Visita di Pompeo in Italia e in Vaticano
Conte e Di Maio riconfermano “il saldo ancoraggio” dell'Italia agli USA e l'allineamento sul 5G
Pompeo non convince il papa a non rinnovare l'accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi
L'Italia imperialista rivendica un ruolo egemone nel Mediterraneo

 
Annunciando la visita del 30 settembre a Roma del Segretario di Stato Michael Pompeo e gli incontri con il primo ministro Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il suo dipartimento precisava che gli argomenti dei colloqui sarebbero stati, oltre a quello della pandemia, l'importanza di mantenere una solida cooperazione transatlantica e tra i due paesi. Una cooperazione soprattutto in materia di sicurezza che "è un pilastro fondamentale delle nostre relazioni bilaterali" e della Nato; gli Stati Uniti, sottolineava la nota del dipartimento di Stato, contano sull'Italia che può "giocare un importante ruolo in particolare per la sua strategica posizione nel Mediterraneo". Quel compito imperialista che il presidente Trump aveva riconosciuto al primo ministro Conte fin dal suo primo viaggio negli Usa nel luglio 2018, che avevamo prontamente denunciato, quando avevano "annunciato il dialogo strategico USA-Italia per affrontare le minacce alla sicurezza e alla stabilità nella regione del Mediterraneo. Tale dialogo è in corso e gli esperti dei nostri paesi si incontrano regolarmente per discutere i modi in cui possiamo lavorare insieme per promuovere la pace e la prosperità nella regione e oltre".
A due anni di distanza da quell'incontro l'imperialismo italiano si è legato sul fronte nordafricano, in Libia, e nel Mediterraneo alla cordata imperialista europea guidata dalla Francia per fronteggiare l'irruento ingresso della Turchia di Erdogan, ma restano immutate le sue aspirazioni egemoniche nel Mediterraneo. E chiede una mano all'alleato d'oltreoceano riconfermando, come hanno fatto Conte e Di Maio, “il saldo ancoraggio” dell'Italia agli Usa e l'allineamento sul 5G come sollecitato per l'ennesima volta da Pompeo.
L'argomento nuovo nelle relazioni tra i due paesi ha riguardato appunto l'altrettanto irruente ingresso della Cina in l'Europa, dei sempre più intensi rapporti economici lungo la nuova Via della Seta. L'argomento centrale per gli Usa, presente nel capitolo dei temi riguardanti la sicurezza e non in quelli economici, è la questione delle nuove reti di telecomunicazione 5G, il ruolo delle multinazionali statali e private cinesi come Huawei che scalzano quelle americane e aprono spazi all'influenza di Pechino anche in Europa; uno dei punti centrali dello scontro dell'imperialismo americano con la principale rivale, il socialimperialismo cinese, portato da Washington fino al livello di una nuova guerra fredda.
A Pompeo il ministro Di Maio rispondeva che "l'Italia è fortemente ancorata agli Stati Uniti e all'Unione Europea, e siamo legati da valori e interessi comuni. Siamo membri della NATO, sosteniamo l'alleanza NATO e crediamo fortemente nei valori condivisi da tutte le democrazie occidentali. Per l'Italia, quindi, sono nostri alleati, interlocutori e partner economici e commerciali. Ed è ovvio che un Paese dinamico come il nostro è aperto a nuovi investimenti e opportunità di sviluppo. Ma tutto questo non potrà mai avvenire al di fuori del perimetro tracciato dai nostri valori euro-atlantici". Non poteva certo buttare a mare la sua iniziativa, partita nel precedente governo, per fare dell'Italia un punto di arrivo della nuova Via della Seta cinese e doveva precisare che con la Cina possiamo fare affari, seppur tenuti sotto stretto controllo politico magari seguendo i protocolli decisi in sede Ue per garantire la sicurezza delle informazioni di carattere militare o industriale che viaggeranno nelle reti 5G.
Rivendicando un ruolo strategico dell'imperialismo italiano nel Mediterraneo Di Maio ha rassicurato Pompeo: “La voce di un alleato strategico cosi’ importante come gli Stati Uniti per noi rappresenta un contributo fondamentale per la stabilita’ dell’intera regione”.
Minore successo Pompeo raccoglieva dall'incontro in Vaticano trovando porte chiuse al tentativo di Trump di arruolare papa Francesco nella sua campagna anticinese. Anche di recente il segretario di Stato americano era entrato a gamba tesa sulla questione dei rapporti tra Vaticano e Cina e aveva brutalmente intimato la cancellazione dell'Accordo Provvisorio firmato due anni fa sulle nomine dei vescovi: "il Vaticano non rinnovi accordo con la Cina, metterebbe in pericolo sua autorità morale". Una posizione ripetuta al Simposio organizzato appositamente la mattina del 30 settembre a Roma dall’ambasciata Usa presso la Santa Sede, prima degli incontri ufficiali in Vaticano, sul tema della “promozione e difesa della libertà religiosa attraverso la diplomazia”.
Il Segretario di Stato di Sua Santità, il Cardinale Pietro Parolin, spiegava che Pompeo aveva chiesto di incontrare il papa "ma il Papa aveva detto chiaramente che non si ricevono personalità politiche durante la campagna elettorale. D’altra parte un segretario di Stato incontra il suo omologo, appunto il segretario di Stato”. L'altro interlocutore in Vaticano dell'ospite americano era stato Monsignor Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati, che al termine del simposio all'ambasciata Usa, in conferenza stampa, alla domanda se l’atteggiamento Usa non fosse una forma di strumentalizzazione del Papa da parte di Trump rispondeva che “sì, e questa è proprio una delle ragioni per cui il Papa non incontrerà il segretario di Stato americano Mike Pompeo”. Le parti "hanno presentato le rispettive posizioni riguardo i rapporti con la Repubblica Popolare Cinese, in un clima di rispetto, disteso e cordiale", chiudeva diplomaticamente la vicenda il comunicato ufficiale del Vaticano, che poco prima aveva annunciato il rinnovo dell'accordo sui vescovi con Pechino.


7 ottobre 2020