Le provocazioni dei nostalgici di Salò sul 7 luglio 1960
I morti ammazzati quel giorno dalla polizia di Scelba a Reggio Emilia attendono ancora giustizia

Puntuale come il fastidioso caldo di luglio, non si fa attendere la solita provocazione su quanto avvenne il 7 luglio 1960 a Reggio Emilia. Non casualmente che siano proprio i nostalgici di Salò e del Movimento Sociale a reiterarla con cadenza periodica. Guarda caso proprio il partito che, col suo sostegno in parlamento, diede vita al quel governo Tambroni "protagonista" della mattanza di piazza di quei giorni a Genova, Licata, Roma.
Lo sterile appello affinché "si ricordino tutte le vittime" non solo è moralmente degradante, ma ancor di più fuori luogo e fuori tempo. Perché a Reggio Emilia le vittime sono state 5, morte ammazzate dalla polizia di Scelba, morte ammazzate durante una pacifica manifestazione. Altro che "non autorizzata". Di non autorizzato era la violenza di chi, preposto all'ordine pubblico, ha iniziato invece a sparare su manifestanti inermi e soprattutto non armati. A Reggio Emilia, dopo 60 anni, le vittime sono ancora e sempre 5 nostri concittadini e le loro famiglie, senza giustizia. Vittime, peggio ancora, di una giustizia che non ha condannato i responsabili, dopo un processo farsa, che addirittura non venne celebrato a Reggio Emilia, bensì a Milano, proprio per non dover emettere alcuna condanna nei confronti di chi aveva comandato le violenze di piazza. Tanto a Reggio Emilia come dagli scranni del ministero degli interni a Roma.
Se davvero il signor Eboli (portavoce cittadino di Fratelli d'Italia ed ex presidente di Alleanza nazionale) ha a cuore le vittime, allora poteva unirsi all'appello per la riapertura di un processo vero, perché a Reggio Emilia ci sono stati e ci sono ancora 5 morti innocenti, ma non ci sono i responsabili. Qualcuno li avrà pure uccisi? O si sono uccisi da soli, come sostiene qualche furbastro anche a sinistra ultimamente? Un processo che stabilisca i responsabili politici di quel vile eccidio, proprio in quel governo di allora sostenuto, guarda un po', dallo stesso partito di chi oggi con la provocazione cerca di adombrare la storia del luglio reggiano.
Un processo nel quale si stabilisca la verità che tutti conosciamo ma che non si può e non si deve dire, compresa la complice responsabilità della "santa chiesa" che quel giorno sbarrò le sue caritatevoli porte ai manifestanti che fuggivano dalla mattanza di piazza.
Pretendere rispetto con la provocazione è stomachevole, lo è ancor di più facendosi beffa di 5 morti innocenti. Erano comunisti. Tanto basta per fare propaganda dopo 60 anni.
Alessandro Fontanesi - Reggio Emilia

15 luglio 2020