L'”Accordo di Abramo”, patrocinato da Trump, normalizza i rapporti tra Israele, Emirati Arabi e Bahrein
L'imperialismo americano ritorna protagonista in Medio Oriente
Ghettizzato il popolo palestinese

 
Annunciato lo scorso 13 agosto dal presidente americano Donald Trump come uno “storico accordo di pace tra due nostri grandi amici”, è arrivato il 15 settembre alla firma a Washington l'accordo che rende ufficiali i rapporti tra i sionisti di Tel Aviv e gli Emirati Arabi, ai quali quattro giorni prima si era aggiunto il Bahrein. In effetti le due monarchie del Golfo Persico non sono mai state in guerra con Israele col quale anzi hanno sviluppato un'ampia collaborazione, in particolar modo negli ultimi anni sulla scia dell'avvicinamento della monarchia saudita agli imperialisti sionisti israeliani; un particolare che non interessa a Trump impegnato a rappresentare sulla scena il ruolo del protagonista che ha ripristinato la leadership mondiale degli Usa, una presidenza che consolida le alleanze e la pace fra gli alleati e prepara la guerra ai concorrenti imperialisti, da quelli mondiali Cina e Russia a quelli regionali vecchi e nuovi Iran e Turchia. Una politica che poggia in Medio Oriente sull'asse coi sionisti di Tel Aviv e produce un accordo che è il segnale che l'imperialismo americano ritorna protagonista anche nella regione, dove vede avanzare la Cina che ha stretto i legami con l'Iran e dove ha deciso di rinforzare il contingente presente in Siria nonostante l'annunciato ritiro.
Trump affida a Netanyahu e alla potenza militare sionista il compito di guidare il fronte sunnita dei paesi arabi reazionari contro l'Iran, il paese alleato con Russia e Cina messo nel mirino fin dall'inizio della sua presidenza. Ne fanno le spese i popoli della regione, a partire da quello palestinese condannato a restare nei ghetti di Gaza e di pezzetti della Cisgiordania, ossia lo scenario che avevano prefigurato i famigerati accordi di Oslo del 1993, osannati dai paesi imperialisti come la soluzione alla questione palestinese con la pace e la costituzione di due Stati. Quella soluzione favorevole all'imperialismo e ai sionisti che hanno potuto ridurre a carta straccia le risoluzioni Onu a favore del popolo palestinese, da quella sul diritto al ritorno alle proprie terre a quella sul ritiro dai territori della Cisgiordania e di parte di Gerusalemme occupati nel 1967.
Non sono affatto l’alba di un nuovo Medio Oriente e nemmeno il cambiamento del corso della storia evocati da Trump al centro della foto di scena a Washington assieme a Netanyahu e circondato da comparse, il ministro degli esteri emiratino Abdullah bin Zayed Al Nahyan e del Bahrein Abdullatif bin Rashid Al-Zayan, firmatari di una intesa i cui testi integrali non sono ancora noti. In ogni caso Emirati Arabi e Bahrein si apprestano a fare affari con Israele alla luce del sole, allo stesso modo dell'Ue imperialista, con buona pace dei diritti palestinesi.
I diritti palestinesi sono seppelliti dalle ruspe che spianano le loro case e i campi coltivati, dal cemento delle betoniere che hanno costruito l'illegale muro e continuano a costruire nuovi insediamenti di coloni in Cisgiordania. Secondo Netanyahu l'accordo indicherebbe che siamo “all’alba della pace, per dare speranza ai figli di Abramo. Questa pace porterà alla fine del conflitto arabo israeliano una volta per sempre”, con la sperata vittoria definitiva degli occupanti imperialisti sionisti. Siamo tutti figli di Abramo, sottolineava il boia palestinese di Tel Aviv, e “Accordo di Abramo” è chiamata appunto l'intesa patrocinata da Trump, dal nome del patriarca dell'ebraismo, del cristianesimo e dell'islam la cui storia è narrata nel Libro della Genesi e nel Corano ed è considerato il capostipite del popolo ebraico, discendente dal figlio della moglie Sara, e di quello arabo discendente del figlio avuto con la schiava Agar.
Pochi giorni prima Netanyahu aveva avuto un altro regalo da Trump; l'impegno di Serbia e Kosovo ad aprire le proprie ambasciate a Gerusalemme, il primo paese europeo e il primo “a maggioranza musulmana” a farlo, enfatizzavano alla Casa Bianca, e la definizione di terrorista appiccicata all'organizzazione libanese Hezbollah. Queste due perle erano la parte sostanziale delle due distinte lettere impegnative verso gli Usa firmate il 4 settembre alla Casa Bianca dal premier del Kosovo Avdullah Hoti e dal presidente serbo Aleksandar Vucic, convocati da Trump per firmare l'intesa per il mutuo riconoscimento tra Kosovo e Serbia, un obiettivo fallito, e che ha appena avviato la normalizzazione dei rapporti economici. Con grande scorno comunque del nuovo zar del Cremlino Putin, padrino del serbo Vucic e infuriato per la sua comparsata alla corte del rivale imperialista americano.

23 settembre 2020