Per appagare gli appetiti espansionistici dell'imperialismo italiano
80 anni fa la guerra fascista di Mussolini mandò al macello i giovani italiani e distrusse l'Italia
Perché non ci siano più guerre imperialiste e fascismo ci vuole il socialismo e il potere politico del proletariato

Il 10 giugno del 1940 il Regno d'Italia del criminale Mussolini e di re Vittorio Emanuele III entrava in guerra al fianco della Germania Nazista contro la Francia e la Gran Bretagna, trascinando anche il popolo italiano nella più grande carneficina della storia dell'umanità, che costò la vita a 40 milioni di civili e 20 milioni di militari e sconvolse l'intero pianeta: la Seconda Guerra Mondiale.
L'inizio della guerra avviene l'1 settembre del 1939, quando la Germania di Hitler invade la Polonia, scatenando questa volta la reazione militare di Francia e Inghilterra, diversamente da quanto avvenuto nel 1938 con l'annessione al Terzo Reich del territorio dei Sudeti a scapito della Cecoslovacchia e prima ancora dell'intera Austria (per non parlare della Guerra Civile spagnola conclusasi con la vittoria del fascista Franco anche per la paura di Parigi e Londra della vittoria degli antifascisti e di una rivoluzione socialista susseguente), quando le potenze imperialiste riuscirono a trovare un accordo e ad evitare il conflitto, nel tentativo malcelato di mettere da parte momentaneamente le loro contraddizioni, per costituire un'unica alleanza volta ad occupare e distruggere l'odiata Urss di Stalin, cosa sventata prontamente dal patto tattico Molotov-Ribbentrop, che consentì all'Urss di riconquistare i territori che già appartenevano all'allora impero zarista e ceduti con gli accordi di Brest-Litovsk dai bolscevichi guidati da Lenin e Stalin, per consolidare il nascente fragile regime sovietico, respingere l'aggressione controrivoluzionaria e anticomunista e costruire il socialismo.
L'accordo tattico di non aggressione tedesco-sovietico del 23 agosto del 1939, resosi necessario dopo la firma del Patto Anticomintern tra le forze dell'asse e per la blanda politica di contenimento dell'espansionismo nazifascista di Francia e Inghilterra, consentì quindi all'Urss una maggiore preparazione in caso di aggressione nazifascista, puntualmente avvenuta poi il 22 giugno del 1941 con l'“Operazione Barbarossa” e ruppe l'unità antisovietica dei blocchi imperialisti di allora facendo esplodere le loro contraddizioni, che furono in ultima analisi la causa della guerra imperialista.
Nel 1939 con la “guerra-lampo” i tedeschi in poco tempo riuscirono a sottomettere la Polonia e muovere le truppe verso ovest, occupando Norvegia, Danimarca e i Paesi Bassi e arrivando ad occupare Parigi, travolgendo le fragili difese francesi e occupando la capitale della Francia il 14 giugno del 1940.
Mussolini, al servizio della borghesia monopolista italiana, mai sazia di ulteriori profitti (che produssero fra l'altro negli anni precedenti al conflitto le infami guerre coloniali in Africa) convinto che la guerra fosse ormai vinta dal suo alleato, nonostante la palese impreparazione militare dell'esercito, la contrarietà del popolo italiano (aldilà di quello che raccontava la propaganda del regime) e persino di alcuni gerarchi, decise di "avere bisogno di un certo numero di morti per sedersi al tavolo della pace", dichiarando guerra alla Gran Bretagna e alla già sottomessa Francia, tanto che i francesi parlarono a proposito dell'occupazione della Francia meridionale da parte dell'esercito italiano di una "pugnalata alle spalle ad un uomo morto".
Una scelta criminale che è costata al nostro popolo 319.207 vittime militari, 153.147 vittime civili, per un totale di 472.354 vittime, pari al 10,78% del totale della popolazione italiana di allora e l'occupazione da parte degli stessi tedeschi dell'Italia, liberata poi dalla gloriosa Resistenza che appese lo stesso duce a testa in giù a Piazzale Loreto, nel quadro più generale della vittoria degli alleati contro le forze dell'asse Roma-Berlino-Tokyo.
Determinante per la liquidazione del nazifascismo fu il ruolo dell'Armata Rossa e dell'Urss di Stalin e dei partigiani comunisti e questo vale anche per l'area circumpacifica del conflitto, poiché la distruzione dell'impero giapponese non fu certo merito solo dell'esercito dell'allora superpotenza imperialista in ascesa (e oggi declinante), gli Usa, ma anche dei comunisti cinesi guidati e diretti da Mao nella guerra di liberazione nazionale del popolo cinese contro il militarismo nipponico.
Senza entrare nel dettaglio degli avvenimenti bellici e delle atrocità commesse dalle truppe nazifasciste durante il conflitto (ma anche degli Usa, le due atomiche su Hiroshima e Nagasaki sganciate da Truman, succeduto a Roosevelt, furono il primo atto della “guerra fredda” contro l'Urss più che l'ultimo atto del conflitto contro le forze dell'asse, per tacere dei bombardamenti di Dresda nel 1945 eseguiti per impressionare Stalin), ci preme qui sottolineare, 80 anni dopo lo sciagurato ingresso dell'Italia nel conflitto, la ragioni di fondo che hanno prodotto e continuano a produrre le guerre imperialiste.
Per fare questo è indispensabile ricorrere alla definizione scientifica dell'imperialismo che diede Lenin: “dobbiamo dare una definizione dell'imperialismo, che contenga i suoi cinque principali contrassegni, e cioè:
1) la concentrazione della produzione e del capitale, che ha raggiunto un grado talmente alto di sviluppo da creare i monopoli con funzione decisiva nella vita economica;
2) la fusione del capitale bancario col capitale industriale e il formarsi, sulla base di questo ‘capitale finanziario’, di un’oligarchia finanziaria;
3) la grande importanza acquistata dall’esportazione di capitale in confronto con l’esportazione delle merci;
4) il sorgere di associazioni monopolistiche internazionali di capitalisti, che si ripartiscono il mondo;
5) la compiuta ripartizione della terra tra le più grandi potenze capitalistiche.
L’imperialismo è dunque il capitalismo giunto a quella fase di sviluppo, in cui si è formato il dominio dei monopoli e del capitale finanziario, l’esportazione di capitale ha acquistato grande importanza, è cominciata la ripartizione del mondo tra i trust internazionali, ed è già compiuta la ripartizione dell’intera superficie terrestre tra i più grandi paesi capitalistici ”.
Per effetto della legge dello sviluppo ineguale dei paesi imperialisti in un mondo già spartito fra le potenze è inevitabile la guerra fra i paesi imperialisti e tra questi e i paesi vittime dell'imperialismo, a causa della legge del massimo profitto, la legge fondamentale del capitalismo monopolistico e per effetto dell'esportazione del capitale, che la borghesie monopoliste dei vari paesi non possono in alcun modo fermare, pena crisi irreversibili dei loro paesi, peraltro inevitabili, definite già da Marx crisi cicliche di sovrapproduzione e sovraccumulazione, con relativo crollo delle Borse e dei loro infami profitti.
Come disse Stalin: "Il leninismo è il marxismo dell'epoca dell'imperialismo e delle rivoluzioni proletarie ", attraverso la dialettica materialista, la scienza che studia le contraddizioni nell'essenza stessa delle cose e dei fenomeni sociali, ha quindi messo a nudo l'essenza e le contraddizioni dell'epoca dell'imperialismo, in rottura con l'opportunismo della II internazionale e del rinnegato Kautsky che avevano svenduto i proletari dei vari paesi alle borghesie monopoliste in lotta per il dominio del mondo trascinando i popoli nella carneficina della Prima Guerra Mondiale.
In seguito all'Ottobre, nel 1919, venne fondata la III Internazionale comunista, la quale alla luce dell'imperialismo, aggiornò la parola d'ordine di Marx ed Engels (che operarono prima dell'avvento dell'imperialismo) da "Proletari di tutti i paesi, unitevi" in "Proletari e nazioni oppresse unitevi", la quale esprime fino in fondo la necessità da parte dei comunisti di tutto il mondo di appoggiare le guerre e i movimenti di liberazione nazionale in lotta contro l'imperialismo indipendentemente dalle forze che si trovano alla loro testa, perfino quando sono antimarxiste-leniniste.
(si veda il fondamentale Documento del CC del PMLI "Viva la Terza Internazionale", 2019).
L'appoggio ai movimenti antimperialisti è fondamentale perché accelera, insieme alla lotta di classe tra il proletariato e la borghesia nei vari paesi, la morte dell'imperialismo, fase suprema e finale del capitalismo, la quale è quindi l'epoca delle rivoluzioni proletarie e delle guerre di liberazione nazionali dei popoli e delle nazioni oppresse, come la storia dimostra ampiamente.
Per liquidare le guerre imperialiste è dunque necessario liquidare l'imperialismo medesimo, vittima delle sue stesse terribili ed insanabili contraddizioni, determinate dal conflitto tra il capitale ed il lavoro, dalla legge del massimo profitto, dalla contraddizione tra le forze produttive e i rapporti di produzione, tra il carattere sociale della produzione e l'appropriazione privata del capitale e sostituirlo con il socialismo e la conquista del potere politico da parte del proletariato, seguendo la via dell'Ottobre, impedendo poi la restaurazione del capitalismo, come avvenuto nell'Urss di Lenin e Stalin nel 1956 e dopo la morte di Mao nella RPC, prendendo a modello la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria cinese ideata e diretta da Mao nella lotta mortale contro il revisionismo moderno e gli agenti della borghesia annidati nel Partito e nello Stato nella fase socialista, continuando quindi la rivoluzione in regime di dittatura del proletariato.
Tornando all'attuale situazione del nostro Paese, l'anniversario dell'entrata in guerra dell'Italia è l'occasione per ribadire con forza la necessità del socialismo, della lotta contro il governo Conte al servizio del regime capitalista neofascista e per l'uscita dell'Italia dall'infame UE imperialista, la quale non si può riformare in alcun modo, è totalmente al servizio dei monopoli europei e non certo dei popoli ed è dunque necessario liquidarla e distruggerla, nel quadro della lotta per l'Europa dei popoli.
Deve continuare senza sosta la lotta contro i fascisti vecchi e nuovi, contro ogni forma di equiparazione tra il comunismo ed il nazifascismo, senza porre al centro della lotta antifascista la Costituzione democratico-borghese e anticomunista del 1948, intanto poiché essa è ridotta a carta straccia, ma soprattutto perché essa, come tutte le costituzioni borghesi, presuppone la dittatura della borghesia, causa dell'imperialismo e del fascismo stesso che poi è l'altra faccia della medaglia della falsa e ipocrita "democrazia borghese" e conquista il potere quando quest'ultima è instabile o comunque non più in grado di garantire il dominio economico, politico, militare, istituzionale e culturale della borghesia, la quale ricorre quindi alla dittatura terroristica aperta e brutale per reprimere le masse e la lotta di classe, rimuovere ogni diritto democratico-borghese residuo rimasto in piedi e salvaguardare e incrementare i propri profitti anche aggredendo militarmente altri paesi sovrani, per esportare capitale, conquistare nuovi mercati, preziosi fonti di materie prime e manodopera a basso costo.
In questo quadro è dunque assolutamente indispensabile che la lotta di classe contro il capitalismo e il suo governo continui perché, come ha detto il compagno Giovanni Scuderi, cofondatore e Segretario generale del PMLI: "Non siamo sulla stessa barca, come predicano insistentemente Conte e i partiti governativi, ai quali si è aggiunto ora il papa. Le barche sono due, quella delle forze del capitalismo e quella delle forze anticapitaliste. L’una e l’altra hanno rematori diversi e destinazioni opposte.
L’emergenza sanitaria non ha annullato né le disuguaglianze sociali e territoriali, che anzi sono aumentate, come dimostrano le prime ribellioni dei senza lavoro e dei senza soldi del Sud d’Italia né le classi e la lotta di classe. In nessun momento della vita sociale, nemmeno quando c’è una emergenza, fosse anche una guerra imperialista, mai bisogna mettere da parte la lotta di classe. Anzi, è proprio in questi momenti che bisogna tracciare una chiara e netta linea di demarcazione tra il proletariato e le masse popolari da una parte e la borghesia e il suo governo dall’altra parte. Perché gli interessi e le esigenze dei primi sono contrapposti a quelli dei secondi. Senza mai dimenticare che il tricolore e l’inno di Mameli rappresentano solo la classe dominante borghese, non la classe operaia e tutti gli sfruttati e gli oppressi della dittatura borghese e del capitalismo”.
Lottando con ogni mezzo contro la partecipazione del nostro Paese a una nuova, purtroppo possibile, guerra imperialista mondiale (ma anche a ogni guerra imperialista locale come quella condotta dalla coalizione internazionale anti Stato islamico in cui l'Italia di Conte e Di Maio occupa la prima fila insieme agli Usa di Trump), per il reddito di emergenza o di quarantena di 1.200 euro al mese per tutti coloro che non hanno né reddito né ammortizzatori sociali, migranti inclusi, per fermare l'industria bellica al servizio dell'imperialismo italiano e per riconvertirla alla produzione di materiale sanitario e non per l'emergenza sanitaria in corso, ripristinando i diritti democratico-borghesi sospesi dal dittatore antivirus Conte al servizio del regime capitalista e neofascista, instaurato progressivamente dalla destra e dalla "sinistra" borghese negli ultimi decenni nel nostro Paese, seguendo i piani della P2 e dei golpisti, smascherati dal PMLI fin dal lontano 1979 quando l'allora neoduce Craxi lanciò la "grande riforma" sulle colonne de "l'Avanti!".
A morte l'imperialismo, le guerre imperialiste e i fascisti vecchi e nuovi!
Spazziamo via il governo del dittatore antivirus Conte!
Per l'Italia unita, rossa e socialista!

24 giugno 2020