Magistratura marcia
In ANM scontro tra le correnti sullo scandalo Palamara relativo alle nomine del CSM

La guerra per bande in atto all'interno dell'Associazione nazionale dei magistrati, innescata dalla scandalosa vicenda inerente la spartizione delle nomine negli uffici giudiziari e dei capi delle varie procure all'interno del CSM che vede coinvolto l'ex presidente dell'Anm, il Pm romano Luca Palamara, boss di Unicost, indagato a Perugia per corruzione e che in seguito alle ultime pubblicazioni delle intercettazioni ha portato alle dimissioni del presidente, Luca Poniz, e del segretario generale, Giuliano Caputo, conferma che gli scandali, la corruzione, la mafia e il malcostume non sono “un corpo estraneo allo Stato” ma parte integrante di questo marcio sistema economico capitalista; pervadono ai vari livelli tutte le istituzioni parlamentari e amministrative borghesi e la fanno da padrone anche all'interno della magistratura.
Palamara, attualmente sospeso da ogni incarico e funzione, era già finito nel mirino degli inquirenti lo scorso anno, quando una prima tranche di intercettazioni rivelarono le pressioni esercitate al Csm per le nomine dei capi delle procure più importanti italiane. Vicenda che vede implicato fra gli altri anche l’ex ministro dello Sport del governo Gentiloni, il renziano Luca Lotti, incontrato più volte da Palamara nei mesi in cui l’esponente PD era indagato dalla procura di Roma nell'ambito dell'inchiesta Consip.
“Ho commesso un doppio errore di valutazione: nella mia persona – non sapevo di essere indagato – e avevo sottovalutato la posizione e il ruolo di Lotti nella Procura di Roma” si è difeso Palamara il 31 maggio davanti alle telecamere della trasmissione televisiva “Non è l’Arena”.
E comunque, ha aggiunto, il sistema correntizio (ovvero delle nomine spartite e decise da accordi tra i rappresentanti delle varie correnti all’interno del Csm) è un sistema che viene da lontano e certamente: “Non l’ho inventato io, dire che io sono il male assoluto fa comodo a qualcuno. Il mio ruolo era quello di mediare tra le correnti. Io ho anticipato il Covid, chi ha attuato il distanziamento sociale con me si è salvato”.
L’ex presidente dell'Anm è intervenuto anche sulla vicenda più scottante di questi giorni, ossia la pubblicazione su alcuni quotidiani delle intercettazioni effettuate dalla procura di Perugia su una chat di magistrati inerenti l’attacco a Matteo Salvini, all’epoca dei fatti Ministro dell’Interno, sul caso della nave Diciotti. Nella chat Palamara fra l'altro scrive che il leader leghista, pur avendo ragione sulle politiche di immigrazione, va “fermato”. Insieme al collega Giovanni Legnini, già Sottosegretario dei governi Renzi e Gentiloni, lancia una vera e propria offensiva contro Salvini e a sostegno della Procura di Agrigento che lo indaga per sequestro di persona.
In uno scambio di messaggi con Francesco Cananzi, attuale segretario generale Unicost Palamara confessa: “Ho timore a creare un martire ma un Ministro dell’Interno non può permettersi di dire a qualsiasi Procuratore della Repubblica quello che deve o non deve fare. A prescindere se il procuratore sbaglia o meno”.
All'indomani della pubblicazione della nota con cui l’Anm prende posizione sul caso Diciotti, Palamara evidenzia la sua soddisfazione attraverso alcuni messaggi e in particolare con Francesco Minisci, Presidente Anm, al quale scrive: “Bravo Ciccio. Bravissimo”.
Ma ad inquietare più di ogni altra cosa è che Palamara, nel tentativo di difendersi dalle accuse attribuitegli dalla Procura di Perugia, parla della mancata nomina del magistrato antimafia Nino Di Matteo alla direzione del DAP (il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) e rivela: “È troppo facile dire che sia stato Luca Palamara a fermare Di Matteo. Il sistema delle correnti si accordò su nomi diversi, e quella decisione fu ratificata dal plenum”.
Lasciando chiaramente intendere che lui, Palamara, è solo la punta di un iceberg di un sistema di correnti corrotto che prospera anche all'interno della magistratura e di tutto il sistema giudiziario e inquirente italiano.
Un sistema che è sempre esistito ma che, come ha ricordato lo stesso Palamara nel corso della suddetta trasmissione televisiva la controriforma dell’ordinamento giudiziario Mastella-Castelli, varata dal “centro-destra” e approvata dai governi di “centro-sinistra” nel 2006 ha di fatto gerarchizzato le procure, espropriato i sostituti procuratori del potere d’indagine “diffuso”, esautorato l'indipendenza interna all'ufficio dei Pm e ha concentrato nelle mani dei capi delle varie procure tutti i poteri di vita e di morte sulle indagini.
“Nel 2006 c’è stata una grande trasformazione nella magistratura – ha detto infatti Palamara - che ha determinato la corsa al carrierismo sfrenato. E i posti in procura sono molto ambiti... Nessun suk delle nomine o mercato. E’ stato il carrierismo sfrenato a portare a questa situazione. Oggi devo essere io a giustificare le 1000 nomine però se avessero messo il trojan ai miei colleghi avrebbero trovato gli stessi accordi fisiologici.”
Di fronte a tutto ciò è a dir poco paradossale che a invocare lo scioglimento dell'Anm come fece Mussolini fe orti del pieno appoggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella il quale ha auspicato che “il parlamento si adoperi al più presto per una riforma della giustizia” e del guardasigilli Bonafede che ha già annunciato la controriforma del CSM, siano proprio i massimi fautori dell'assoggettamento della magistratura al governo, a cominciare da Berlusconi, Salvini, Meloni, Renzi e compagnia nera che negli anni hanno scatenato vere e proprie compagne denigratorie contro quella parte della magistratura non ancora assoggettata al regime neofascista che ha osato ficcare il naso nei loro sporchi traffici, hanno varato le leggi bavaglio, hanno introdotto la responsabilità civile dei magistrati, e disarmato la magistratura inquirente con le leggi sulle intercettazioni. Adesso prendono a pretesto il caso Palamara per invocare una nuova controriforma giudiziaria per assoggettare definitivamente il potere giudiziario al potere politico attraverso la separazione delle carriere proprio come indicava il piano della P2.

3 giugno 2020