Intervento di Andrea Cammilli all’assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi di Bologna

 
Care compagne e cari compagni, non sarà facile unire le nostre diversità, ma questo progetto di lotta può e deve andare avanti perché non c’è un’altra strada per difendere gli interessi dei lavoratori.
Dobbiamo essere consapevoli che la realtà politica e sindacale del nostro Paese è completamente cambiata rispetto a qualche decennio fa. Oramai non esiste più neanche la Costituzione del ‘48. Con l’ultimo referendum e il taglio dei parlamentari quella costituzione non esiste più neanche formalmente e si apriranno nuovi spazi per ulteriori svolte in senso presidenzialista e di restrizione e repressione delle stesse libertà borghesi, a partire da quelle sindacali e che interessano i lavoratori.
Una strada che già percorre il governo Conte che con la scusa del virus ha di fatto instaurato una dittatura del Presidente del Consiglio. Un governo che, al di là di qualche inevitabile concessione alle masse impoverite dalla crisi del Coronavirus e del capitalismo, intende mettere le risorse pubbliche al servizio delle imprese private, con la complicità di Cgil, Cisl e Uil.
Occorre dare una risposta forte. Nell’appello si legge: “Non serve la nascita ‘per decreto’ di nuove sigle.... bensì la costruzione di percorsi di lotta che vadano oltre alle appartenenze di sigla e di categoria.... e lanciare un progetto nuovo e realmente includente”. Qui sta il succo della questione: praticare una larga politica di fronte unito. Questa iniziativa, quella degli autoconvocati, più altre sul fronte prettamente politico sono importanti e rappresentano una novità. Ma se tutte queste iniziative non sfoceranno in un unico movimento sindacale e politico, ben difficilmente potranno incidere sulle condizioni di vita e di lavoro delle masse lavoratrici e sullo sviluppo della lotta di classe.
Ma in prospettiva dovremo andare ancora oltre perché questo non sarà sufficiente. Per difendere efficacemente gli interessi dei lavoratori in futuro dovremo arrivare allo scioglimento di tutti gli attuali sindacati e alla costituzione di un unico sindacato basato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale delle Assemblee generali dei lavoratori e dei pensionati, slegato dalle compatibilità capitalistiche e che porti avanti gli interessi esclusivi della nostra classe. Intanto uniamoci noi, lavoratori combattivi del Sicobas, dell’Sgb, della sinistra Cgil, di altri sindacati non solo nelle assemblee, ma anche nelle piazze, fino a giungere a uno sciopero generale nazionale con una manifestazione unitaria entro la fine dell’autunno, per dare uno sbocco concreto a questa iniziativa. Facciamolo su alcuni punti unificanti, contenuti anche nell’appello, mettendo il lavoro prima di tutto, affinché tutte le risorse, compreso il Recovery fund siano utilizzate per l’occupazione, il blocco permanente dei licenziamenti, l’utilizzo della cassa integrazione fin che serve e che deve essere a salario pieno e per gli altri ammortizzatori sociali.
Uniti per la sicurezza sul lavoro e a scuola, per rivendicare una sanità e una scuola pubbliche, per l’abolizione dei decreti sicurezza. Uniti per chiedere la riduzione dell’orario di lavoro e la firma dei contratti scaduti con aumenti che non siano legati alla produttività come vuole la Confindustria, che sta attaccando a testa bassa il contratto nazionale, non vuol concedere niente, vuole staccare il salario dall’orario, reintrodurre il cottimo, vuole contratti aziendali, welfare aziendale, sanità aziendale che inevitabilmente vanno a privare di fondi la sanità pubblica, come se non bastassero i tagli fatti finora che l’hanno resa completamente inadeguata a fronteggiare il Coronavirus.
Prendo ancora spunto dalle parole contenute nell’appello e da una frase semplice ma efficace in cui tutti credo ci riconosciamo “Proletari e capitalisti non sono e non saranno mai sulla stessa barca”. Questo è vero sempre, in ogni frangente storico, anche nei particolari momenti di emergenza e finanche in caso di guerra imperialista. Anzi, è proprio in questi momenti che bisogna tracciare una chiara e netta linea di demarcazione tra il proletariato e le masse popolari da una parte e la borghesia, il suo governo e il capitalismo dall’altra parte. Perché gli interessi e le esigenze dei primi sono contrapposti a quelli dei secondi.
Grazie.
 
Andrea Cammilli (Direttivo Filctem-Cgil di Pisa)

30 settembre 2020