Battaglia sulle nomine dei vertici dei servizi
Conte e Di Maio si contendono il controllo dei servizi segreti
Pensano più al proprio potere personale che alla sicurezza del Paese

Il 2 settembre alla Camera il governo ha ottenuto col voto di fiducia il primo via libera al decreto legge n. 83 del 30 luglio 2020 che proroga lo stato di emergenza fino al 15 ottobre. Perché il dittatore antivirus Conte ha deciso di apporre il voto di fiducia ad un provvedimento così controverso, considerando che gli emendamenti presentati erano appena una trentina, e dopo che il 28 luglio si era recato al Senato per rassicurare il parlamento che esso non rappresentava una minaccia alla democrazia e alla Costituzione, ma era unicamente dettato dall'esigenza di far fronte in maniera più efficace e tempestiva all'evoluzione della pandemia, e aveva anzi auspicato “una convergente valutazione positiva” con l'opposizione parlamentare su questo “decisivo passaggio, da cui discendono rilevanti conseguenze per l'intera comunità nazionale”?
La risposta sta in un emendamento, presentato da una cinquantina di deputati del M5S, cioè del suo stesso partito di riferimento, che avrebbe soppresso una delle misure chiave volute inserire da Conte nel provvedimento e avrebbe anche spaccato la maggioranza aprendo un varco all'opposizione parlamentare e mandando in minoranza il governo. Da qui la decisione di porre il voto di fiducia per far decadere l'emendamento e forzare l'approvazione del decreto, in barba alle promesse di dialogo di Conte col parlamento. Ciononostante ben 28 deputati del M5S non hanno partecipato al voto, ciò che ha scatenato un putiferio tra le file del movimento e polemiche in seno alla stessa maggioranza.
 

Stravolta di fatto la legge sui servizi segreti
Ma qual è la misura inserita nel decreto contestata dai 50 parlamentari cinquestelle, tra cui figurano la segretaria e terza carica del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), Federica Dieni, e ben due sottosegretari di peso, quello all'Interno Carlo Sibilia e quello alla Difesa Angelo Tofalo? Si tratta del comma 6 dell'articolo 1 del decreto, che modifica la modalità (alcune interpretazioni dicono anche la durata) della proroga dei dirigenti dei servizi segreti, così come fu stabilita dalla riforma del 2007 con la legge 124. Tale legge, che istituiva l'Aise (l'agenzia di intelligence per i servizi esterni) e l'Aisi (quella per i servizi interni), nonché il Dis (Dipartimento informazioni per la sicurezza) presso la presidenza del Consiglio che le coordina, stabiliva anche che i loro direttori sono nominati per una “durata massima di quattro anni” e che l'incarico “è rinnovabile per una sola volta”. Il comma inserito nel decreto Covid modifica tale procedura - con la motivazione di assicurare “la piena continuità nella gestione operativa del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica” - sostituendo l'espressione “per una sola volta” con l'espressione “con successivi provvedimenti per una durata complessiva massima di ulteriori quattro anni”.
 

A cosa mira l'operazione di Conte
Era stato il Corriere della Sera il 4 agosto, dopo la pubblicazione del decreto sulla Gazzetta ufficiale, a rilevare l'esistenza dello strano comma di cui Conte non aveva mai fatto menzione, né nel comunicato del Consiglio dei ministri che lo aveva approvato, né nell'intervento del 28 luglio in Senato, dove pure aveva elencato i vari campi in cui interveniva la proroga dello stato d'emergenza, ma senza nominare i servizi di intelligence . Né tanto meno ne aveva informato il Copasir, cosa non obbligatoria per legge ma considerata doverosa secondo la prassi usuale in questi casi. Tant'è che ora il Copasir presieduto dal leghista Volpe gli ha chiesto ufficialmente di venire a riferire sulla faccenda.
Secondo il Corriere con quella mossa Conte avrebbe prolungato di altri quattro anni le cariche dei capi dei servizi segreti da lui nominati, venendo però seccamente smentito da un comunicato di Palazzo Chigi secondo cui la norma si limita a rimodulare da una sola volta a più volte la possibilità di prorogare gli incarichi, senza alterare il massimo di durata degli incarichi stessi, che “rimane quella fissata dalla legge 3 agosto 2007, n. 124, cioè di 4 anni per il primo incarico più un massimo di 4 anni successivi”. La formulazione della legge si presta infatti a questa doppia interpretazione.
La maggior parte delle interpretazioni concordano con quella del governo, cioè dei quattro anni rinnovabili una volta sola per altri quattro, adesso rinnovabili invece più volte pur mantenendo invariato il totale di otto. Ma fanno anche notare che in questo modo, potendo prorogare gli incarichi anche per tempi brevi, il premier viene ad assumere un maggior potere di discrezionalità e di condizionamento sui vertici dell'intelligence . A nostro avviso l'una cosa non esclude l'altra, e con questa operazione Conte si è assicurato due piccioni con una fava.
È dai tempi di Renzi a Palazzo Chigi, infatti, che si era instaurata la prassi di nominare i direttori dei servizi per due anni, rinnovabili una sola volta per altri due, limitando di fatto il totale della permanenza in carica a quattro anni, anziché otto, per facilitare il cambio dei vertici ad ogni cambio di maggioranza, e in questo senso sarebbe fondata anche l'interpretazione della legge 124 fatta dal Corriere della Sera . La mossa di Conte coglierebbe così due risultati: togliere ogni ambiguità di interpretazione alla legge, chiarendo che alla scadenza dei quattro anni ci può essere un rinnovo di altri quattro (cosa utile nel caso il premier nomini un suo uomo di fiducia prima di un cambio di governo); e nello stesso tempo rendere queste nomine illimitate per numero e indefinite per durata, in modo da avere un pieno controllo su di esse.
 

La guerra delle nomine col rivale Di Maio
Nel caso specifico l'intervento del governo sulla legge 124 sarebbe stato motivato dalla necessità di prorogare la scadenza del prefetto Mario Parente a capo dell'Aisi, nominato da Renzi nel 2016 per due anni e rinnovato nell'incarico dal Conte 1 per altri due, in scadenza cioè quest'anno. Con la pandemia Conte gli aveva rinnovato all'ultimo tuffo e per decreto l'incarico per un altro anno, ma la Corte dei conti aveva bocciato l'inusuale procedura. Da qui la necessità di modificare la procedura stabilita dalla 124 introducendo il rinnovo discrezionale. Ma è evidente che un simile intervento di sottobanco e a gamba tesa, che stravolge una legge delicata come questa sulle nomine dei servizi segreti, senza prima consultare come di prassi l'opposizione parlamentare e il Copasir, ha delle motivazioni e una portata ben più vaste che quella di assicurare la continuità di un singolo direttore di agenzia come Parente che, ricordiamolo, è indagato per false informazioni nell'inchiesta per mafia sull'ex presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante.
In ballo ci sono infatti altre cariche in scadenza al vertice dei servizi segreti, a cominciare da quella del generale della Gdf Gennaro Vecchione, scelto personalmente da Conte a capo del Dis nel novembre 2018 e legato a doppio filo al premier. E ci sono ben tre vicedirettori da nominare, due all'Aise e uno all'Aisi, e qui la strada di Conte si scontra con quella del suo alleato/rivale Luigi Di Maio, che ha una sua lista personale di candidati ai vertici dell'intelligence, e che appare verosimilmente essere il mandante della mozione dei 50 deputati M5S che hanno cercato di mettere in difficoltà il premier, visto che Sibilia e la stessa Dieni rispondono direttamente ai suoi ordini, anche se il ministro degli Esteri ha smentito categoricamente di essere coinvolto in qualsiasi modo nella vicenda. In realtà sia lui che il premier Conte non si fanno scrupolo di contendersi il controllo sui servizi segreti senza esclusione di colpi, pensando al proprio potere personale piuttosto che alla sicurezza del Paese.
 

La presa di Conte sui servizi segreti
Certo è che anche questa vicenda conferma in pieno la dittatura antivirus di Conte, che in questo modo rafforza il suo controllo sui servizi segreti nel quadro dello stato di emergenza, reso praticamente permanente col pretesto della pandemia, che gli conferisce di fatto i pieni poteri in deroga alla democrazia borghese e alla Costituzione, e blinda il suo governo in previsione di possibili rivolte sociali nei prossimi mesi.
Non a caso volle tenersi a tutti i costi la delega ai servizi segreti durante le trattative col PD nell'agosto dell'anno scorso per la formazione del governo Conte bis. Allora si trattò per lui della necessità di coprirsi le spalle dalle conseguenze dell'affare Mifsud, la vicenda spionistica che vide i nostri servizi segreti fare da sponda agli emissari di Trump, messi a loro disposizione sia dal governo Lega-M5S che dal governo M5S-PD, per dimostrare che il Russiagate era un complotto ordito ai suoi danni. Favore che il dittatore fascista americano ricambiò col famoso tweet di appoggio all'”amico Giuseppi” per la formazione del suo nuovo governo trasformista col PD.
Da allora Conte non solo i servizi segreti se li è tenuti ben stretti, gestendo in prima persona l'avvicendamento di alcune importanti cariche lo scorso giugno, come i due nuovi vicedirettori dell'Aisi e dell'Aise, ma anche lo spostamento del generale Luciano Carta dalla direzione dell'Aise a quella dell'azienda di Stato Leonardo e la sua sostituzione con Gianni Caravelli; ma ora ha rafforzato notevolmente il suo controllo grazie alla possibilità di prorogare o revocare a propria discrezione gli incarichi dei dirigenti dell'intelligence da lui stesso nominati.

9 settembre 2020