Per l'inadeguata gestione dell'emergenza coronavirus
Indagati Conte e sei ministri
Per la procura di Roma le denunce vanno archiviate. Dovrà pronunciarsi il tribunale dei ministri

Il 13 agosto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede; il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio; il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri; il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini; il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese; e il ministro della Salute, Roberto Speranza, hanno ricevuto un avviso di garanzia da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma che, sulla base di diversi esposti e denunce presentate in tutta Italia dal “Comitato Noi Denunceremo” per la gestione dell'emergenza Coronavirus, ha aperto un fascicolo di indagine che racchiude diversi reati penali.
Le denunce e gli esposti, di cui non sono ancora noti i dettagli, sono oltre duecento e chiamano in causa gli articoli del codice penale sulla pena in concorso (articolo 110), epidemia (articolo 438), delitti colposi contro la salute pubblica (articolo 452) e omicidio colposo (articolo 589), abuso d'ufficio (articolo 323), attentato contro la costituzione dello Stato (articolo 283), attentati contro i diritti politici del cittadino (articolo 294).
Le denunce riguardano l'attività svolta dall'esecutivo nella gestione dell'emergenza coronavirus e possono essere sommariamente raccolte in due grandi filoni: il primo racchiude le accuse contro il governo per non aver fatto abbastanza nella lotta al virus. In questo caso vengono ipotizzati i reati di epidemia colposa, omicidio colposo e delitti colposi contro la salute pubblica.
Nel secondo filone, invece, sono stati raccolti gli esposti in cui si afferma che il lockdown è stata una misura sproporzionata rispetto alla situazione. Da qui sono stati ipotizzati i reati di abuso d'ufficio e attentato contro i diritti politici del cittadino.
Una raffica di accuse che si sommano all'altra indagine, quella in mano ai Pm di Bergamo, che invece indagano sul gravissimo ritardo con cui è stata attivata la "zona rossa" in Val Seriana e che ha permesso al virus di espandersi in tutto il territorio nazionale.
Si tratta di “un atto dovuto che finirà presto in niente” si sono affrettati a precisare Conte e i suoi ministri anticipando, o meglio, suggerendo, al Tribunale dei ministri la propria assoluzione perché: "La trasmissione al Collegio (il Tribunale dei ministri, ndr) - spiegano - è stata accompagnata da una relazione nella quale l'ufficio della Procura ritiene le notizie di testo infondate e dunque da archiviare".
Un'autoassoluzione molto probabile ma non del tutto scontata come è successo all'ex ministro degli Interni Matteo Salvini. Anche in quel caso quando la Procura di Catania indagò il duce dei fascisti del XXI secolo per la vicenda dei 130 migranti sequestrati per quattro giorni sulla nave Gregoretti della Guardia costiera italiana nel luglio 2019, chiese l'archiviazione che poi fu invece respinta dal Tribunale dei ministri.
In ogni caso il “Comitato Noi Denunceremo”, che raccoglie i parenti delle vittime dell'epidemia di Covid-19, fa sapere che “noi andremo avanti” ed è certo che "le denunce non saranno archiviate" dai giudici perché "si basano su presupposti diversi".
Ed è altrettanto scandaloso che un presidente del Consiglio e mezzo governo accusati di reati gravi e infamanti per la scellerata gestione della prima fase della pandemia continuino a rimanere al proprio posto proprio ora che l'Italia rischia una seconda ondata di contagi.
Soprattutto se si pensa che i guai giudiziari per il dittatore antivirus Conte e il suo governo potrebbero ulteriormente aggravarsi nelle prossime settimane.
Il riferimento è alle clamorose rivelazioni pubblicate su “La Repubblica” del 30 agosto che aggiungono ulteriori dubbi e misteri sulla scellerata gestione dell’epidemia da parte del governo.
Secondo il quotidiano fin dal 12 febbraio scorso, quindi ben due settimane prima dei focolai di Codogno e Vo' Euganeo che hanno dato il via all'epidemia di coronavirus in Italia, il governo sapeva già tutto ma non ha fatto niente per circoscrivere il contagio.
“Repubblica” svela il contenuto del report preso in visione quel giorno dal Comitato tecnico scientifico per delineare che impatto avrebbe avuto sul Paese il Covid-19 che al tempo stava flagellando Wuhan. Lo studio, realizzato da un ricercatore della Fondazione Bruno Kessler, Stefano Merler, metteva già in luce tutte le criticità del sistema sanitario italiano, impreparato a reggere quella che era molto di più di "una banale influenza".
L'esperto aveva considerato due scenari, indice di contagio a 1,3 e a 1,7: "Nel primo scenario - scrive Repubblica, che ha visionato i dossier - i casi di contagio in Italia sarebbero stati circa un milione, nel secondo, addirittura due. Di questi, i casi gravi che richiedono cure, oscillano fra 200 e 400mila. Il fabbisogno totale di letti in terapia intensiva varia fra 60 e 120mila. Nel momento di picco, dice lo studio, ci sarebbe stato un gap di circa 10mila letti nei reparti di terapia intensiva. Il documento non fa stime sul numero di morti, ma secondo Merler, il tasso di letalità registrato in quel momento in Cina applicato agli scenari italiani, produceva un risultato spaventoso: fra 35 e 60 mila morti da Covid-19. Da notare che 35.472 è il numero di morti effettivamente registrato fino a ieri in Italia". Una precisione sconvolgente, così come è sconcertante il ritardo con cui Conte e i suoi ministri hanno fatto fronte al pericolo incombente, visto che le prime misure effettive sono arrivate solo l'8 marzo. Quasi un mese dopo.
Una strage che il governo avrebbe potuto evitare, commenta amaramente anche Pier Paolo Lunelli, generale dell'Esercito in pensione, che nei giorni scorsi ha redatto un rapporto di 65 pagine “inviato ai magistrati che indagano sui presunti errori commessi dalle autorità italiane”.
Al centro delle accuse sta il fatto che l'Italia presenta un piano anti-pandemie "vecchio e inadeguato" che "non fa alcun riferimento a scenari e ipotesi di pianificazione". Un piano stilato secondo le linee guida indicate negli anni scorsi dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), il cui ultimo aggiornamento risale al 15 dicembre 2016 se non addirittura al gennaio del 2006.
In sostanza, conclude Lunelli, almeno diecimila, delle oltre 35mila vite perse in Italia a causa del coronavirus, si sarebbero potute salvare.
Un'ipotesi agghiacciante che ha spinto il “Comitato Noi Denunceremo” a presentare denunce anche contro tutti i presidenti del Consiglio e i ministri della Sanità italiani a partire dal 2013, per il mancato aggiornamento del pano anti-pandemie.

2 settembre 2020