Promosso da 27 associazioni, tra cui Medicina democratica e Forum per il diritto alla salute
Presidio davanti al ministero della salute per il diritto alla salute
Potenziare il servizio sanitario nazionale, immediata tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro e di vita. No al regionalismo differenziato

In rappresentanza di una rete di 27 associazioni, sindacati e movimenti, una folta delegazione di medici, infermieri e personale sanitario provenienti da diverse regioni, fra cui Lombardia, Piemonte, Liguria, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Lazio, Campania, Basilicata, Puglia, hanno dato vita il 4 luglio sotto le finestre del ministero della Salute a una manifestazione di protesta per rivendicare il diritto alla salute, il rilancio della sanità pubblica, il potenziamento del servizio sanitario nazionale, l'immediata tutela della sicurezza sui luoghi di vita e di lavoro, per dire no al regionalismo differenziato e pretendere che non ci siano “mai più morti per mancanza di personale e presidi medico-chirugici!”.
Durante il presidio, organizzato dal Forum per il Diritto alla Salute e dal movimento Medicina Democratica, i manifestanti hanno chiesto al ministro della salute Roberto Speranza: “Un’inversione radicale di rotta nella organizzazione del Sistema sanitario pubblico, che deve garantire il diritto alla salute universale, gratuita e partecipata, come dettato all’articolo 32 della Costituzione”. Pertanto, hanno aggiunto gli organizzatori del presidio: “Ci auguriamo che il Ministro Speranza possa incontrarci al più presto, visto che oggi non è stato possibile e fidiamo nella sua attenzione e sensibilità”.
Nei molti interventi che si sono succeduti i manifestanti hanno ripetutamente ribadito la necessità di rilanciare la lotta contro gli appalti esterni che impoveriscono e peggiorano il servizio per i cittadini e rilanciato la richiesta di assunzioni e la ricostruzione della sanità territoriale, più vicina alla cittadinanza e indebolita in molte regioni a favore delle grandi aziende ospedaliere private.
“Con i precari assunti per l’emergenza già a casa, il personale non basta nemmeno a garantire diritti basilari come le turnazioni e le ferie. E servono investimenti: lavoro in rianimazione e spesso scarseggiano persino le garze” ha sottolineato fra l'altro una infermiera di Roma; mentre una sua collega del Coordinamento toscano per il diritto alla salute ha aggiunto che: “I tagli dei posti letto ci hanno portato al di sotto della media nazionale. Anche in Toscana la costruzione di grandi ospedali e l’accorpamento delle Asl ha allontanato la sanità dalla cittadinanza”.
Fulvio Aurora, segretario nazionale di “Medicina Democratica”, punta a una legge di iniziativa popolare, che “fermi lo strapotere dei privati, l’aziendalizzazione della sanità, cancelli il sistema dei Drg (diagnosis-related group, il sistema per contenere la spesa sanitaria) su cui lucra la sanità convenzionata e riporti l’attenzione sulla prevenzione”.
In un comunicato stampa stilato al termine del presidio il Forum per il Diritto alla Salute e il movimento Medicina Democratica hanno rilanciato la piattaforma rivendicativa “per un radicale cambio di passo nella organizzazione e gestione della sanità pubblica in Italia, oltre l’emergenza COVID-19, che ponga al centro gli interessi dei cittadini, oltre ogni speculazione e interessi privatistici. Occorre fare scelte strategiche radicali che impediscano nel futuro il ripetersi di quanto accaduto in questi mesi drammatici, che ha visto regioni e paesi falcidiati da morti 'certificate' e non, con il 'blocco' di interi nuclei familiari e di migliaia e migliaia di persone, semplicemente per la mancata applicazione dei protocolli di controllo e prevenzione, con un aggravio insostenibile per i diretti interessati e un costo sociale altissimo per le comunità nel loro insieme: mai più dovrà accadere che la gente muoia per mancanza di assistenza, per mancanza di personale, per mancanza di presidi medico chirurgici essenziali!”.
Noi ci battiamo, si legge ancora nel documento, per “garantire il diritto alla salute mediante un servizio sanitario universale, gratuito e partecipato, come dettato dall ’articolo 32 della Costituzione e dalla Legge 833 del 1978 di Riforma Sanitaria”. Rivendichiamo al ministro della Salute e al governo “un piano di potenziamento strutturale del Servizio Sanitario Nazionale, incrementando il relativo Fondo di almeno 40 miliardi nei prossimi 4 anni, da destinare alle sole strutture pubbliche e non al privato, accreditato ed esternalizzato, con l’assegnazione dei finanziamenti alle Regioni, in base alla rilevazione dei bisogni di salute, dei cittadini e non a stime derivanti dalla spesa storica; un programma di assunzioni attraverso concorsi e graduatorie regionali, con riferimento ai parametri europei. La riqualificazione e potenziamento dei servizi del territorio, inclusi i servizi di igiene pubblica, di prevenzione e tutela della salute sui luoghi di lavoro e della scuola, la medicina di genere e la prevenzione e tutela della salute della donna; il potenziamento dei servizi per la salute mentale e psicologica, più che mai a rischio proprio per gli effetti dell’emergenza coronavirus. Come pure respingere le richieste di regionalismo differenziato, con particolare riferimento alla tutela dell’integrità del Servizio Sanitario Nazionale per mantenerne le caratteristiche universalistiche, eque e solidali, fondato sulla fiscalità generale, con l’obiettivo di abolire il divario Nord-Sud, attraverso una regia centrale, non centralistica, che garantisca diffusione, qualità dei servizi e uniformità di accesso in tutto il Paese. Ancora, abbandonare e invertire il processo di esternalizzazione dei servizi e l’accreditamento di erogatori privati, che assorbono ormai gran parte dei finanziamenti, superando in molte Regioni il 50% della spesa sanitaria complessiva, attraverso un esteso percorso di re-internalizzazione. Dare inoltre priorità al finanziamento con almeno 20 miliardi di euro nei prossimi 4 anni per la ricerca, in forma congiunta, tra Università e Servizio Sanitario Nazionale, nonché la realizzazione di un’industria pubblica del farmaco, dei reattivi di laboratorio e dei dispositivi biomedicali, contro speculazioni e ricatti delle multinazionali farmaceutiche, coinvolgendo, anche in un quadro europeo, le strutture del Servizio Sanitario Nazionale e quelle militari, già deputate alla produzione di farmaci”.

15 luglio 2020