Inchiesta nel capoluogo calabrese sulla raccolta dei rifiuti
Indagati Catalfamo, assessora regionale, e Neri, vicesindaco di Reggio Calabria
Sequestrata la holding AVR per infiltrazione mafiosa

Dal corrispondente dell’Organizzazione di Reggio Calabria
Otto anni fa, era l’ottobre del 2012, dopo le inchieste giudiziarie per infiltrazione mafiosa sulla “Multiservizi Spa”, il governo scioglieva il Consiglio comunale di Reggio Calabria.
Come annunciato in conferenza stampa dall’allora ministra degli Interni Anna Maria Cancellieri, si era di fronte a un evento storico senza precedenti perché per la prima volta vedeva interessato un capoluogo di provincia. Uno scioglimento dovuto per “contiguità con organizzazioni mafiose”. Un atto “preventivo e non sanzionatorio”, una decisione “sofferta” fatta a “favore della città”. Per correre ai ripari venivano nominati e inviati in città, tre commissari straordinari, che sul piano economico avrebbero dovuto occuparsi di risanare il buco di bilancio di oltre 170 milioni di euro lasciato dall’amministrazione di “centro-destra” guidata dall’ex sindaco di Reggio, il fascista Giuseppe Scopelliti - successivamente condannato in Cassazione a 4 anni e 7 mesi di reclusione per falso in atto pubblico - mentre su quello della legalità e della “trasparenza” avrebbero dovuto tenere lontana la ‘ndrangheta dalla pubblica amministrazione per evitare quel patto consolidato tra politica, imprenditori collusi e disonesti, e cosche mafiose.
Nel frattempo, i lavoratori erano costretti alla fame e la città sprofondava sotto tonnellate di rifiuti.
All’epoca, le società che gestivano il servizio di smaltimento, erano due: la Leonia Spa a partecipazione mista (51% pubblico, 49% privato) si occupava della raccolta “indifferenziata”; la Fata Morgana (creata con atto commissariale) si occupava invece di quella “differenziata”. Quest’ultima caduta sotto il controllo della nota cosca De Stefano e già dichiarata fallita il 10 luglio del 2012.
Dopo lo scioglimento della Leonia, anch’essa finita sotto inchiesta per infiltrazione mafiosa, i commissari straordinari con ordinanza n° 86 del 31 ottobre 2013 affidavano provvisoriamente, per 180 giorni, il servizio di raccolta e gestione rifiuti alla holding AVR Spa con sede legale a Roma, operante in diverse regioni d’Italia per conto di società concessionarie, quali Autostrade per l’Italia Spa e SAT.
Gli effetti dell’ordinanza sarebbero decaduti una volta subentrato in via definitiva un nuovo soggetto gestore anche se il piano comunale prevedeva la creazione di una società “in house” a capitale interamente pubblico.
Insomma, si voleva dare una vera e propria svolta sul modo di amministrare la città, se non fosse stato per il fatto che una volta finito il commissariamento, con l’insediamento della nuova giunta di “centro-sinistra” guidata dal sindaco Pd Giuseppe Falcomatà,imbroglione, arrogante e impotente verso la mafia, nulla di quanto promesso è stato poi realizzato. Il mandato affidato all’AVR che doveva essere “provvisorio” veniva “inspiegabilmente” prorogato di volta in volta. Risultato? Milioni di euro spesi per un servizio di raccolta differenziata erogato a singhiozzo che è andato peggiorando di giorno in giorno; stipendi non pagati agli operatori e cumuli di spazzatura lasciati marcire davanti le abitazioni dei cittadini nel disinteresse generale della politica locale. Fino a quando, martedì 9 giugno, proprio in piena campagna elettorale, scoppia la bomba giudiziaria. I carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, coadiuvati dal reparto operativo per la Tutela Ambientale di Roma, a seguito delle indagini condotte dalla Procura della Repubblica e dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, hanno dato esecuzione a un decreto, emesso dal tribunale del medesimo capoluogo, che ha disposto l’amministrazione giudiziaria di AVR Spa, ASE-Autostrade service servizi al territorio Spa e il controllo giudiziario di “Hydro Geologic Lines Sas” di Natale Mararra, con sede legale a Reggio Calabria.
Contemporaneamente, 13 persone sono state iscritte nel registro indagati, tra cui 8 amministratori pubblici accusati a vario titolo di aver esercitato “indebite pressioni al fine di ottenere l’assunzione di personale segnalato” nei confronti dell’amministratore delegato AVR Claudio Nardecchia, in cambio di un ampliamento di profitti attraverso l’allentamento dei controlli sul loro operato.
Indagati pure 2 dipendenti della holding romana, Antonio Francesco Purrone e Giglio Genoese, accusati di concorso esterno con la ‘ndrangheta. Ma a uscirne ancora una volta con le ossa rotte è la giunta Falcomatà. Tra i consiglieri finiti al centro dell’inchiesta denominata “Helios”, il vicesindaco Armando Neri eletto nella lista civica “Reset”; Antonino Castorina plenipotenziario del Bilancio e dirigente nazionale del Pd, che secondo gli inquirenti avrebbe minacciato di tagliare fondi e commesse all’AVR; Giovanni Muraca eletto nella lista civica “La Svolta Falcomatà” con delega ai lavori pubblici; Filippo Quartuccio consigliere Metropolitano con delega alla cultura; Rocco Albanese delegato alla Riscossione e al Contenzioso; Giovanni Nucera vecchia conoscenza della politica reggina, ex Rifondazione Comunista candidato Pd alle regionali di gennaio a sostegno di Pippo Callipo, senza riuscire a essere eletto. Coinvolta nell’inchiesta anche l’assessora regionale ai Trasporti Domenica Catalfamo in merito alle sue funzioni di dirigente della città Metropolitana.
Inoltre, le indagini condotte hanno accertato stabili rapporti dei vertici Avr con imprenditori intranei collegati con amministratori pubblici e cosche di ‘ndrangheta in relazioni di scambio reciproco che assicuravano a tutti varie utilità.
Eppure nel giugno 2017, il collaboratore di giustizia Roberto Lucibello aveva dichiarato al pm Stefano Musolino: “Sì, praticamente nell’AVR si stanno verificando le stesse infiltrazioni – adducendo ai De Stefano – che si sono verificate nella Fata Morgana, in maniera meno evidente e diciamo, con meno clamore”. Veniva così confermata la prosecuzione e l’espansione del potere esercitato dalla ‘ndrangheta sulla gestione dei rifiuti nella città dello Stretto con la complicità della giunta Falcomatà, che non vuole rassegnare le dimissioni.
Adesso il tribunale di Reggio Calabria nominerà degli amministratori straordinari per promuovere il recupero delle imprese interessate dal provvedimento – che ha durata biennale – rimuovendo “le cause del loro condizionamento” ma tornando di fatto punto e daccapo perché per l’ennesima volta si cercherà di curare un ammalato che non può essere curato.
A pagarne come al solito le conseguenze saranno i lavoratori e le masse popolari costrette a vivere nel degrado e nell’emergenza ambientale che si aggiunge a quella sanitaria causata dal coronavirus.
Purtroppo, il criminale intreccio politico-imprenditoriale-mafioso è parte integrante del sistema economico capitalista che essendo irriformabile va abbattuto. Per noi marxisti-leninisti, non esiste altra strada da percorrere.
Noi siamo fermamente convinti che quando il proletariato italiano, schiacciato, oppresso, impoverito dalla classe dominate borghese acquisirà consapevolezza del ruolo occupato nella storia, non potrà che sollevarsi contro di essa per rovesciarla e instaurare la sua dittatura.
Solo allora sarà possibile edificare una nuova società, socialista, conforme alla sua cultura e ai suoi interessi; dove mafie, corruzione e malaffare non troveranno più posto.

17 giugno 2020