiltrazione nelle diverse tifoserie calcistiche.
A testimoniare la matrice neofascista, oltre che ai riferimenti diretti nei post sui social, sono stati rinvenuti nella abitazioni di alcuni di essi bandiere con le croci celtiche e altro materiale di propaganda fascista.
Durante le operazioni sono stati sequestrati i telefoni cellulari ed i Pc al fine di ricostruire tutta la rete dei soggetti intervenuti che dovranno rispondere dei reati di minacce aggravate e diffamazione mezzo stampa nei confronti del giornalista.
La Federazione nazionale della Stampa italiana ha appreso con soddisfazione l'esito dell'operazione, e il segretario generale Raffaele Lorusso assieme al presidente della FNSI Giuseppe Giulietti, auspicano “che si possa presto giungere a identificare tutti coloro che hanno minacciato il collega Berizzi, da tempo costretto a vivere sotto scorta per le intimidazioni ricevute per via del suo lavoro di denuncia delle attività di gruppi neofascisti e neonazisti, e che vengano raggiunti dalla giustizia tutti quei "leoni da tastiera" che pensano di poter impunemente usare il web per aggredire non solo i giornalisti, ma lo stesso diritto di cronaca”.
La redazione centrale de Il Bolscevico rinnova la propria solidarietà antifascista a Paolo Berizzi che, nonostante le minacce che nascondono ben altro rispetto ai quattro “leoni da tastiera” come sostiene la FNSI minimizzando, va avanti con coraggio, continuando la pubblicazione dei suoi articoli e delle sue inchieste antifasciste.
Un esempio – quello di Berizzi - di antifascismo “militante” che deve essere sottolineato e tutelato non solo dalla scorta personale e dalla “legge”, ma anche e soprattutto dalla solidarietà dell'intero mondo del giornalismo “democratico” che dovrebbe erigersi a suo scudo ma che invece si guarda bene dal farlo.
Non a caso si assiste da tempo a una sistematica grandinata di insulti, di chiamate cameratesche alle armi contro quei giornalisti che coraggiosamente denunciano i rapporti tra neofascisti e malaffare, ma ciò che fa più impressione e anche più danni all'opinione pubblica è il lassismo, l'indifferenza con le quali le firme più importanti degli altri giornali ignorano gli eventi che hanno toccato Berizzi e gli altri giornalisti di Repubblica , incluso l'ex-direttore Verdelli, vergognosamente sostituito dal destro atlantista e sionista Molinari alla vigilia del 25 aprile, come primo atto concreto della nuova presidenza Elkann.
Questo modo di agire, omertoso e vigliacco, dimostra che Verdelli e gli altri che come lui sono stati sostanzialmente epurati, non sono caduti per mano esclusiva dei neofascisti e dei mafiosi che gli si sono scagliati contro a centinaia, ma anche dall'indifferenza degli altri giornalisti e dei direttori già “normalizzati” e succubi dei poteri forti degli Agnelli-Elkann, quando non coscientemente complici di questa nera tempesta di fango.
Nel contesto, come non ricordare che i governi che si sono succeduti alla guida del nostro Paese, nessuno escluso, non hanno mai applicato quelli che a livello istituzionale sono gli strumenti per mettere fuori gioco i gruppi neofascisti (la XXII disposizione transitoria della Costituzione e le leggi Mancino e Scelba) che adesso sono invece liberi di scorrazzare ovunque facendo la loro sporca e delinquenziale propaganda politica sulle TV e sugli stessi quotidiani. Aver lasciato inapplicate queste leggi in materia rende i governi stessi di fatto complici delle scorribande sui social e nella vita reale della feccia fascista che non accenna ad attenuare la propria arroganza e spavalderia propria di chi, in un modo o nell'altro, si sente protetto.
Questi attacchi insomma, le ripetute minacce ai giornalisti e alle loro famiglie, non esprimono solamente una volontà nera di soffocare la “libertà di stampa”, ma rappresentano soprattutto un diffuso disegno della destra neofascista e neonazista italiana e di chi all'interno delle istituzioni presta loro il fianco e li sostiene – siano essi partiti o gruppi editoriali nelle mani del grande padronato e delle multinazionali -, per epurare i quotidiani e la stampa di regime dalle firme scomode, a partire da quelle autenticamente antifasciste che rimangono senza dubbio una minaccia alla definitiva fascistizzazione in forma moderna del nostro Stato.
Il contesto dunque, chiama alla resistenza proprio quei giornalisti indipendenti che sono accomunati dal pensare democratico e plurale, antirazzista e antifascista, seppur di carattere borghese, e come Paolo Berizzi resistono e vendono cara la pelle senza piegarsi a padroni, mafiosi e fascisti; noi li sentiamo vicini e siamo dalla loro parte appoggiandoli senza esitazione alcuna. D'altra parte anche la storia de Il Bolscevico , nei suoi cinquant'anni di vita, è storia di antifascismo militante, di repressione e di resistenza, di coerenza e di coraggio, nel senso più alto di questi termini.
 

27 maggio 2020