Sit-in promosso dal Coordinamento delle Sinistre d’Opposizione in varie piazze d’Italia
Sostegno alla ribellione antirazzista negli Usa
Il PMLI presente a Roma in Piazza Barberini

Dal corrispondente della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Roma
Martedì 30 giugno, nella centralissima piazza Barberini a 400 metri dall’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, si è tenuto il sit-in promosso unitariamente dal Coordinamento delle sinistre d’opposizione. Iniziativa di sostegno alla "Ribellione sociale e antirazzista negli Usa” così come recita la locandina ufficiale dell’evento che ha toccato diverse piazze d’Italia, da Nord a Sud.
L’appuntamento di Roma è stato importante nel mostrare l’unità delle lotte del Coordinamento, sul tema dell’antirazzismo e dell’antifascismo, ma più in generale della lotta di classe negli Stati Uniti e nel mondo, ma soprattutto su quali possano essere le prospettive in Italia.
L’esperienza delle lotte in corso negli Usa infatti ci mostra come il capitalismo sia un modello di sviluppo economico e sociale non all’altezza, che trova nelle crisi economiche e finanziare tutti i suoi limiti e contraddizioni, che grava sulle spalle dei più deboli e impoverisce le masse popolari. Il capitalismo americano nella fattispecie, nella sua versione liberista, si sta dimostrando fallimentare, anzi mortale. La lotta degli afroamericani è una ribellione che ha delle componenti di classe inscindibili dalle parole d’ordine di Black Lives Matter contro il razzismo strutturale. La polizia di Trump reprime e uccide i più deboli, che nella società statunitense corrispondono largamente con le comunità afroamericane, gli stessi che sono lasciati a morire di Covid-19 perché più esposti nelle fabbriche e nei posti di lavoro dove il profitto non lascia spazio alla salute e alla sicurezza sul lavoro, o peggio ancora perché riversando in situazioni di povertà estrema e senza un lavoro (12,3% sotto la soglia di povertà relativa e 1,2% in povertà assoluta quindi con meno di 1,90 dollari al giorno) non hanno assicurazioni sanitarie e non possono pagarsi le tariffe delle cure mediche.
Gli Stati Uniti sono tra le poche nazioni al mondo che non hanno mai ratificato le Convenzioni Fondamentali sugli standard del lavoro, sulla libertà di associazione (C087, C098), sulla discriminazione (C100, C111), sul lavoro forzato (C029, C105 solo nel 1991) e addirittura sul lavoro minorile (C138, C182 nel 1999!). Inoltre gli USA non hanno mai sottoscritto le indicazioni internazionali sulle ispezioni nei luoghi di lavoro (C081 nelle industrie, C129 nell’agricoltura) e sulle politiche attive di qualità (C122). Nessuno standard minimo di dignità viene riconosciuto ai lavoratori negli Stati Uniti, soprattutto se non si lavora in grandi multinazionali o peggio ancora se si è precari e non si ottenga almeno l’assicurazione sanitaria, dove non è garantita la salute e nemmeno la sicurezza sui luoghi di lavoro. L’incidenza di morti sul lavoro è 3,5 su 100mila lavoratori negli Usa (in Europa è meno della metà 1,65), l’11,7% degli incidenti fatali riguarda gli afroamericani (3,2 per 100mila) e il 18,3% gli ispanici (3,6 per 100mila), con forti correlazioni tra tipo d’impiego e accesso all’istruzione, sintomo di gravi differenze sociali che vedono afroamericani e ispanici costretti ai margini.
In piazza il PMLI era presente con la bandiera e il manifesto sotto forma di “corpetto”, legato sul bordo della piazza per dargli ancor più visibilità: “Con George Floyd e gli afroamericani contro il dittatore fascista e razzista Trump”.
Presenti gli altri partiti del Coordinamento, dal Partito Comunista Italiano al Partito Comunista dei Lavoratori, con la partecipazione del Partito della Rifondazione Comunista e Potere al Popolo, Rete dei Comunisti, Sinistra Anticapitalista e alcuni in rappresentanza di USB.
L'auspicio della piazza è che la lotta contro il razzismo e il fascismo prosegua. Il PMLI si troverà sempre pronto e in prima fila con le masse, su tutte le tematiche particolari sulle quali è importantissimo alzare ancor più la voce della protesta, dall’abolizione dei decreti sicurezza, alla liberalizzazione e l’apertura delle frontiere per impedire che ci siano ancora morti nel Mar Mediterraneo, contro il caporalato nelle campagne italiane che significa schiavismo per migliaia di migranti che lavorano dell’agricoltura.

8 luglio 2020