A governatore della Toscana
PD e “centro-sinistra” candidano Giani, da sempre vicino alla massoneria e ai “poteri forti”

Redazione di Firenze
Il candidato governatore regionale per il “centro-sinistra” Eugenio Giani nasce politicamente nel PSI di Craxi, alla corte del massone Lelio Lagorio allora “granduca” del PSI fiorentino, esaltato da Giani in una commemorazione del 2018 come “esempio di integrità” e come primo presidente della Regione Toscana, dal 1970 al 1978, veste in cui Lagorio ha sostenuto l'“istanza autonomista e regionalista”.
Per i più giovani ricordiamo chi era Bettino Craxi, travolto da tangentopoli ma soprattutto primo aspirante neoduce dell'Italia del dopoguerra. Così lo inquadrò il Comitato centrale del PMLI nel documento dell'11 agosto 1986 “Sbarrare la strada al neoduce Craxi”: “I tre anni di governo Craxi trascorsi dovrebbero aver dimostrato a tutti che non ci troviamo di fronte a un presidente del consiglio omologabile ai precedenti, compreso Scelba, Tambroni e Fanfani. Più il tempo passa più i suoi modi, stile, linguaggio spezzante e arrogante, lo sfrenato protagonismo personale e le sue ambizioni napoleoniche lo rendono del tutto simile a Mussolini. Craxi è il duce degli '80. Craxi non è un politicante che nasce dal nulla. La sua ascesa porta chiaramente il marchio della P2. Gli obiettivi strategici del suo governo concordano pienamente con quelli pensati e coltivati fin dal 1975 dalla P2 e contenuti nel cosiddetto “piano di rinascita democratica” di Licio Gelli”.
Nato a Empoli nel 1959, Giani si laurea in Giurisprudenza a Firenze e inizia il praticantato nello studio di Alberto Predieri. Si adatta a dormire nella sede nazionale del PSI pur di partecipare agli incontri dei giovani dirigenti socialisti. Nel 1990, a 31 anni, riesce a ottenere la prima poltrona in Palazzo Vecchio come consigliere comunale in quota PSI. Quando il suo partito viene travolto da tangentopoli aderisce ai Socialisti italiani, quindi ai Socialisti Democratici italiani e poi al Partito Democratico, non abbandonando mai i palazzi del potere. È stato più volte assessore comunale fiorentino a Mobilità, Lavori pubblici, Sport, Tradizioni popolari, Relazioni internazionali e Cultura.
Presenzialista superattivo, sembra sia l'unico politico borghese toscano ad aver visitato personalmente tutti i comuni della nostra regione, è stato presidente di vari organismi culturali, legati alla storia e alle tradizioni fiorentini come la Società dantesca, ed è collegato a numerose società sportive. Un vasto bacino clientelare da cui ha ricavato nel 2009 il maggior numero di preferenze come consigliere comunale e quindi la presidenza del Consiglio stesso; stessa storia alle regionali del 2015, quando grazie a oltre 10.000 preferenze viene eletto presidente del Consiglio regionale.
Non manca di emergere il legame con la massoneria. Per esempio il 19 settembre 2015 a Roma, è a Villa Il Vascello, sede del Grande Oriente d'Italia. Nel parco i massoni festeggiano l'Equinozio d'autunno. Da Firenze, oltre a Giani, l'allora viceministro renziano Riccardo Nencini, anche lui con un passato nel PSI fiorentino e in Consiglio regionale, che troviamo spesso anche oggi al fianco di Giani. Presente anche Denis Verdini (banchiere condannato per bancarotta, ex FI e sostenitore di Renzi, e ora suocero di Matteo Salvini). Sempre con i massoni ha commemorato la breccia di Porta Pia e rilanciato la memoria del massone antifascista Giovanni Becciolini e del mazziniano, sempre massone, Giuseppe Dolfi.
Giani ha guidato la privatizzazione di importanti settori comunali, fra cui quella dei parcheggi, rimanendo alla presidenza di Firenze Parcheggi dal 1996 al 2000.
Ha retto la presidenza del Consiglio comunale fiorentino quando era sindaco ilm poi aspirante neoduce Matteo Renzi, e anche se lo ha sempre appoggiato non è riuscito a salire sul carro che ha portato i fedelissimi dell'ex segretario del PD ai ministeri romani.
Giani parla di antifascismo, con frasi ad effetto anche nel suo programma elettorale, ma gli antifascisti fiorentini non dimenticano la sua vergognosa presenza nel 2010, in qualità di presidente del Consiglio comunale, alla kermesse neofascista, organizzata dal futuro senatore di FDI Achille Totaro, in occasione della “giornata del ricordo” dedicata ai cosiddetti martiri delle foibe. Legami con il neofascismo riemersi anche quest'anno: nella stessa ricorrenza Giani ha affidato la prolusione ufficiale in Consiglio regionale a Roberto Menia, una figura politica dell’estrema destra, nazionalista irredentista, le cui radici sono nel MSI del fucilatore di partigiani, partito erede del fascismo.
Nel giugno scorso ha dato un assaggio del suo programma di governo schierandosi a favore del progetto di inceneritore “bioraffineria” dell'Eni a Livorno: “La Toscana ha bisogno di un termovalorizzatore e per farlo andrò dritto coi carrarmati”, una sfida aperta ai movimenti ambientalisti.
Pieno sostegno anche al razzista e stupratore Indro Montanelli (ufficiale dell'esercito fascista in Eritrea che comprò e usò come schiava sessuale una bambina nera di 12 anni, un passato di cui non si è mai pentito), la cui statua a Milano è stata più volte imbrattata, l'8 Marzo scorso dalle attiviste di Non una di meno e a giugno durante le manifestazioni a sostegno della storica rivolta antirazzista contro l'uccisione negli Usa di George Floyd. Ma Giani dichiara: “Montanelli è stata una figura di grande spessore. Aver gettato vernice sulla sua statua è atto assolutamente esecrabile”.
In tutta la sua carriera Giani si è dimostrato un politico borghese sempre schierato con gli interessi dei grandi capitalisti, con consolidati legami massonici, in buoni rapporti con i neofascisti. E infatti il suo programma elettorale è simile, nella sostanza ma anche nella forma, a quello di Susanna Ceccardi, la leghista candidata a governatore dalla destra e sua principale competitrice il 20 e 21 settembre.
La sua candidatura non può che rafforzare la scelta elettorale astensionista di quanti aspirano a un reale cambiamento, a mettere al primo posto i bisogni delle masse.
Per il PMLI il terreno migliore sul quale combattere le politiche regionali, comunali e nazionali, è al di fuori e contro le istituzioni rappresentative borghesi, nelle fabbriche, nei campi, nelle scuole, nelle università, nelle piazze dove sono le masse le vere protagoniste. Per questo i marxisti-leninisti invitano le masse popolari e lavoratrici ad astenersi alle elezioni regionali (disertando le urne, annullando la scheda o lasciandola in bianco), a costituire le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari sulla base della democrazia diretta e a dare tutta la propria forza al PMLI, l’unico Partito che sin dalla sua nascita ne ha difeso i diritti e rappresentato i bisogni, fuori dalle logiche del sistema capitalistico e borghese.

9 settembre 2020