Rapporti Istat e Censis-Confcoop
Esplode la disoccupazione: colpiti giovani, donne e precari
In povertà 2,1 milioni di famiglie

Mentre il governo ci racconta di misure efficaci per fronteggiare la crisi, di miliardi di euro di provenienza europea e nazionale pronti a rilanciare economia e occupazione, la realtà ci mostra un quadro completamente diverso. Non si tratta di percezioni o previsioni, ma di numeri nudi e crudi diffusi da organi istituzionali, Fondazioni e autorevoli istituti di ricerca che ci forniscono allarmanti dati sulla situazione economico-sociale che si è venuta a creare dopo la fase più acuta del Covid-19.
Gli ultimi dati dell'Istat sull’occupazione ci dicono che nei tre mesi di aprile, maggio e giugno hanno perso il lavoro oltre 600 mila lavoratori, 459 mila dipendenti di ogni tipo e 140 mila autonomi, sono 752 mila in più rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Questo significa che la crisi legata al Coronavirus ha amplificato quella precedente più generale che affligge il sistema economico capitalistico da una dozzina di anni. Un altro dato, se è possibile ancora più drammatico, è quello degli “inattivi”. Da febbraio si sono trovate in questa condizione 793 mila persone. Queste persone non si “attivano” sul mercato del lavoro semplicemente perché il lavoro è stato spazzato via dalla crisi più grave degli ultimi tempi.
A giugno prosegue il calo degli occupati su base mensile: 46 mila in meno rispetto a maggio (-0,2%), mentre il tasso di disoccupazione risale all’8,8%, in aumento di 0,6 punti. Anche la disoccupazione giovanile (15-24anni) aumenta: a giugno si è arrivati a una percentuale pari al 27,6%, in rialzo di 1,9 punti rispetto al mese precedente.
Un dato molto preoccupante se pensiamo che il mese in questione coincide con la riapertura pressoché totale delle attività produttive e commerciali e che giugno viene considerato dal governo PD-5 Stelle come “l'inizio della ripresa”. Sempre secondo l'Istat, la diminuzione degli occupati coinvolge sopratutto le donne, con una perdita di 86 mila unità, e i dipendenti permanenti, ovvero quelli con un “posto fisso”, che si riducono di 60 mila.
Gli occupati aumentano invece tra gli uomini (+39mila), i dipendenti a termine, gli autonomi e gli ultracinquantenni. Ma dobbiamo considerare che nei mesi precedenti ci sono stati migliaia di licenziamenti tramite il mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato e i rapporti di lavoro precari in generale, mentre per l'occupazione femminile il trend si conferma ancora una volta negativo.
Tutto lascia pensare che lo scenario futuro sarà a tinte fosche per i lavoratori e le masse popolari. Quando terminerà il “congelamento” dei licenziamenti con l'inizio del nuovo anno, ci dobbiamo aspettare “esuberi” in massa, come già annunciato dal presidente di Confindustria, il falco filofascista Bonomi. Senza contare chi svolge lavori precari, o coloro che un lavoro fisso lo hanno ma hanno perso, e perderanno, migliaia di euro a causa delle settimane o mesi di cassa integrazione e il rinvio dei rinnovi contrattuali.
Una situazione di estrema povertà evidenziata dalla ricerca congiunta Censis/Confcooperative, che apre il suo rapporto con queste drammatiche parole: “Sfruttati, mortificati, mal pagati, senza una rete di protezione sociale e risparmi a cui attingere, con un futuro previdenziale da incubo. Sono i lavoratori che durante il lockdown hanno visto crollare all’improvviso il loro reddito andando a ingrossare la sacca di povertà assoluta”.
Vivono in povertà 2,1 milioni di famiglie, parliamo di almeno 4 milioni di persone. Ben 1.059.000 di famiglie vivono esclusivamente di lavoro irregolare. Sono il 4,1% sul totale delle famiglie italiane. Di queste, più di 1 su 3, vale a dire 350 mila, è composta da cittadini stranieri. Questi ultimi, va ricordato, sono stati esclusi dal “reddito di cittadinanza” da una norma razzista imposta dalla Lega, accettata dai 5 Stelle e dall'attuale esecutivo che comprende anche PD, Italia Viva e LeU. Persone che già facevano i salti mortali per arrivare a fine mese e con la pandemia si sono ritrovati alla fame.
Durante i mesi di stretto lockdown , 15 italiani su 100 hanno visto ridursi il reddito del proprio nucleo familiare più del 50%, mentre altri 18 su 100 hanno subìto una contrazione compresa fra il 25 e il 50% del reddito, per un totale di 33 italiani su 100 con un reddito ridotto almeno di un quarto. Ancora più drammatica la situazione fra le persone con un’età compresa fra i 18 e i 34 anni, per le quali il peggioramento inatteso della propria situazione economica ha riguardato 41 individui su 100 (riduzione di più del 50% per il 21,2% e fra il 25 e il 50% per il 19,5%).
In sintesi, la metà degli italiani (50,8%) ha sperimentato un’improvvisa caduta delle proprie disponibilità economiche, con punte del 60% fra i giovani, del 69,4% fra gli occupati a tempo determinato, del 78,7% fra gli imprenditori e i liberi professionisti. La percentuale fra gli occupati a tempo indeterminato ha in ogni caso raggiunto il 58,3%.
La fotografia che ne esce è impietosa: occupazione più bassa della media europea, un deficit che è cresciuto di 20 punti e sarà caricato sulle spalle di lavoratori e masse popolari, un Pil che chiuderà con un segno negativo ben oltre il 10% e oltre 10 milioni di poveri. Da sottolineare anche il divario territoriale, ulteriormente peggiorato ai danni del Sud, anche in prospettiva. Ad esempio rispetto ai volumi della “ripresa” produttiva il Mezzogiorno viaggia a velocità dimezzata rispetto al Nord.
La dittatura antivirus di Conte si è dimostrata incapace di sostenere la popolazione in difficoltà. Mentre parlamentari che guadagnano almeno 14mila euro al mese hanno potuto chiedere (e in alcuni casi ottenere) il “bonus” dal governo, le aziende, senza alcuna distinzione (vedi il caso FCA) hanno ottenuto finanziamenti a fondo perduto, milioni di lavoratori, precari, saltuari, autonomi, hanno dovuto affidarsi ai loro risparmi e vivere in assoluta povertà.

2 settembre 2020