Dichiarazione del comandante della flotta Usa in Europa e della Nato
L'ammiraglio Foggo: “Cina e Russia chiudono l'Europa in una morsa”
“Il Mediterraneo orientale sta diventando una delle aree più di scontro nel pianeta”

 
Nello scorso fine aprile le immagini ampiamente pubblicizzate dal Pentagono delle due portaerei americane a propulsione nucleare di classe Nimitz, la Uss Abraham Lincoln e la Uss John C. Stennis coi loro oltre 130 aerei, assieme alla squadra navale nel Mediterraneo, altre dieci navi e quasi diecimila soldati fra marinai e marines, mostravano la più forte concentrazione di mezzi militari dell'imperialismo americano nel Mediterraneo, una evidente esibizione di muscoli diretta palesemente contro la concorrente imperialista russa. Che guidata dal nuovo zar Putin è scesa direttamente in campo per difendere le sue basi in Siria e la sua presenza militare nel Mediterraneo orientale, da dove ha allungato i suoi tentacoli verso l'Egitto del golpista Al Sisi e la confinante Libia sotto il controllo del governo di Tobruk e del generale Haftar. Se ci fossero stati dei dubbi sul bersaglio dell'esibizione bellicista di Trump li dissipava l'ambasciatore americano a Mosca, Jon Huntsman che saliva a bordo dell'ammiraglia e definiva la squadra navale “200 mila tonnellate di diplomazia che incrociano nel Mediterraneo, quella che io chiamo diplomazia avanzata” che “serve a dimostrare alla Russia che se cerca un rapporto migliore con gli Usa, deve interrompere le sue attività di destabilizzazione nel mondo”. L'ammiraglio James Foggo III, responsabile delle forze navali Usa in Africa ed Europa e del comando Nato di Napoli, nell'occasione sottolineava che le due squadre navali combinate “forniscono un deterrente senza precedenti contro aggressioni unilaterali”, alludendo non certo ai barchini di qualche paese della regione quanto a una forza militare consistente quale quella che risponde agli ordini del Cremlino.
Chi fossero i principali nemici l'ammiraglio Foggo lo spiegava a fine giugno in teleconferenza dal quartiere generale di Napoli durante un incontro organizzato dall’Iiss (International Institute of Strategic Studies, l'Istituto internazionale di studi strategici) quando insisteva molto nella denuncia delle attività militari russe in particolare nel Mediterraneo orientale che “sta diventando una delle aree più di scontro nel pianeta” a cui si sono unite le iniziative dell'altra grande potenza mondiale, la Cina, che “vuole attivamente sovvertire i capisaldi delle regole internazionali che hanno garantito la pace sin dalla fine del secondo conflitto mondiale”. Detto da un uomo di Trump che ha mandato al macero accordi internazionali commerciali ma anche sulle armi nucleari firmati con Mosca, senza parlare delle infinite guerre locali scatenate dagli Usa e dai loro alleati, altro che pace, diventa l'ennesima espressione ipocrita di un esponente imperialista. Che è però interessante quando l'alto esponente militare le cui competenze sono esercitate su un territorio che va dal Polo Nord al Sud Africa, con 93 nazioni e quasi un quarto della popolazione mondiale, che presidia militarmente per conto della Casa Bianca il fronte atlantico, spiega senza giri diplomatici e senza le sparate propagandistiche di Trump il punto di vista dell'imperialismo americano. Sintetizzato da la Repubblica del filoamericano Molinari con l'efficace immagine di una morsa che stringe l'Europa, dall’Artico all’Africa, costituita dalle mosse militari, politiche, economiche e mediatiche di Russia e Cina.
L'ammiraglio Foggo dipinge una Russia sempre più attiva militarmente soprattutto nel Mediterraneo Orientale con violazioni dello spazio aereo divenute oramai consuete, con i voli a breve distanza dagli altri aerei da parte dei caccia russi, con le sempre più numerose missioni dei sottomarini diesel della classe Kilo che “con i loro missili sono in grado di colpire qualunque capitale europea”, con il trasferimento di forze significative in Libia per farne una piazzaforte. “Questo ci mostra la necessità di mantenere una presenza vigile e molto forte nelle acque europee”, chiosa l'ammiraglio con un ragionamento che è speculare a quello del Cremlino contro gli Usa in relazione all'aumento della presenza di mezzi militari Usa e Nato in Europa attorno ai confini della Russia e nel Mediterraneo orientale per la crisi siriana; un ragionamento imperialista che misura i rapporti di forza tra concorrenti, senza tener conto della sovranità dei paesi, dei diritti dei popoli e delle leggi internazionali.
L'avanzata della Cina è vista dall’ammiraglio Foggo anzitutto in Africa, dove Pechino si compra i governi con l'offerta di sostegno economico e investimenti mirati alla conquista del controllo di infrastrutture strategiche che “potrebbe essere utilizzata per limitare l’accesso agli scali marittimi e agli aeroporti mentre allo stesso tempo permette ai cinesi di accedere alle informazioni militari e politiche attraverso le reti tecnologiche che installano, gestite sempre da aziende statali o comunque legate allo Stato”. Un sistema di spionaggio paragonabile a quello già messo in piedi dalle multinazionali Usa che cercano di frenare l'ingresso della società cinese Huawei nella gestione delle nuove reti 5G nei paesi imperialisti occidentali.
La storiellina che Foggo ripete sugli aiuti disinteressati degli Usa ai paesi africani non regge neanche un secondo, “quando noi collaboriamo con i Paesi dell’Africa, come abbiamo fatto addestrando le marine della costa atlantica per coordinarsi nella lotta alla pirateria, in cambio gli chiediamo solo la loro amicizia e la garanzia che ci sia libertà di commercio”. Pechino agisce diversamente, sostiene e porta a esempio la situazione a Gibuti, l'ex colonia francese che domina l’accesso al Mar Rosso, dove i cinesi hanno costruito una base delle forze armate; che però è accanto a quelle americane, francesi, italiane, giapponesi con una presenza militare massiccia di tanti paesi imperialisti a controllare la via commerciale marittima e la rete dei cavi sottomarini dai quali “passa tutto, telefonate e traffico internet. Proteggerli è vitale – dichiara Foggo - e dobbiamo attrezzarci”.
Il confronto con Russia e Cina si è allargato fino all’Artico, altra zona di competenza dell'ammiraglio Usa, dove la riduzione dei banchi di ghiaccio causata dal riscaldamento globale “sta innescando una competizione. C’è un interesse globale per le risorse naturali e la possibilità di aprire rotte marittime che prima non sono mai state navigabili” e che ha spinto anzitutto Putin a rimodernare le vecchie basi aeree e navali per ospitare caccia e sottomarini nucleari, navi rompighiaccio da combattimento e i Kaliber, i nuovi missili da crociera. Anche la Cina ha cominciato a presentarsi come “una nazione vicina all’Artico”, avvisa Foggo: “stiamo assistendo a una nuova era di competizione navale nell’Artico e servono flotte più potenti per tutelare gli interessi comuni e rendere sicure le rotte commerciali”.
Lo stesso principio che ha spinto l'imperialismo americano a mandare altre due portaerei nucleari, la Uss Reagan e la Uss Nimitz, più altre quattro navi leggere, nel Mar Cinese Meridionale, a poca distanza dalla zona dove dall'1 luglio sono iniziate esercitazioni militari cinesi a protezione delle strutture costruite sulle isole Paracel, la cui sovranità è contesa dal Vietnam.
Per quanto riguarda l'Europa l'ammiraglio Foggo chiama in causa anche l'Alleanza atlantica avvertendo che “la Nato non può più ignorare le attività cinesi in Europa: iniziative come il 5G, il cavallo di Troia, l’acquisto di infrastrutture portuali e il piano della Via della Seta”. Temi strettamente economici che non dovrebbero riguardare l'alleanza militare imperialista che non a caso sta rafforzando la sua dimensione politica.

15 luglio 2020