Italia in recessione, Pil -11,2%. 1/3 delle famiglie ha soldi per tre mesi
Il capitalismo ha mostrato tutti i suoi limiti e contraddizioni

Secondo le previsioni della Commissione Europea, la recessione sarà più grave delle attese. A soffrire è l’intera area euro: il prodotto interno lordo (Pil) scenderà a -8,7% nel 2020, salvo poi risalire al 6,1%. Vanno molto male Spagna (-10,9%) e Francia (-10,6%), non a caso i Paesi che assieme all'Italia spingono di più per il via libera al “Fondo di recupero”, Recovery fund in inglese (il fondo raccolto attraverso l'emissione dei titoli di stato europei).
“Le previsioni economiche d’estate ci mostrano che la strada per la ripresa è ancora lastricata di incertezza“, ha dichiarato il commissario all’economia, il rinnegato ed ex “maoista” Paolo Gentiloni, ora al servizio dell'Unione Europea imperialista: “la pandemia ha colpito l’economia europea più forte dell’atteso, anche se un cauto rimbalzo sta cominciando”. I Paesi che cedono meno sono Lussemburgo e Malta, minuscole nazioni che incidono poco nel bilancio generale negativo.
Maglia nera, manco a dirlo, l'Italia, che secondo le previsioni relative al 2020 avrà una perdita record del Pil dell'11,2% e una ripresa per il prossimo anno del 6,1%. Lo scorso maggio la Commissione aveva stimato per l’Italia un calo del 9,5%, con una ripresa nel 2021 del 6,5%. La recessione italiana è doppia rispetto a quella tedesca (-6,3%). Essa sconta un'economia capitalistica più arretrata, che in passato tamponava con la svalutazione della lira, stratagemma abbandonato per l'introduzione dell'euro, infrastrutture materiali e immateriali (come digitale e rete internet) non all'altezza dei maggiori Paesi europei, e si pensi che numerose regioni del sud sono così poco sviluppate da risultare tra le più povere del continente.
Il presidente del Consiglio Conte cerca di infondere ottimismo: “Il calo era ampiamente previsto... quello che conta ora è lo scatto di reni del Paese” e vuole far credere che la sua dittatura antivirus e le misure prese a favore delle aziende, come la liberalizzazione degli appalti, possano far superare le sofferenze economiche sopportate da una larga fetta della popolazione. Intanto però Bruxelles afferma che per l'Italia “le stime di crescita restano soggette a rischi al ribasso“. Come se non bastasse, “un crollo del mercato del lavoro protratto, una volta che le misure di emergenza saranno terminate, potrebbe frenare l’attesa ripresa”.
Altri dati allarmanti giungono dalla Banca d'Italia che tra aprile e maggio 2020 ha condotto un’indagine straordinaria sulle famiglie italiane per raccogliere informazioni sulla situazione economica e sulle aspettative delle famiglie durante la crisi legata alla pandemia da Covid-19. Oltre la metà della popolazione dichiara di aver subito una contrazione nel reddito familiare in seguito alle misure adottate per il contenimento dell’epidemia.
L'impatto è stato particolarmente severo per i lavoratori dipendenti, gli autonomi e i disoccupati, che hanno perso oltre il 50% del loro reddito rispettivamente nel 27,2, 35,8 e 19,2% degli intervistati. Più di un terzo degli individui, il 38,4 %, dichiara di non avere risorse liquide sufficienti a far fronte alle spese per consumi essenziali della famiglia per un periodo di 3 mesi e si arriva al 53,6% nel caso di lavoratori con il contratto determinato.
Altri dati ci dicono che poco più della metà delle persone dichiara che già prima dell'emergenza sanitaria arrivava alla fine del mese con difficoltà, anche qui con quote più elevate per i lavoratori dipendenti a termine (55%) e che nei due mesi di aprile e maggio più del 50% dichiara di aver subito una riduzione del reddito anche tenendo conto degli eventuali strumenti di sosteno ricevuti. L'impatto più negativo c'è stato tra gli autonomi: quasi l'80% ha subito un calo del reddito e per il 36% di loro la perdita supera la metà delle entrate familiari.
Anche per il futuro in molti si aspettano una riduzione del reddito familiare e solo il 15% degli interpellati crede che il prossimo anno possa tornare al periodo precedente il Covid-19. Le aspettative di spesa sono molto basse tanto che circa il 30% della popolazione dichiara di non potersi permettere di andare in vacanza e il 60% ritiene che anche quando l'epidemia sarà terminata le proprie spese per vacanze, viaggi, ristoranti, cinema e teatri saranno comunque inferiori a quelle pre-crisi.
Quasi il 40% degli indebitati dichiara di avere difficoltà nel sostenere le rate del mutuo a causa della crisi, la quota è più elevata nel Centro e nel Mezzogiorno. Solo un terzo ha fatto ricorso alla moratoria per il rinvio dei mutui, anche perché si tratta di uno spostamento da scontare in seguito con gli interessi. Fra coloro che hanno un finanziamento per credito al consumo la percentuale di individui in difficoltà con il pagamento è del 34%.
Tanti dati che convergono in una stessa direzione: il virus ha colpito con forza lavoratori, artigiani, autonomi, impoverendoli, mentre i precari, i disoccupati, chi tira avanti con lavoretti intermittenti o a nero sta rischiando letteralmente di morire di fame. Ma sarebbe riduttivo ricondurre tutto alla pandemia e alle conseguenze del virus sui mercati mondiali.
È lo stesso sistema capitalistico che ha mostrato in questo frangente tutte le sua debolezza e inadeguatezza. Nonostante l'arroganza e la superbia mostrata negli ultimi decenni da chi lo proclama come il migliore e unico sistema possibile, di fronte a una emergenza sanitaria che, per fare un esempio, non è paragonabile a quella tremenda della “spagnola” di 100 anni fa (50/100 milioni di morti) e con delle conoscenze tecnico-scientifiche assai più sviluppate, ha visto in poche settimane il crollo delle borse mondiali, milioni di persone costrette a mendicare persino il cibo, la sanità al collasso, la militarizzazione delle città, la sospensione dei diritti democratico borghesi.
Allo stesso tempo abbiamo visto mandare avanti la produzione, compresa quella militare, braccianti ammassati nei campi e nelle baraccopoli, migliaia di riders e facchini costretti alle consegne senza essere fornirli della minima protezione, scarseggiare respiratori e il più elementare materiale che serviva al contenimento dal virus come le mascherine.
Contraddizioni che il Covid-19 ha solamente acuito mettendole sotto una luce più forte, ma che sono connaturate al sistema capitalistico e che tutti i giorni si sviluppano nel nostro Paese e nel mondo. I lavoratori sono carne da macello, sono quelli che producono la ricchezza e non si possono fermare, e devono produrre quello che fa più guadagnare il capitalista, non quello di cui ha più bisogno la popolazione. Diventa quindi “normale” essere in grado di fornire tranquillamente le più sofisticate tecnologie e poi rimanere a corto di igienizzante, oppure avere milioni si soldati impegnati in missioni militari e avere allo stesso tempo carenza di medici e infermieri.
Un motivo in più per rifiutare la solidarietà nazionale e il nazionalismo, non siamo tutti sulla stessa barca. Semmai il Coronavirus ci ha riconfermato quanto sia necessario lottare per sviluppare la lotta di classe contro il capitalismo e per il socialismo.

15 luglio 2020