3 mesi senza stipendio
Lavoratrici e lavoratori di mense e pulizie in piazza
Le donne in prima fila

Sono scesi nelle piazze di 60 città di tutta Italia. Stiamo parlando degli oltre 80mila addetti ai servizi di mense e pulizie scolastiche e aziendali, a casa per l’emergenza Covid-19 dalla dichiarazione del lockdown e più tornati al lavoro. Da marzo questi lavoratori (la metà circa solo delle mense delle scuole) sono di fatto senza impiego e molti senza reddito.
Tre mesi senza stipendio per le responsabilità incrociate di aziende e Inps, numerose delle prime per non aver anticipato, in molti casi, gli assegni ordinari ai dipendenti, l’ente di previdenza per non aver ancora corrisposto le indennità che spettano loro. Chiamati alla mobilitazione da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs hanno fatto sentire la loro voce, per chiedere che venga estesa la copertura degli ammortizzatori sociali, erogate le indennità e, soprattutto, garanzie per una rapida ripresa delle attività.
A Torino, Firenze e Genova l'iniziativa è stati anticipata al 23 giugno per la coincidenza della festa del santo patrono, San Giovanni, mentre il 24 hanno manifestato tutte le altre città. Nonostante le difficoltà e le restrizioni legate al Coronavirus, in migliaia hanno dato vita a presidi, flash mob e comizi. Molto partecipata la manifestazione nel capoluogo lombardo, in Piazza della Scala, dove spiccava un cartello con la scritta “diamo da mangiare ai vostri figli ma noi siamo alla fame”.
A Genova la protesta si è svolta davanti all'ingresso del Consiglio regionale, costringendo il presidente dell'Assemblea a sospendere i lavori per incontrare una delegazione di manifestanti. A Bologna l'iniziativa si è svolta sotto la sede del Comune in piazza Liber Paradisus, chiamati in causa anche l'amministrazione locale e regionale. A Firenze il presidio si è svolto davanti la prefettura cittadina. Manifestazioni con ampia partecipazione a Perugia e Pescara. Proteste anche in tante città del sud, da Bari a Palermo, a Messina.
Ovunque grande combattività da parte delle donne, che sono la stragrande maggioranza degli addetti. Tanta rabbia da parte di chi, anche a cose normali, fatica ad arrivare alla fine del mese, con stipendi che nelle aziende in appalto partono da 300 euro mensili e non superano quasi mai i mille. Non a caso tra le parole d'ordine della mobilitazione c'erano: “non c'è tempo da perdere” e “mangiamo anche a luglio e agosto”, per la necessità di assicurare un sostentamento a queste lavoratrici per il periodo di chiusura delle scuole e dei luoghi di lavoro per Covid-19 o per ferie.
I sindacati chiedono un sostentamento anche per questo periodo perché adesso non lo hanno nonostante abbiano contratti a tempo indeterminato. “Senza dimenticare – afferma Cinzia Bernardini della segreteria nazionale della Filcams-Cgil - che si tratta di lavoratrici part-time con contributi non riconosciuti totalmente che devono lavorare 1 anno e 3 mesi per averne uno di contributi. Una riforma degli ammortizzatori che dia una risposta a tutti è la strada giusta”. “Siamo i primi a tornare in piazza, e chiediamo di essere riconosciuti: si è parlato tanto di smart working ma ci sono anche tanti fantasmi che non vengono considerati e voglio uscire dall’invisibilità”, conclude la sindacalista. Oltretutto il lavoro da casa, senza presenza fisica in ufficio o in fabbrica, elimina la necessità dei servizi mensa e il taglio di altri posti di lavoro. La strada da battere è quella della lotta e della mobilitazione, seguendo l'esempio delle lavoratrici e dei lavoratori di mense e pulizie che hanno dimostrato grande combattività.


1 luglio 2020