Guerra fredda tra l'imperialismo americano e il socialimperialismo cinese
Trump e Xi si scontrano all'Onu sulla pandemia

 
Oramai la guerra fredda tra l'imperialismo americano e il socialimperialismo cinese è totale e il presidente Usa Trump non perde nessuna occasione per lanciare attacchi al rivale Xi, come lo scorso 22 settembre dalla tribuna virtuale della 75a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite quando ha aperto il suo intervento attaccando Pechino per aver tentato di nascondere le proprie responsabilità nello sviluppo della pandemia. Che sono altrettanto gravi di quelle della Casa Bianca che ha lasciato criminalmente correre il virus nelle città americane tanto da registrare cifre record a livello mondiale di contagiati e decessi. Ovviamente l'ipocrita Trump millanta successi nella "mobilitazione più aggressiva dalla seconda guerra mondiale" lanciata dalla sua amministrazione nella "grande lotta globale", nella "feroce battaglia contro il nemico invisibile, il virus cinese".
Trump ha impiegato meno della metà del tempo che aveva a disposizione, un comportamento per lui inusuale ma tanto gli è bastato per dare un segnale che i consessi internazionali dell'Onu, da quelli sul clima alla sanità da cui si è ritirato, non sono la sua tribuna preferita e per elencare i meriti della sua amministrazione che in tre anni ha "costruito la più grande economia della storia", dopo aver resistito
"a decenni di abusi commerciali della Cina". L'imperialismo americano è il primo nel mondo, merito della sua presidenza, e i suoi rivali stiano attenti anche perché gli Usa hanno "l'esercito più potente al mondo" grazie al rilancio dei programmi di riarmo. "Le nostre armi sono a un livello avanzato come non abbiamo mai avuto prima" gongolava Trump che minacciava "prego solo Dio che non dobbiamo mai usarli".
A fronte dell'ennesimo spot arrogante del rivale imperialista era abbastanza facile per il presidente cinese Xi Jinping liquidare le effettive responsabilità della Cina nella diffusione del coronavirus come un tentativo di politicizzare la vicenda e presentare il socialimperialismo cinese come l'unico rispettoso delle regole condivise. "Non vogliamo guerre fredde né calde con nessun Paese", sosteneva Xi, "la Cina continuerà ad essere un elemento che forgia la pace nel mondo, contribuisce allo sviluppo globale e sostiene l'ordine internazionale", fintanto che è funzionale al suo tentativo di conquista della leadership mondiale scalzando la rivale Usa. Alle minacce di Trump rispondeva a muso duro che nessun paese ha il diritto di dominare gli affari globali e di controllare il destino degli altri, "ancora meno dovrebbe essere permesso di fare ciò che si vuole, di essere egemone, prepotente o capo del mondo”, con un riferimento esplicito agli Stati Uniti.
La "mentalità della guerra fredda" e l'unilateralismo, concludeva Xi non porta a una soluzione delle sfide comuni, non serve a chi vuole costruire un "futuro condiviso per l’umanità", ossia alla globalizzazione guidata dal socialimperialismo cinese.


30 settembre 2020