A 40 anni dalla Strage di Bologna le conclusioni della nuova inchiesta su mandanti e altri esecutori
Dollari della P2 e copertura e depistaggi dei servizi segreti ai fascisti
A processo Bellini, ex Avanguardia nazionale, Segatel, ex capitano dei carabinieri e Spella, ex capo del Sisde di Padova

 
Nuova svolta nell'inchiesta sui mandanti della strage fascista alla stazione di Bologna del 2 agosto del 1980, nella quale morirono 85 persone e ne vennero ferite 200.
La procura del capoluogo emiliano con un provvedimento firmato dall'avvocato generale Alberto Candi, dai sostituti pg Umberto Palma e Nicola Proto e dal procuratore generale Ignazio De Francisci, ha chiesto il rinvio a giudizio per Paolo Bellini, ex militante di Avanguardia Nazionale, ritenuto uno degli esecutori materiali della strage, il quale avrebbe agito in concorso con l’allora capo della P2 Licio Gelli, l’ex capo dell’ufficio Affari riservati del Viminale Federico Umberto D’Amato, l’imprenditore e finanziere piduista Umberto Ortolani e il giornalista Mario Tedeschi, tutti passati a miglior vita e ritenuti coinvolti nella strage come possibili mandanti e finanziatori.
Rinviati a giudizio per depistaggio l’ex generale e capo del Sisde di Padova Quintino Spella, l’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel insieme a Domenico Catracchia, accusato di false informazioni fornite al pm al fine di sviare le indagini.
Catracchia era inoltre uno dei referenti della società immobiliare legata ai servizi segreti che gestiva gli appartamenti di via Gradoli dove trovarono rifugio i fascisti dei Nar, l'organizzazione di cui facevano parte, oltre a Gilberto Cavallini(condannato all'ergastolo nel gennaio scorso) anche Valerio “giusva” Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, già condannati in via definitiva come esecutori materiali della strage.
I locali di via Gradoli sono gli stessi gli nei quali fu tenuto prigioniero l'ex presidente del consiglio, il Dc Aldo Moro ad opera delle sedicenti “Brigate Rosse” (in realtà nere) nella prima fase del suo sequestro nel 1978: “Il primo troncone di indagine sui mandanti della strage di Bologna ha verificato che nel covo di via Gradoli 96, a Roma, dove nel 1978, per il primo mese di detenzione, Aldo Moro era stato tenuto dai brigatisti, due anni e mezzo dopo, esattamente in quella palazzina e a quel numero civico, c’era un covo dei Nar” ha dichiarato uno dei legali delle vittime, Andrea Speranzoni.
Paolo Bolognesi, presidente dell'associazione dei familiari delle vittime in merito alle decisioni della procura ha dichiarato: “A questo punto vuol dire che ci sono carteggi e documenti che permettono di fare un processo a questi nuovi indagati. È un fatto molto positivo ma dobbiamo stare attenti, perché false dichiarazioni e depistaggi sono recenti, del 2019, queste persone hanno ostacolato tutto per quarant’anni, quindi possono continuare a farlo” e aggiunge che alcune delle novità che hanno contribuito a ricostruire parte della vicenda sono arrivate proprio da alcune memorie presentate dall'associazione: “Alcune sono legate ai soldi di Gelli, versamenti fatti prima e dopo la strage. I giudici hanno messo tutto in fila a partire dal 1979-80 fino ad arrivare quasi ai giorni nostri. Questa è una delle novità principali”. Il riferimento è ad alcuni bonifici da 15 milioni di dollari effettuati da Gelli ai fascisti in vista della preparazione dell'attentato. Bolognesi avverte però dei possibili depistaggi che potranno essere messi in atto anche da ora in avanti: "Ora la battaglia per la verità sarà ostacolata in modo sovraumano; inizia una strada difficilissima: non si pensi, come si diceva una volta, che abbiamo raggiunto il socialismo. Abbiamo voluto la bicicletta, ora dobbiamo pedalare"..."oggi siamo molto contenti, ma anche consapevoli che i tempi che verranno saranno durissimi" .
Gli avvocati Andrea Speranzoni e Roberto Nasci hanno commentano: “Riteniamo che gli esiti delle investigazioni abbiano messo a nudo e finalmente scoperto il livello dei mandanti e degli ispiratori politici, cioè coloro che idearono e organizzarono la strage del 2 agosto e che impedirono ai magistrati, attraverso depistaggi e manipolazione informativa, di giungere alle responsabilità di vertice” e sottolineano anche le “linee di continuità con fatti eversivi precedenti il 1980, ma anche successivi. Un patto di potere criminale che ha condizionato la democrazia italiana e che, riteniamo a questo punto, abbia avuto degli interpreti anche in epoche successive”.
Noi marxisti-leninisti denunciamo da sempre la responsabilità della destra fascista e dei golpisti con la complicità di apparati dello stato deviati, una verità denunciata fin da subito con un comunicato dell’Ufficio politico del PMLI dal titolo “Fermare la belva fascista” pubblicato sul numero 34/35/36 del 22-29 agosto/5 settembre 1980 de “Il Bolscevico” in cui fra l’altro veniva indicata proprio la matrice golpista e neofascista della strage e i “mandanti annidati fin dentro ai vertici dello Stato, dei servizi segreti, del governo, delle istituzioni dei circoli finanziari ed economici e dei partiti borghesi a cominciare dalla Dc e MSI”.
Il PMLI chiede da sempre che venga fatta piena luce su questo mostruoso crimine commesso contro il popolo italiano e su tutte le altre stragi di stato rimaste impunite e chiede con forza l'abolizione del segreto di stato.

9 settembre 2020