Conte lancia il “Piano nazionale di riforma” nel tentativo di far uscire il capitalismo dalla crisi economica
Forze anticapitaliste uniamoci per formulare un piano unitario contro il capitalismo, per il socialismo e il potere politico del proletariato

Il 6 luglio, contestualmente al “Decreto semplificazioni”, il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema di Programma nazionale di riforma 2020, comunemente chiamato “Piano nazionale di riforma” (PNR), presentato dal ministro dell'Economia Gualtieri. Il piano, che ha valenza triennale 2021-2023, doveva essere allegato come ogni anno al Documento di economia e finanza (DEF) inviato alla Commissione europea, ma era stato rinviato a causa dell'emergenza virus. Sconta quindi un forte ritardo, che però è servito al governo per farne la base di partenza per il cosiddetto Recovery plan , il programma di rilancio economico da presentare ad ottobre in sede europea, obbligatorio per poter accedere ai finanziamenti del Next Generation Eu : il piano europeo di aiuti da 750 miliardi - per ora solo teorici, sottoposti a condizioni e assai scaglionati nel tempo - ai paesi più colpiti dalla pandemia, detto anche Recovery fund ( fondo di rilancio) .
Giuseppe Conte ha voluto accelerare sul PNR per portarlo con sé, insieme al “Decreto semplificazioni”, nel suo giro col cappello in mano nelle capitali europee in vista del Consiglio europeo del 18 luglio che dovrà discutere proprio del Recovery fund , come prova della buona volontà del governo italiano e della sua adesione alle aspettative della Ue. In effetti Conte si sta giocando tutto con questi piani e i provvedimenti già approvati durante l'emergenza covid, nel tentativo di far uscire il capitalismo italiano dalla crisi economica, la più grave di tutta l'area Ue, contando sul soccorso delle istituzioni europee. Riuscire ad ottenerlo, con l'appoggio di Francia e Germania e vincendo l'ostilità dei paesi del Nord e dell'Est Europa, sarebbe un'assicurazione sulla vita per la sua sopravvivenza a Palazzo Chigi, forse fino alla fine della legislatura. Anche perché si stanno acuendo le contraddizioni tra i partiti della sua sempre più traballante maggioranza, riprendono forza le voci su manovre di palazzo per sostituirlo in corsa e su di lui piovono critiche da tutte le direzioni per il suo immobilismo, non soltanto quelle scontate del “centro-destra” ma anche dal PD e da Confindustria. Non per nulla ha annunciato l'intenzione di prolungare lo stato di emergenza fino al 31 dicembre, accampando le solite ragioni sanitarie, in realtà per blindarsi a Palazzo Chigi e prolungare la sua dittatura antivirus per tutto il tempo necessario a portare avanti in prima persona le trattative con l'Europa.
 

Un piano conformato alle direttive europee
Per adesso il PNR è più che altro un elenco di titoli e di propositi, e per entrare nei dettagli occorrerà aspettare il Recovery plan vero e proprio in autunno. Ma l'impianto politico, le linee guida e gli obiettivi si possono già intravedere. Intanto va detto subito che il piano recepisce molte delle direttive europee contenute nel Country Report 2020 per l'Italia redatto dalla Commissione europea a febbraio, prima dell'esplosione della pandemia. A cominciare dal rientro del debito, che la Ce stima “molto alto” per l'Italia, quando ancora era previsto intorno al 135% e non ad oltre il 160% come oggi dopo gli effetti economici devastanti della pandemia.
Il documento metteva anche in evidenza la spesa pensionistica italiana, “tra le più elevate della Ue in percentuale del Pil (15,6% nel 2018)”. In particolare suggeriva di non prorogare Quota 100 oltre la data stabilita del 2021. Raccomandava poi di potenziare la Spending Review annuale, soprattutto a livello regionale e locale, dove è quasi zero ma rappresenta il 30% della spesa pubblica.
La Ce puntava il dito anche sull'Iva, “sottoutilizzata” in Italia a causa dell'alta evasione (23,8% nel 2017, contro una media Ue del 11,2%) e “dell'ampio uso di aliquote ridotte”, che portano l'aliquota media al 10,2%, tra le più basse della Ue. Raccomandava perciò una “riforma fiscale globale per allentare la pressione sul lavoro”, spostando il peso sull'imposizione indiretta (Iva, accise, tariffe, ecc.), la lotta all'evasione attraverso misure come i pagamenti tracciabili e l'incremento delle imposte sull'energia verso “tecnologie pulite”.
Per la verità il documento conteneva anche suggerimenti, come l'aumento del “gettito delle imposte patrimoniali ricorrenti”, con l'aggiornamento dei valori catastali al valore di mercato, fermi agli anni '70, per spostare “il carico fiscale dal lavoro al patrimonio”, e la messa in guardia sui progetti di autonomia differenziata di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, con i rischi collegati di aggravio per l'amministrazione centrale e per le altre regioni: ma di questi due temi non c'è traccia nel piano del governo.
 

Debito pubblico, fisco, imprese e produttività
Le altre raccomandazioni Ue vengono invece recepite in pieno, a cominciare dal proposito di rientro del debito in dieci anni , indicata come la priorità n. 1: “Il saldo primario di bilancio dovrà migliorare in modo strutturale anche in confronto ai risultati ottenuti nel 2019”, scrive infatti Gualtieri, e tale saldo dovrà essere “mantenuto nel tempo” per dare corpo alla “strategia di rientro dall'elevato debito pubblico”: tradotto, significa realizzare almeno 30 miliardi di risparmi all’anno, perché l'avanzo primario del 2019 (la differenza positiva tra le entrate e le uscite dello Stato al netto degli interessi) è stato uno dei più alti, pari al 1,7% del Pil. Risparmi da trovare, secondo il piano, attraverso una nuova spending review (ovvero nuovi tagli alla spesa pubblica), la dismissione delle aziende partecipate, lasciata a metà dalla “riforma” Madia, misure contro l'evasione fiscale (limitate di fatto al tracciamento elettronico incentivato dei pagamenti e all'abbassamento progressivo del limite all'uso contante), la revisione delle imposte ambientali (come ad esempio Sugar tax, Platic tax, accise sui carburanti ecc.) e l'abolizione dei “sussidi ambientali dannosi”.
Ecco poi alcune delle altre misure principali del piano.
Riforma fiscale : si parla di una “riforma del sistema fiscale improntata all’efficienza, all’equità e alla progressività” per ridurre la pressione sui ceti medi e le famiglie con figli, spostando il carico sulle imposte indirette secondo le raccomandazioni della Ce. Di quale equità e progressività si parli non si capisce, visto che la tassazione indiretta grava principalmente sulle masse popolari e vista anche l'ipotesi di riduzione dell'Irpef a sole tre aliquote sostenuta da IV e M5S; per non parlare della destra che è per la flat-tax, cioè l'opposto della progressività.
Produttività e imprese : si punta alla deregolamentazione delle reti 5G e fibra ottica, rimuovendo “ostacoli ingiustificati” come le ordinanze anti-antenna dei sindaci (vedi piano Colao), alla semplificazione amministrativa, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione. Per le Imprese ci sono incentivi all'innovazione e alle ricapitalizzazioni e aggregazioni, l'accesso al credito più agile e la promozione della contrattazione decentrata “per un miglior allineamento fra i compensi e la produttività”. Ciò che apre la strada alla fine della contrattazione collettiva.
 

Investimenti, lavoro, sanità, scuola
Investimenti pubblici : l'obiettivo è di incrementarli (con i soldi europei) fino a un livello “superiore al 3% del Pil” nei prossimi 4 anni. Gli interventi saranno concentrati nel “rapido sviluppo della rete 5G” e nel potenziamento dell'Alta velocità “per arrivare a Roma da tutta Italia in meno di 4 ore e mezzo” (vedi piano Colao), nella riduzione dei rischi idrogeologici, nella digitalizzazione della pubblica amministrazione e nella scuola. A parte alcune tratte di Alta velocità, non c'è altro di specifico per il Sud.
Lavoro e pensioni : si parla di riforma degli ammortizzatori sociali e dei centri per l'impiego, salario minimo garantito (calcolato probabilmente su una media dei minimi contrattuali), promozione del lavoro femminile, revisione del Reddito di cittadinanza per valutarne “l'efficienza e l'efficacia”, stop a Quota 100 dal suo esaurimento nel 2021 e successiva riforma previdenziale “più in linea con bilancio pubblico”. Il testo ricorda anche la legge delega sul “family act” (voluta da Renzi), che prevede dal 2020 un assegno universale per i figli (anche delle famiglie più abbienti) e il “sostegno all’educazione”: cioè per iscriversi alle scuole private, visto che le pubbliche sono gratuite.
Sanità : sono previste nuove assunzioni oltre la gestione dell’emergenza legata al Covid-19. Nella bozza si parla di una valorizzazione degli specializzandi nelle reti assistenziali, ma non dell’incremento dei posti nelle scuole di specializzazione. Scuola e ricerca : anche qui - nonostante le lamentele degli industriali che lamentano la sparizione del piano Colao che a loro piaceva tanto - si parla di implementare la didattica a distanza (la famigerata Dad osteggiata da insegnanti e studenti) mediante apposita piattaforma digitale del Miur. L’obiettivo dichiarato è infatti “adottare forme sistemiche di teledidattica” e rivedere i criteri di numerosità nelle scuole per “evitare le classi pollaio”. Entro due anni le superiori e le medie saranno tutte cablate in fibra ottica, e ci sarà un voucher di 500 euro per le famiglie sotto 20 mila euro di Isee per accedere a banda larga e tablet. Nei prossimi tre anni la spesa per istruzione e ricerca sarà dello 0,4% Pil (7 miliardi), soprattutto per progetti che “abbiano un rilevante effetto sull’incremento della produttività”. Tutte cose previste nel piano ultra liberista dell'ex manager di Vodafone. Ci sarà poi un piano di edilizia scolastica da 3 miliardi e, dopo 16 anni, anche un concorso per insegnanti di religione cattolica.
 

Il piano del governo e quello degli anticapitalisti
È evidente che questo piano di “riforme”, come il “Decreto semplificazioni”, il “Decreto rilancio”, gli “Stati generali” e tutti gli altri provvedimenti e iniziative del governo Conte 2, mette sempre al centro non gli interessi e il futuro dei lavoratori e delle masse popolari, ma quelli delle imprese e del capitalismo. Tutte le forze anticapitaliste, a cominciare da quelle che si richiamano al socialismo e alla bandiera rossa con la falce e martello, dovrebbero formulare perciò un loro piano unitario con al centro una serie di rivendicazioni ed obiettivi di lotta capaci di mobilitare ed orientare i lavoratori e le masse verso un'uscita da questa crisi non verso un ritorno alla situazione pre-covid, come i capitalisti chiedono e il governo esegue, ma verso una nuova situazione che apra la strada ad un cambiamento radicale dei rapporti di forza tra capitale e lavoro e ad una nuova società.
Sul tema del lavoro e delle politiche migratorie occorre rivendicare, per esempio, l'occupazione, gli investimenti pubblici, con priorità per il Sud, il rinnovo dei contratti, l'abolizione di tutti i contratti precari e la loro trasformazione in contratti a tempo indeterminato, la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, la soluzione delle crisi industriali (siderurgia, automotive, elettrodomestici ecc.), la nazionalizzazione delle grandi aziende come l'ex Ilva, delle grandi banche e delle Autostrade, la sicurezza sui posti di lavoro, l'abolizione dei “decreti sicurezza” e la regolarizzazione di tutti i migranti irregolari.
Sul tema della scuola occorre sostenere il no alla privatizzazione, all'aziendalismo e alla didattica a distanza, e battersi per la sicurezza nelle scuole, la stabilizzazione dei precari, l'aumento del personale docente e Ata e un adeguato sostegno alla ricerca, con un aumento considerevole dei finanziamenti alla scuola pubblica, anche attraverso il dirottamento di una quota importante delle spese militari.
Sul tema della sanità l'obiettivo centrale del piano deve essere un unico sistema sanitario nazionale, pubblico, universale, laico e gratuito; e in questo quadro occorre abolire la regionalizzazione e la sanità privata, colmare il divario Nord-Sud, un contratto unico per tutti i lavoratori della sanità con nuove assunzioni stabili, nuovi ospedali e una rete estesa di presidi territoriali. E così via
Queste sono alcune delle principali conquiste di cui ha veramente urgenza il nostro Paese e sulle quali tutte le forze anticapitaliste, a cominciare da chi si richiama al socialismo e alla bandiera rossa con la falce e martello, alcune delle quali sono già in movimento attraverso assemblee nazionali in cui sono presenti anche lavoratori del PMLI, potrebbero e dovrebbero fare fronte unito. Essendo tuttavia consapevoli che nessuna di esse può essere raggiunta e difesa stabilmente se non è inserita nel quadro più generale e organico della lotta di classe per abbattere il sistema capitalista e conquistare una nuova società libera dallo sfruttamento e dall'oppressione della classe dominante borghese, il socialismo.
Altrimenti si rischia di condurre una serie di lotte isolate che non incidono sul sistema e al massimo possono strappare qualche conquista solo parziale e temporanea, facilmente riassorbibile prima o poi nel capitalismo. Quel che occorre invece è conquistare il potere politico del proletariato, perché solo con il proletariato al potere sarà possibile cambiare davvero l'Italia, rifondandola completamente su basi anticapitaliste e socialiste.

15 luglio 2020