Il fascioleghista Maroni ingaggiato da Rotelli, primo gruppo della sanità privata

Il fascioleghista Roberto Maroni: ex ministro dell’Interno e del Lavoro e fino al 2018 governatore della Regione Lombardia è stato nominato consigliere d’amministrazione degli Istituti clinici Zucchi, una delle strutture sanitarie del gruppo San Donato, primo gruppo ospedaliero privato italiano, di proprietà del boss in camice bianco Paolo Rotelli che vanta diciannove tra ospedali e cliniche, più di 5 mila posti letto, 4,3 milioni di pazienti curati ogni anno, 16 mila addetti, più di 1 miliardo e mezzo di ricavi, in buona parte provenienti dai rimborsi pubblici regionali per la sanità accreditata.
Il fascioleghista lombardo tra l'altro è in attesa della Cassazione dopo la conferma della condanna in appello per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente inerente le raccomandazione che l'allora governatore della Lombardia fece per favorire due ex collaboratrici del Viminale.
La nomina di Maroni segue di qualche mese quella di un altro ex ministro degli Interni, già segretario di Berlusconi e poi fondatore del Nuovo Centrodestra (Ncd) Angelino Alfano, piazzato alla presidenza del gruppo. Mentre il suo tirapiedi, Angelo Capelli, ex consigliere regionale Ncd, avvocato e titolare di uno studio legale, è stato nominato nel cda degli Istituti Ospedalieri Bergamaschi. Capelli è stato anche relatore, insieme al consigliere regionale della Lega, Fabio Rizzi poi finito in manette, dell’ultima controriforma della sanità lombarda, quella di Maroni appunto, approvata dal Consiglio regionale ad agosto del 2015, e per questo anche lui premiato da Rotelli in compagnia di Augusta Iannini, moglie del lacché di regime Bruno Vespa, ma soprattutto ex magistrata a Roma, ex capo dell’Ufficio legislativo del ministero della Giustizia e poi vicepresidente dell’Autorità garante per la privacy.
Nomine che la dicono lunga sui loschi intrecci di potere tra politica, istituzioni e sanità privata e gli enormi interessi che stanno dietro al tanto osannato “modello sanitario lombardo”, “fiore all'occhiello” dell'efficienza sanitaria italiana che pensa solo a macinare profitti sulla pelle dei malati e su quella degli “eroi” dell'emergenza sanitaria che si sono sacrificati e in molti hanno anche perso la vita per salvare migliaia di infettati; infermieri e personale sanitario supersfruttati, con turni massacranti, precari e con stipendi da fame come conferma la vertenza del recente rinnovo contrattuale dei lavoratori della sanità privata che, dopo ben tredici anni, avranno 1 euro al giorno di indennità una tantum per il mese di aprile e per giunta pagati al 50% dalla Regione.
Un sistema scellerato introdotto dalle controriforme Formigoni-Maroni fondato sulla corruzione, tangenti e malaffare che ha fatto lievitare enormemente i costi delle prestazioni sanitarie considerati poco produttivi e perciò lasciati a carico del sistema sanitario pubblico nazionale; ha smantellato la medicina di territorio e ha consegnato invece su un piatto d'argento la polpa del sistema ospedaliero ai pescecani privati in camice bianco come Rotelli che attualmente svolgono oltre il 40% delle prestazioni sanitarie nazionali totali.
Del resto non è certo un mistero il fatto che nella squadra di esperti che Formigoni chiamò in Regione nel 1995 per mettere a punto la sua controriforma sanitaria c’era proprio Giuseppe Rotelli, allora nei panni di giurista, ma già padrone di un paio di cliniche (la Città di Pavia e la San Donato) ereditate dal padre Luigi, medico. Giuseppe Rotelli fiuta subito l'affare e sfrutta al massimo i suoi agganci politici per creare un vero e proprio impero in campo sanitario e assistenziale che alla sua morte, nel 2013, ha poi lasciato al figlio Paolo insieme all'incombenza di premiare e ringraziare i boss politici e gli amministratori locali che lo hanno favorito in questa impresa.
Non a caso gran parte del fatturato del San Donato proviene dai soldi pubblici tramite gli accreditamenti e le convenzioni col sistema sanitario nazionale.
Grazie alle controriforme Formigoni-Maroni dal 1995 in poi il sistema sanitario pubblico lombardo è stato completamente smantellato e sostituito con un sistema iper-ospedalizzato, in gran parte privatizzato e senza presidi territoriali che si è dimostrato non solo totalmente incapace di far fronte all'emergenza coronavirus, ma che addirittura, come dimostra il caso di Alzano Lombardo e i ricoveri forzati nelle residenze assistenziali per anziani, ha addirittura favorito la diffusione del Covid-19 facendo diventare la Lombardia l’area con più morti e contagi d’Europa, nonostante gli sforzi e i sacrifici delle migliaia di medici, infermieri e di tutto il personale sanitario che hanno salvato decine di migliaia di vite e in molti casi hanno pagato in prima persona lo sfascio del sistema sanitario pubblico lombardo.
Un sistema sanitario criminoso, basato sul massimo profitto capitalista, che non ha mosso un dito di fronte all'avanzare della pandemia nelle prime settimane di marzo e comunque non è intervenuto fino a quando non sono state firmate le nuove convenzioni con la regione nelle quali si stabilivano le tariffe giornaliere per le degenze.

8 luglio 2020