A Milano
Imbrattato di rosso il monumento di Montanelli, razzista e stupratore
L'8 Marzo dello scorso anno aveva subito lo stesso trattamento da parte di Non Una di Meno
L’Associazione Sentinelli chiede l'abbattimento del monumento

Una colata di vernice rossa ha imbrattato la statua in bronzo dedicata ad Indro Montanelli, che accoglie chi da piazza Cavour entra al parco di Porta Venezia a Milano, in quelli che una volta erano i giardini pubblici, oggi rinominati Giardini Montanelli. Sulla base di marmo nero, l'eloquente scritta “razzista, stupratore” che è stata rivendicata dagli attivisti del LuME - Laboratorio Universitario Metropolitano - e dalla Rete Studenti.
Solo pochi giorni prima, l'Associazione Sentinelli, gruppo creato nell'autunno del 2014 con l'obiettivo di combattere ogni forma di discriminazione, ne aveva richiesta la rimozione con una lettera inviata al sindaco Giuseppe Sala, sull'onda delle manifestazioni antirazziste scoppiate in tutto il mondo in seguito all'uccisione di George Floyd a Minneapolis.
 

Montanelli in Eritrea. I fatti
La storia di Montanelli, professionale e politica è tutt'altro che “controversa”: è stato un fascista che ha sostenuto il regime mussoliniano non solo a parole, e che non si è mai - per quanto possa contare - ravveduto.
In un articolo scritto nel 2000 sulle colonne del Corriere della sera , raccontava alcuni episodi accaduti, fra i quali uno particolarmente significativo dove egli, 26enne ufficiale dell'impero coloniale fascista in Eritrea, compra per 350 lire un cavallo, un fucile e una bambina di 12 anni che definì “un docile animalino” ancora in un’intervista televisiva del 1982. Parole come “faticai a superare il suo odore”, la fredda precisazione “non era un contratto di matrimonio, ma una specie di leasing, cioè di uso a termine”, oppure l'affermazione che accompagna il momento nel quale si accorse che la ragazza era infibulata, di quanto “ci volle per demolirle il brutale intervento della madre”, hanno mostrato a tutti chi era nel suo profondo Montanelli.
Non ha mai criticato il suo passato di militare volontario del regio esercito, né l’aggressione fascista ai popoli africani che portò con sé massacri, armi chimiche, stupri, violenze e anche quello sciovinismo colonialista che permetteva ad un ufficiale dell’esercito italiano di comprare una bambina per i suoi servigi, quella “faccetta nera” considerata solo carne fresca per gli impuniti conquistatori in orbace.
Ciononostante nel 2006 l’allora sindaco di Milano Gabriele Albertini, riabilitando Montanelli come “nemico dei poteri forti” (che però all'unisono plaudivano al taglio del nastro) inaugurò la statua e cambiò nome ai giardini.
 

Le iniziative di Sentinelli, di Non una di Meno e degli studenti milanesi
L'8 Marzo 2019 furono le attiviste del movimento Non una di Meno che imbrattarono la statua con vernice rosa, innalzando inequivocabili cartelli accanto al monumento sui quali era scritto “Montanelli colonialista fascista e stupratore”.
La polemica con il sindaco continua a distanza, con quest'ultimo che svolta sull'attentato del 1977 ad opera delle sedicenti “Brigate rosse”: "ho rivisto più volte quel video in cui lui confessa quello che è successo in Africa, e non posso che confessare a mia volta il mio disorientamento. Però Montanelli è stato di più, un grande giornalista che si è battuto per la libertà di stampa. Forse per tutti questi motivi è stato gambizzato". Non una di Meno però non cede e sbatte in faccia la realtà a Sala e a tutti coloro che si nascondono dietro ad una foglia di fico: "Stupro, pedofilia e colonialismo non sono un errore, rifiutiamo ogni forma di banalizzazione".
A seguito del grande caos mediatico, anche l'Associazione Sentinelli che ha dato il via alle recenti richieste di rimozione della statua, torna sull'argomento accusando la stampa di aver suonato una sola campana: “Polito, Severgnini, Battista, Cerasa, Cazzullo, Levi, Ferrara, Mattia Feltri, Lerner, Cruciani, Travaglio, Scanzi, Gomez, Padellaro, Parenzo tutti maschi, bianchi, benestanti, eterosessuali a discutere se sia stato o meno legittimo per Montanelli stuprare una 12enne. Non ci viene in mente un altro Paese che si definisce democratico e civile, insorgere così compattamente quando si mette in discussione il suo diritto alla misoginia”.
I Sentinelli denunciano come non ci sia mai stata una tale levata di scudi sulla piaga della violenza sulle donne, figlia diretta di una cultura patriarcale della quale era intriso il pensiero anche di Montanelli, oppure sulla “quotidiana strage nel mar Mediterraneo che affoga il futuro di donne, uomini, bambini, bambine”, chiudendo il secondo comunicato ribadendo che “Quel parco di Milano deve liberarsi di un nome che non fa onore alla nostra città”.
 

La strenua difesa di Sala e dei partiti di regime
Il sindaco PD Sala è tornato sull'argomento con un post su Instagram. "Il mio video di oggi su Montanelli è stato molto criticato... Mi permetto però di insistere su un punto. Occhio che se revisionismo deve essere, allora lo sia fino in fondo. Se il tema è la pedofilia, ci sono altri casi di personaggi ricordati con piazze, vie, scuole a Milano a cui potremmo dedicarci. Poi passeremo ai guerrafondai, categoria ricca di riconoscimenti municipali. E via di questo passo, in un meraviglioso processo senza fine."
La condanna del gesto (imbrattare una statua, sic!) è arrivata bipartisan da tutti i fronti partitici parlamentari, e Forza Italia ha addirittura indetto un flash mob in difesa del regio ufficiale. E non poteva mancare il PD che attraverso la Segretaria di Milano, condanna nettamente l'imbrattamento come "un gesto vile".
Insomma, chi difende la statua sono in larga parte gli stessi che esultavano all’abbattimento di altre statue, di Saddam Hussein ad esempio, e anche di Lenin o di Stalin anni prima, e allora ecco che appare chiaro che non è l'atto “violento” quello che li disturba, ma ciò che si abbatte: ecco perché costoro finiscono per ergersi a difesa del razzismo, del fascismo e della misoginia.
Spiace, a dire il vero, che a questa canea reazionaria e oscurantista, abbia prestato il fianco l’Anpi che per voce del presidente provinciale di Milano Roberto Cenati, sostiene che la battaglia contro le discriminazioni e il razzismo “non la si fa abbattendo statue” ed equipara con un gravissimo e pericoloso parallelismo l'imbrattamento della statua di Montanelli ai “soliti fascisti, fascistelli e estremisti di destra che hanno deturpato e danneggiato i monumenti o le targhe partigiane”.
 

Montanelli golpista e anticomunista
Montanelli - l'abbiamo accennato - era anche un accanito anticomunista che più volte sostenne davanti ai microfoni di “preferire Pinochet ai comunisti”. Un anticomunismo viscerale, discendente probabilmente dalla sua convinta e volontaria militanza nell'esercito mussoliniano, che lo portò nel 1954 a scrivere tre lettere all'ambasciatrice statunitense Clare Boothe Luce, da lei stessa sollecitate, in cui l'allora inviato del Corriere , auspicava la nascita di un'organizzazione eversiva anticomunista che mirasse al rafforzamento dell'Italia nell'ambito della Nato.
Il progetto caldeggiato da Montanelli era in sostanza una sorta di ''Gladio in borghese'' che si proponeva di “salvare l'Italia”, definita ormai in una fase “pre-agonica'' per l'incombente pericolo comunista, reclutando ''centomila bastonatori'' per formare un'associazione ''terroristica segreta'' da far dirigere al maresciallo Giovanni Messe, ex comandante del Corpo di spedizione in Russia durante la seconda guerra mondiale, con la speranza che, in caso di eventuali dimissioni del governo presieduto dal democristiano Mario Scelba, i carabinieri fossero messi in grado di ''compiere un colpo di Stato''.
 

Rimuovere la statua di Montanelli e quelle di tutti i fascisti
Per noi Indro Montanelli rimane quel che era in vita, e quindi un fascista mai pentito, un razzista ed un misogino, e un accanito anticomunista. Ecco perché anche noi ne chiediamo la rapida rimozione, assieme a quella delle altre, tante, troppe, erette a gerarchi fascisti, razzisti e ad altra gentaglia del genere, a partire proprio dal monumento all'assassino Rodolfo Graziani di Affile - il cui sindaco è già stato condannato per apologia del fascismo ma come per magia il monumento è sempre in piedi a testimoniare l'inapplicazione anche delle stesse leggi borghesi in materia -, e della statua di D'Annunzio a Trieste, colonizzatore prima che “poeta” del fascio littorio e del “sogno” imperiale mussoliniano.
Insomma, ciò che ha portato un fascista mai pentito come Montanelli dalla campagna di Eritrea fino al titolo esclusivamente borghese di “più grande giornalista italiano” è conferma che non solo l'Italia non ha mai fatto i conti col fascismo, ma che proprio i fascisti di prim'ordine sono stati reinseriti nei punti chiave della vita sociale e politica del dopoguerra fino a oggi che in questo regime neofascista Salvini può permettersi di spadroneggiare nel Paese come aspirante duce dei fascisti del XXI secolo mentre le squadracce neofasciste hanno campo libero.
L'imbrattamento della statua di Montanelli a Milano quindi non è né “vile” né “violento”, bensì è la dimostrazione di una chiara presa di coscienza e di una chiara volontà delle masse che gli autentici antirazzisti e antifascisti non possono che apprezzare e sostenere con tutte le loro forze.

24 giugno 2020