“Appello per una estate di mobilitazione”
NoTav manifestano contro la riapertura del cantiere di Chiomonte

Con la fine del lockdown è ripresa in val Susa la lotta dei No Tav contro la Torino Lione e il presidio permanente dei Mulini.
Il Movimento: “riunitosi in coordinamento dei Comitati” il 20 giugno scorso ha lanciato un “Appello per una estate di mobilitazione” contro il Tav: “opera inutile, inquinante e non sostenibile.. un crimine ambientale ed uno spreco enorme di denaro pubblico” e accusa “Il governo e i suoi degni rappresentanti che fanno orecchie da mercante, mentre un’azienda privata come Telt cerca di portarsi avanti, guadagnare spazio e terreno, comprare, espropriare come un vero invasore, con le buone e con le cattive, supportata dalla forze dell’ordine e dai militari”.
Nonostante le violenze, la repressione e le intimidazioni da parte delle “forze dell'ordine” e della magistratura del regime neofascista – prosegue l'appello - noi siamo ancora più convinti che: “fermare il Tav è possibile e oggi come ieri tocca a noi, lanciamo questo appello per un’estate che ci vedrà mobilitati sul territorio valsusino in un’attenta opera di monitoraggio e Resistenza ad ogni tentativo da parte del sistema Tav di distruggere ed attaccare il nostro territorio”.
Le mobilitazioni sono partite il 22 giugno quando, al termine di una partecipata assemblea popolare, centinaia di manifestanti sono partiti in corteo da Giglione e hanno raggiunto il presidio permanente dei Mulini per portare sostegno e solidarietà ai compagni di lotta che coraggiosamente presidiano la zona nonostante l'assedio provocatorio e intimidatorio delle “Forze dell'ordine” che non fanno avvicinare nessuno.
Gli attivisti No Tav, che da domenica 21 sono in presidio permanente nell’area dei Mulini di Giaglione per impedire l’allargamento del cantiere Tav di Chiomonte, dormono sui tetti dei ruderi in attesa di un possibile sgombero “sequestrati” dalle “Forze dell’ordine”. Nessuno può entrare, ma si può solo uscire. Ciononostante i No Tav aiutati dalla popolazione, riescono ogni giorno a portare cibo e acqua e a dare il cambio ai presidianti aggirando i blocchi e i lacrimogeni lanciati nei boschi.
In una sorta di diario di lotta del 26 giugno gli attivisti del presidio hanno tra l'altro denunciato che: “La zona è una borgata abbandonata da decine d'anni, senza corrente né acqua potabile, senza riscaldamento e con le strutture pericolanti. Perciò dormiamo fuori nei prati con le tende, cucinando con le bombole e mangiando nelle gavette. Il posto è raggiungibile solo tramite sentieri ed è lontano ore dai negozi di prima necessità. Nonostante abbiamo l'usufrutto della proprietà, la polizia ci impedisce in tutti i modi di muoverci liberamente da e verso un terreno non ancora espropriato. Hanno interdetto la zona con decreto prefettizio (tipo le famose zone rosse durante la quarantena) e siamo passibili di denuncia se non lo rispettiamo. La Digos presidia le strade dei paesi vicini e ferma chiunque le paia sospetto. Hanno chiuso il sentiero principale con una cancellata alta 4 metri, saldata e circondata di filo spinato. Siamo costretti a intraprendere sentieri secondari se non proprio vagare nei boschi per portare acqua, cibo e cambio di persone a chi è ai mulini, rischiando di farci male perché la zona è impervia, con terreni scoscesi e profonde gole. Non bastassero le difficoltà naturali, la polizia lancia lacrimogeni in mezzo ai boschi su chi passa. Stanno arrivando i cacciatori di Sardegna e Calabria, corpi d'élite dei carabinieri specializzati in infiltrazioni, appostamenti e attacchi rapidi nei boschi per sgominarci.
La notte, per chi dorme al presidio, è fonte di enorme stress. La polizia vaga intorno alla zona fingendo incursioni più volte a notte, costringendoci a stare svegli e all'erta ad orari improbabili, mentre chi si allontana di un poco dal resto del gruppo, anche solo per i propri bisogni, viene catturato e rispedito in paese...
I pestaggi, le cariche, i comportamenti razzisti, il G8 di Genova etc. sono solo la punta dell'iceberg di una violenza che, al contrario di chi parla di mele marce, è intrinseca nelle forze dell'ordine in quanto braccio armato di un potere che, per quanto riconosciuto e disciplinante, non ha sempre ragione. Ciò che succede da 30 anni in valsusa ne è l'esempio più chiaro.
Se vi siete indignati e siete scesi in piazza per le violenze della polizia in ogni paese, indignatevi per la militarizzazione della nostra valle e per la repressione che da anni vive chi difende il nostro territorio da speculazione e devastazione ambientale”.
Il 24 giugno invece, alcuni militanti No Tav hanno organizzato un flash mob nel centro di Susa, di fronte a un ristorante che ospitava un gruppo di poliziotti a fine del turno. Gli attivisti li hanno contestati con urla e cori: “Via le truppe dalla valle” e contro “la militarizzazione della Valle”.
Il 27 giugno i No Tav hanno dato vita a una nuova giornata di lotta.
Nonostante la pioggia scesa copiosamente per diverse ore, in tantissimi si sono ritrovati all’appuntamento di Piazza del Sole a Susa per quello che sta oramai diventando una mobilitazione popolare quotidiana contro la presenza intimidatoria e repressiva delle “Forze dell’ordine” nella Valle.
La popolazione ha sonoramente contestato la presenza delle “forze dell’ordine” che “per poter banchettare amabilmente al ristorante, devono farsi proteggere dalla celere schierata. Il fatto che tante persone gli si siano rivoltate contro è solo la più normale conseguenza che potesse capitare. Anche il fatto che se ne siano dovuti andare via in fretta e furia, tradendo nervosismo e la voglia di menare (ma concediamo il fatto che una scudata non fa primavera). Noi ci ricorderemo questo pomeriggio come la 'Grande ritirata'” hanno scritto i No Tav sul proprio sito web. Subito dopo la contestazione: “in tantissimi ci si è diretti a Giaglione, per una passeggiata che di nuovo ha raggiunto i jersey e i sentieri sorvegliati e che anche questa volta ha fornito ai presidianti dei Mulini i cambi ed i viveri necessari per la giornata di domani”.
Il 28 giungo invece a Chiomonte, in Val di Susa, le donne del movimento No Tav hanno inscenato davanti ai cancelli del cantiere un flash mob di canti con bende sugli occhi e bandane: “La colpa è solo vostra che occupate la terra nostra, noi da qui non ce ne andiamo, questa terra difendiamo”, hanno cantato le militanti che nel corso della giornata hanno effettuato anche una “battitura” ai cancelli.

8 luglio 2020