Elezioni comunali in Francia
Quasi il 60% dell'elettorato francese diserta le urne

 
Il primo turno delle elezioni comunali in Francia lo scorso 15 marzo era stato segnato da una diserzione delle urne storica per questo livello di elezioni dall'inizio della Quinta Repubblica, raggiungendo il 55,34% del corpo elettorale con un balzo del 20% rispetto alle precedenti municipali del 2014. E non era colpa della situazione di emergenza sanitaria per il coronavirus che si faceva sentire nel paese e negata ancora per poco dal presidente Macron e dal suo governo come poteva sembrare tanto che il secondo turno, che dal 22 marzo è stato spostato al 28 giungo, ha battuto quel record, e la diserzione delle urne è cresciuta di altri 4 punti ed è volata al 58,33%. I “successi” elettorali degli ecologisti e le sconfitte del partito di Macron e della destra fascista sono un dato di fatto ma la rappresentatività dei partiti borghesi e delle istituzioni cade al minimo in un tipo di elezione, quella locale, dove storicamente maggiore era il legame e il richiamo tra eletti e elettori e dove invece ci sono sindaci eletti grazie a un pugno di voti.
Nel pomeriggio del 29 giugno il presidente francese era in visita ufficiale al castello di Meseberg, a Berlino, per il consueto vertice con la cancelliera tedesca Angela Merkel e in preparazione dell'importante vertice europeo del 17 luglio: “sono felice di ritrovare Angela Merkel per andare avanti sul piano di rilancio europeo che consentirà di superare la crisi economica e sociale” scriveva su twitter. Chissà se come leader dell'imperialismo europeo raccoglierà maggiori consensi che in Francia dove il suo partito, La République en Marche, ha registrato una pesante sconfitta ed è rimasto inconsistente a livello locale. Un turno che ha interessato quasi 5.000 comuni e che sarebbe stato segnato dalle inaspettate vittorie del partito dei verdi, Europe Écologie Les Verts (Eelv), che pure hanno un loro significato, come gli incalliti apologeti del sistema elettorale borghese si sono affannati a evidenziare invece che dalla forte crescita della diserzione dalle urne.
Dalle prime analisi della tornata elettorale risalta una diserzione dalle urne generalizzata in tutto il paese ad eccezione di alcuni piccoli comuni. Nelle grandi città è cresciuta “solo” di 17/20 punti percentuali mentre nella regione della Loira, nell'Est della Francia e in Corsica l'aumento è stato dal 30 al 40%. Tra le principali città è Nizza ad aver avuto la crescita maggiore della diserzione, passata dal 46% di sei anni fa al 71%. Nelle altre città spiccano i dati record della diserzione a Roubaix (Nord) con il 77,25% e a Vitry-sur-Seine (Val-de-Marne) col 77,39% dove i sindaci sono stati eletti col voto di un elettore su dieci.
Il tasso di diserzione di quasi il 60% del corpo elettorale è una media di alti risultati in tutte le fasce di età, con un picco di quasi il 72% tra i giovani, nella fascia di età 18-34 anni. La conferma di un dato registrato nelle elezioni degli ultimi anni, indipendentemente dal tipo di voto, locale, nazionale o europeo, che ha visto la diserzione giovanile superiore di una decina di punti su quella del corpo elettorale; nelle presidenziali del 2017 e nelle elezioni europee del 2019, solo un terzo dei giovani di età compresa tra 18 e 24 anni è andato alle urne, due terzi hanno disertato segnando una distanza che diventa sempre più ampia con le istituzioni borghesi. Perché comunque i giovani non sono assenti ma protagonisti della lotta politica, non con la scheda in mano ma in maniera diretta, in prima fila in piazza nei movimenti di lotta da quelle studentesche contrarie alle controriforme governative a quelle ambientali e sociali. E che nella diserzione dalle urne vedono una forma di protesta consapevole verso il meccanismo elettorale borghese che non li rappresenta o propensi comunque prendere di volta a volta la decisione se partecipare o meno.
Nella spartizione dei pochi voti finiti nelle urne si registra il fallimento della formazione del presidente Macron che si liquefa, perde molte città tra le quali Bordeaux e si aggrappa alla vittoria del premier Edouard Philippe sceso in campo a Le Havre (Senna Marittima). Allo stesso modo i fascisti del Fronte nazionale della Le Pen portano a casa la vittoria nella città franco-catalana di Perpignan. I socialisti guidati da Olivier Faure si risollevano dopo la batosta del 2014 e conservano diversi municipi fra i quali Parigi, Nantes, Rennes, Clermont-Ferrand, Rouen, Le Mans e Avignone, nella maggior parte dei casi in alleanza con i verdi di Eelv.
Gli ecologisti conquistano fra le altre le due importanti città di Marsiglia e Lione. Il neosindaco di Lione Grégory Doucet confermava l'opposizione della sua formazione alla linea dell'alta velocità in costruzione sulla tratta con Torino. “Fra le nostre città esiste già un’infrastruttura ferroviaria, che è sufficiente, ed è su quella che dovremmo investire”, spiegava Doucet, “non bisogna insistere su un progetto sbagliato. È la scelta peggiore. Bisogna fermare la Tav”. Auspichiamo che sia conseguente anche se occorre registrare che già metteva le mani avanti affermando che la scelta “non dipende da me né dal sindaco di Torino”, perché “sono i due governi e l’Europa a decidere” sul futuro dell’infrastruttura.

8 luglio 2020