Conferma della linea dello Sblocca cantieri
Il decreto semplificazioni è un regalo ai cementificatori e ai padroni
Gli appalti senza gara e lo sveltimento delle pratiche favoriscono le infiltrazioni delle mafie. Via libera a Tav, Nodo di Genova e Terzo valico dei Giovi, Gronda di Genova, Nuova pista dell'aeroporto di Firenze, Alta velocità al Sud
Per Conte è la “madre di tutte le riforme”

Appalti pubblici senza gara per un anno, nominalmente fino al 31 luglio 2021 ma in pratica fino a tutto il 2021; grandi opere affidate a commissari straordinari con ampio potere di deroga alle leggi; procedure super semplificate per la certificazione antimafia e la valutazione di impatto ambientale (VIA); sostanziale abolizione del reato di abuso d'ufficio per i funzionari pubblici e limitazione del danno erariale al dolo, cancellando la colpa grave; tentativo di riproporre un condono edilizio mascherato: questi i punti principali della bozza di “Decreto semplificazioni” che dalla fine di giugno ha tenuto impegnata la maggioranza di governo in un'estenuante trattativa con non poche tensioni e contraddizioni tra le sue componenti politiche.
Un provvedimento in 48 articoli che il dittatore antivirus Conte si è intestato personalmente tanto da nominarlo in più occasioni “la madre di tutte le riforme, indispensabile per modernizzare il Paese e farlo tornare a correre”, facendone quasi una sorta di trofeo liberista da esibire agli italiani e da portare in giro in Europa per dimostrare la sua volontà di far “ripartire” l'economia con misure shock che infrangano qualsiasi vincolo burocratico. Un provvedimento che riprende però la stessa logica liberista del “Decreto sblocca cantieri” (detto dai sindacati “sblocca porcate”), varato l'anno scorso dal governo nero Lega-M5S con a capo lo stesso Giuseppe Conte, ma se possibile ne accentua ulteriormente la spinta a saltare tutte le regole e porterà a conseguenze ancor più devastanti per l'ambiente e il rispetto della legalità nel sistema degli appalti. Si è colto cioè l'occasione dell'emergenza creata dalla pandemia per completare lo smantellamento del codice degli appalti e delle misure che garantivano un minimo di concorrenza e di protezione dalla corruzione e dalle infiltrazioni mafiose nei lavori pubblici, nonché di rispetto dei diritti e della sicurezza dei lavoratori delle costruzioni.
 

Una colossale liberalizzazione degli appalti
Se infatti lo “sblocca cantieri” aveva alzato la soglia per l'affidamento diretto degli appalti (deciso cioè a discrezione esclusiva dell'ente appaltante a beneficio di un singolo appaltatore) alle opere fino al valore di 40 mila euro, il decreto “Semplificazioni del sistema Italia”, o anche “Libera Italia”, come è stato battezzato, quadruplica tale soglia portandola a 150 mila euro. Per le opere di importo maggiore, e fino alla soglia stabilita a livello europeo di 5,2 milioni oltre la quale sono obbligatorie le gare (fascia entro cui è compreso il 75% del mercato) si procede sempre senza gara, ma con “procedura negoziata”, trattando cioè direttamente con almeno 5 aziende. Per gli appalti oltre la “soglia europea” resta la gara, ma per le opere “strategiche” o di “rilevanza nazionale”, da individuare con decreti della presidenza del Consiglio (dpcm) e da affidare a commissari straordinari (generalmente le amministrazioni competenti), si potrà procedere in deroga alle leggi, salvo il codice antimafia, e con procedura a trattativa ristretta sul “modello Genova”, quello utilizzato per la ricostruzione del ponte Morandi, saltando cioè tutte le regole ordinarie. Di fatto questa diventerebbe la regola, perché le stazioni appaltanti che optano per la gara dovranno motivare il perché decidono di non utilizzare la procedura diretta.
È prevista inoltre la velocizzazione delle procedure in materia di VIA e di autorizzazioni da parte degli enti locali, con la fissazione di termini massimi e il potenziamento del sistema del “silenzio-assenso”, nonché una procedura speciale accelerata per le opere ricomprese nel Programma nazionale integrato Energia e Clima, con la possibilità del ministero dell'Ambiente di sostituirsi all'amministrazione competente se non rispetta i termini massimi. Tra l'altro Conte aveva già avvertito, durante gli “Stati generali”, che non saranno tollerate opposizioni locali all'installazione di parchi eolici e fotovoltaici. I ricorsi al Tar, per esempio, non potranno più bloccare i lavori, e ci sarà un fondo speciale per proseguire i lavori in caso di mancanza di risorse. Anche per i pareri del Cipe e della Conferenza dei servizi ci saranno procedure semplificate. È prevista infine una procedura d'urgenza anche per il rilascio della certificazione antimafia.
 

Lo sblocco dei cantieri è solo un pretesto per deregolamentare tutto
Che quella di sbloccare le opere dalle pastoie burocratiche in nome dell'emergenza anticovid sia un comodo pretesto per contrabbandare una liberalizzazione selvaggia degli appalti lo ha fatto capire anche il presidente dell'Anac, l'Autorità contro la corruzione, Francesco Merloni, che nella sua relazione annuale al parlamento, avvenuta proprio nei giorni della discussione del decreto, ha bollato come “ipotesi rischiose il largo utilizzo dei super-commissari o la riproposizione del modello Genova per alcuni appalti sopra soglia. Ben vengano le semplificazioni, ma non è togliendo le regole che il sistema funziona meglio. Al contrario, le deroghe indiscriminate creano confusione e favoriscono la corruzione e la paralisi amministrativa”.
Merloni ha aggiunto che il codice degli appalti del 2016 non ha bloccato i cantieri: anzi, nel 2019 si è arrivati al record di 170 miliardi di valore complessivo. A crescere meno sono stati quelli sotto il milione, proprio quelli per i quali sono state eliminate le gare dallo “sblocca cantieri” del 2019; a riprova che “non sono le regole del codice appalti a bloccare i cantieri mentre è vero l’esatto contrario”. Persino il presidente dell'Ance, l'Associazione dei costruttori edili, Gabriele Buia, ha criticato il provvedimento sottolineando che i ritardi nella realizzazione delle opere non dipendono dalle gare d’appalto, ma dalle fasi precedenti della progettazione e delle autorizzazioni. Anche Cgil, Cisl e Uil chiedono di “evitare l’affidamento diretto dei lavori” e puntare piuttosto su “semplificazioni ante-gara” e “un’unica autorizzazione per l’avvio dei lavori (che ora possono arrivare a 40)”.
 

Aboliti di fatto l'abuso d'ufficio e il danno erariale
A completamento di questa drastica deregolamentazione degli appalti pubblici la bozza di decreto interviene anche in ambito legislativo per ovviare alla cosiddetta “sindrome della firma”, ovvero la ritrosia dei funzionari pubblici a firmare atti per paura di incorrere nel reato di abuso d'ufficio o di dover rifondere un eventuale danno erariale alla Corte dei conti. Con l'articolo 15 si circoscrive il danno erariale ai soli casi dolosi (cioè volontari), eliminando (ma solo per le azioni, non per le omissioni, quelle che possono ritardare i lavori) tutti i casi colposi, anche quelli riconducibili a colpa grave: norma questa fortemente criticata dal presidente della Corte dei conti, Angelo Buscema, dal momento che è quasi impossibile dimostrare la volontarietà del danno e si rischia perciò di assicurare una sorta di impunità legale all'arbitrio del funzionario pubblico.
Con l'articolo 17 si restringe l'abuso d'ufficio a quelle norme che non prevedono “margine di discrezionalità”. Contro questa modifica sono insorti i magistrati perché essa rischia di rendere il reato di abuso d'ufficio inapplicabile: “Limitare l’abuso d’ufficio alla sola violazione di una legge che non lasci margini di discrezionalità al pubblico ufficiale significa, di fatto, abrogare il reato perché nessuna norma può essere interpretata rigidamente in un solo modo: per questo esiste la magistratura”, ha osservato infatti Alfonso Sabella, ex pm antimafia a Palermo ed ex assessore alla Trasparenza a Roma dopo Mafia Capitale. E Alfonso D’Avino, procuratore di Parma ed ex pm che a Napoli scoprì la truffa alla sanità di Duilio Poggiolini, ha aggiunto: “Richiedere la violazione di specifiche regole di condotta (che dovranno essere elencate in dettaglio) rischia di lasciarne fuori molte altre che potrebbero essere fonte di illecito”.
Nella bozza iniziale, all'articolo 10, si nascondeva anche un condono mascherato che è stato svelato dal coordinatore dei Verdi, Angelo Bonelli: in pratica un vecchio abuso edilizio poteva essere sanato con una variante al piano regolatore che lo ricomprendesse. Conte ha tentato in tutti i modi di difenderlo davanti alla contrarietà di PD e LeU, sostenendo che l'articolo era stato chiesto dalle Regioni (ma queste hanno smentito), ma ha dovuto cedere al suo stralcio quando il capo delegazione del PD, Franceschini, gli ha fatto notare che altrimenti il decreto da “semplificazioni” sarebbe stato chiamato “del condono”. Del resto una norma analoga varata dalla Regione Sicilia nel 2016 era stata già bocciata dalla Consulta in quanto “surrettizio condono edilizio”.
 

Confermata la continuità tra Conte 2 e Conte 1
Conte si è poi vendicato facendo cassare dalla bozza di decreto l'assunzione di personale nella pubblica amministrazione, tra cui insegnanti e dipendenti dei Beni culturali, proposta da Franceschini e rinviata invece ad altro provvedimento. È rimasto comunque intatto il pacchetto sulla “rigenerazione urbana”, così che gli stabili demoliti possono essere ricostruiti senza rispettare la sagoma originaria, ma solo le distanze, e viene liberalizzata anche la costruzione di strutture stagionali.
Vi sono stati contrasti anche su altri punti, anche come riflesso delle contraddizioni politiche che in questi giorni si vanno acuendo nella maggioranza, tanto che la riunione del Consiglio dei ministri per l'approvazione del decreto è slittata più volte, fino ad essere rimandata ad una lunga maratona notturna, appena conclusa mentre scriviamo, con la formula dell'approvazione “tecnicamente salvo intese”; vale a dire con un'intesa politica di massima ma con diversi punti su cui resta ancora da trovare un accordo definitivo. Un contrasto senza esclusione di colpi si è acceso, per esempio, sugli appalti senza gara e i commissari straordinari, con Conte che ha fatto asse con il M5S e i renziani di IV per sostenere a spada tratta il sistema della trattativa diretta senza gara e la generalizzazione dappertutto del “modello Genova, mentre PD e LeU cercavano di frenare e di mettere qualche foglia di fico alla loro furia liberista. Alla fine si è trovata una formula per tacitare i malpancisti, nel senso che rimarrà la trattativa privata senza gara per i lavori tra 150 mila e 5 milioni di euro, ma con un numero di aziende crescente (5,10 e 15) in proporzione all'importo degli appalti. Restano da sciogliere inoltre nodi sulla lista delle grandi opere da commissariare e anche sull'abuso d'ufficio, con i renziani contrari alla sua limitazione perché fatta apposta, a loro dire, per salvare la sindaca di Torino, Chiara Appendino, e quella di Roma, Virginia Raggi. Ma Conte è potuto partire per il suo giro nelle capitali europee con un accordo formale in tasca, dopo averlo annunciato in conferenza stampa.
È vergognoso che sia proprio il M5S, che aveva fatto del motto “onestà, onestà” la sua bandiera, insieme alla lotta alla corruzione e alle mafie e la difesa del territorio e dell'ambiente, quello che difende con più accanimento insieme a Renzi questo provvedimento che legalizza la cementificazione e la speculazione edilizia senza regole e apre insperati nuovi varchi alle mafie. Si pensi al fatto che Conte e la ministra delle Infrastrutture De Micheli hanno annunciato una lista di 130 opere strategiche (progetto “Italia veloce”), per un importo di 200 miliardi, tra cui una raffica di ferrovie ad alta velocità, ma anche porti e aeroporti, dighe, le Olimpiadi invernali ecc., da avviare rapidamente con le nuove procedure super semplificate. Ma del resto il voltafaccia il M5S lo aveva già fatto l'anno scorso con lo “sblocca cantieri” approvato in combutta con la Lega neofascista, a riprova che il governo Conte 2 non ha solo il presidente del Consiglio in comune con il governo fascista e razzista Conte 1, ma interi pezzi della stessa politica liberista, amica dei padroni e nemica dei lavoratori, delle masse popolari e dell'ambiente. Che prima viene mandato a casa dal proletariato e dalle masse popolari e meglio è.

8 luglio 2020