Sull'Enciclica di papa Bergoglio
“Fratelli tutti”, impossibile finché esistono le classi e il capitalismo

 
Il 3 ottobre scorso ad Assisi, papa Bergoglio ha firmato la sua nuova Enciclica dal titolo “Fratelli Tutti”. Uno scritto ispiratogli da San Francesco d'Assisi, così come da Martin Luther King, Desmond Tutu e da Ghandi, come ben spiega nel suo penultimo punto (286), e dedicato “alla fraternità” ed all'amicizia sociale, delle quali la carità cristiana è chiamata ad essere il mezzo di “vicinanza” dei potenti con gli “ultimi”, affinché si realizzi la società in cui “tutti possano essere fratelli”.
Data l'ampiezza dei temi trattati, ci limiteremo ad affrontarne qualcuno, in particolare le grosse contraddizioni che esistono tra il percorso ideale del papa e della Chiesa e la realtà dei fatti; evidenziando ciò che Bergoglio dimentica e quello che propone, arrivando poi ad una conclusione “di classe” su quest'opera che si prefigge di dare – dopo “Laudato Si” – un nuovo indirizzo a fedeli e religiosi di tutto il mondo.
 

Le critiche del papa alla società moderna
Nelle sue numerose pagine Bergoglio descrive un quadro veritiero di precarietà della vita umana, delle difficoltà sociali ed economiche ed anche morali, sviluppando in maniera ampia molti temi importanti, fra i quali il razzismo ed il problema dell'accoglienza dei migranti riaffermando il “diritto a non migrare” senza tuttavia puntare il dito sulle cause che spingono interi popoli a lasciare i propri paesi appellandosi genericamente a “fame e guerra” (guerre che ritiene tutte ingiuste, quindi anche quelle di liberazione dall'oppressore, ma questa non è una novità per la Chiesa).
Critica la globalizzazione che “ci rende vicini ma non fratelli”, l'economia di mercato la cui crisi del 2008 non avrebbe insegnato nulla (ma poi vedremo meglio con quali paletti e caratteristiche), la guerra ed il conflitto sociale, il populismo che mette a rischio la “democrazia” e che, secondo Bergoglio, ha “degenerato il popolo” propinandogli la ricerca “dell'interesse immediato”; populismo che viene definito come un pensiero a sé, “dimenticandosi” che invece non è altro che una corrente del capitalismo e che è il capitalismo stesso ad aver imposto nei Paesi nei quali domina (oggi praticamente in tutti) proprio l'obiettivo individualista “dell'interesse immediato”. Bergoglio poi critica aprioristicamente le ideologie senza distinzione, riferendosi naturalmente a quelle politiche. Naturalmente il papa trova spazio tra le tante pagine, per attaccare nuovamente e con forza anche il diritto all'aborto.
Il pontefice argentino tocca anche altri punti fondamentali come i diritti umani che non sono per tutti, attribuendo un concetto riduttivo quasi esclusivamente personalistico ed individuale della violenza, che collega soprattutto alle pur gravi piaghe della prostituzione e della pedofilia affermando che all'origine della schiavitù ci sarebbe “la persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio (…) che viene privata della libertà, mercificata e ridotta in proprietà di qualcuno” (24).
Secondo Bergoglio i mali oscuri della società sarebbero poi le paure “ancestrali”, la solitudine e l'insicurezza, così come l'indifferenza; tutti elementi che minerebbero alla fine quella “uguaglianza” data “gratis” dalla creazione di Dio.
Il papa auspica un ordine mondiale (quale?), ma ribadisce che l'accentramento di potere non è dettato dai comuni interessi della classe dominante, ma sarebbe un derivato della mancanza di “distribuzione del potere politico, militare e tecnologico” che ne realizzerebbe la limitazione. Ma se il potere è nelle mani della borghesia, solo la borghesia potrebbe “spartirselo” - come di fatto accade – ma con ciò che cosa cambia?
Nessun cenno dunque al tipo di sistema economico vigente ed alla classe che detiene questo potere, ma solo una conferma degli intenti (ad esempio) delle Nazioni Unite a cui rivendica la bontà della Carta, soffermandosi solo sull'elemento essenziale per il buon funzionamento che sarebbe “la giustizia” senza la quale non si potrà realizzare la “fraternità universale”, sottraendola anche stavolta a qualsiasi concetto di classe e quindi privandola di contenuti (170 - 173). Una “giustizia” tout court , giusta per tutti, che semplicemente non può esistere.
 

La carità del “Buon Samaritano”
in questo quadro mondiale zeppo di problematiche sociali il papa richiama la parabola del Buon Samaritano, alla quale dedica molte pagine, per mettere in evidenza la via d'uscita esclusiva della “carità”, che dovrebbe riguardare tutti, in primis i politici. Una carità verso i “deboli ed i malconci” attraverso la quale sarebbe possibile costruire una grande famiglia (il concetto di famiglia come fulcro della società è rilanciato più volte) nella quale tutti possiamo sentirci a casa; il progetto umano del Samaritano – del caritatevole dunque – risulterebbe essere “L'unica via d'uscita” (58).
Una carità che dovrebbe animare anche i politici (186), per i quali esistono delle prescrizioni da seguire, come il “considerare prioritaria la dignità di ogni essere umano rispetto anche a qualunque sua idea, sentimento, prassi” (191), esseri umani da “amare con tenerezza” (194).
 

La pandemia e il rilancio del “Tutti sulla stessa barca”
Per amalgamare gli uni e gli altri attori della nostra società alla deriva in un'unica premessa interclassista che serva allo sviluppo dell'Enciclica, Bergoglio ricorda che proprio il Covid ci avrebbe fatto capire di essere “tutti sulla stessa barca” e che “tutti abbiamo gli stessi bisogni”; concetti più volte criticati, approfonditi e demoliti da noi marxisti-leninisti sulle colonne di questo nostro giornale.
Questo denominatore dello status e del bisogno comune a tutti rimane fondamentale per il raggiungimento dell'obiettivo ultimo del papa, cioè quello di riaffermare ancora una volta e nonostante le innumerevoli contraddizioni pratiche, il capitalismo (pur non nominandolo) quale unico sistema economico possibile, nel quale anche la chiesa stessa sguazza come un pesce nell'acqua.
Un sistema economico e sociale, fondato sullo scontro sociale fra due classi inconciliabili, che Bergoglio vorrebbe superare attraverso il “sogno di costruire tutti insieme la giustizia e la pace”, una ricetta interclassista, irrealizzabile proprio perché, come sostiene Marx,: “La storia di ogni società – quindi anche della odierna – sinora esistita, è storia di lotte di classi (…) in una parola oppressi ed oppressori sono sempre stati in contrasto fra loro, hanno sostenuto una lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese: una lotta che finì sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi in lotta ”.
Quantunque, positivamente, Bergoglio riconosca che “Il grande tema è il lavoro”, da ciò non trae nulla di più preciso, come che tipo di lavoro, a quali condizioni, per chi. Ambiguità che sottolineano ancora una volta l'approssimazione della Chiesa su questo tema che è legato a doppio filo anche alla libertà e alla “democrazia” più volte rilanciata, dal momento in cui è impossibile anche per il papa non tener conto di una grande verità che scaturisce dalla penna di Marx: “in una società in cui vi è lotta di classe, se le classi sfruttatrici hanno la libertà di sfruttare i lavoratori, i lavoratori non hanno la libertà di non subire lo sfruttamento. Se vi è democrazia per la borghesia non vi è democrazia per il proletariato e per i lavoratori. ”.
 

Bergoglio rilancia la funzione sociale della proprietà privata
“Fratelli tutti” scrive Bergoglio, ma noi diremmo che alcuni sono più “fratelli” di altri poiché le differenze sociali ed economiche continuano ad essere evidenti e centrali nel raggiungimento di una società equa e giusta per la maggioranza dell'umanità.
A questo proposito il papa non si sottrae nel dare la propria lettura all'elemento che rappresenta il perno delle disuguaglianze sociali, assieme alla questione del potere politico, ed infatti definisce un “diritto naturale ”, seppur secondario, la proprietà privata indistinta, il che vuol dire anche quella dei mezzi di produzione, questione che è alla base dei rapporti di lavoro, argomento che il pontefice non sfiora nemmeno.
Dapprima, usando le parole del papa nero Giovanni Paolo II, ribadisce che Dio ha dato la terra “a tutto il genere umano ”, poi sottolinea che la Chiesa ha sempre messo in risalto “la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata” (120), ed infine riconosce “il diritto di libertà di impresa o di mercato ”, intimandogli solo che deve essere “più umano ” e capace di “non lasciare indietro nessuno” . Più avanti rafforza ancora il concetto ribadendo il significato positivo del diritto di proprietà come “contributo al bene di tutti” (143).
Se non fosse abbastanza chiara la posizione di appoggio al sistema vigente e ai vigenti rapporti di produzione (capitalismo) al quale non contrappone nient'altro se non lo stesso sistema sia pur mitigato dalla “buona volontà”, eccolo pronto a esaltare nel punto 123 la figura degli imprenditori che chiama a essere responsabili verso i poveri, riconoscendo dunque il perdurare futuro dell'esistenza di entrambi, dei ricchi imprenditori, così come dei poveri: “L’attività degli imprenditori effettivamente «è una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti». Dio ci promuove, si aspetta da noi che sviluppiamo le capacità che ci ha dato e ha riempito l’universo di potenzialità. Nei suoi disegni ogni persona è chiamata a promuovere il proprio sviluppo, e questo comprende l’attuazione delle capacità economiche e tecnologiche per far crescere i beni e aumentare la ricchezza. Tuttavia, in ogni caso, queste capacità degli imprenditori, che sono un dono di Dio, dovrebbero essere orientate chiaramente al progresso delle altre persone e al superamento della miseria, specialmente attraverso la creazione di opportunità di lavoro diversificate. Sempre, insieme al diritto di proprietà privata, c’è il prioritario e precedente diritto della subordinazione di ogni proprietà privata alla destinazione universale dei beni della terra e, pertanto, il diritto di tutti al loro uso ”.
“Belle parole” per le orecchie dei fedeli, che però sono un cappio intorno al collo dei poveri e allo stesso stesso tempo una difesa dell'ingiusto sistema economico dominante che pure mai nomina. “Ci sono cose che devono essere cambiate con reimpostazioni di fondo e trasformazioni importanti e solo una sana politica potrebbe averne la guida (…) una economia integrata in un progetto politico, sociale, culturale e popolare che tenda al bene comune ”.
Il papa precisa che “il mercato da solo non risolve tutto ” criticando anche il neoliberismo, ma allo stesso tempo invoca “una politica economica attiva, orientata a promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale ” (167 – 168), è questa dunque la ricetta del papa per un mondo equo e giusto.
Ma come può un sistema che mette al centro il profitto, ripensare individualmente se stesso e ricentrarsi sull'essere umano? Semplicemente non può, per sua stessa natura. Il papa dunque sparge nient'altro che una illusoria speranza.
Eppure nel punto 127, Bergoglio parla di “Sognare e pensare ad un'altra umanità. È possibile desiderare un pianeta che assicuri terra, casa e lavoro a tutti ”, andando a scavare e a recuperare nelle ambizioni più profonde ogni emarginato della Terra, facendosi immaginare portavoce delle proprie speranze. Noi marxisti-leninisti non pensiamo solo a un mondo del genere, ma lottiamo per conquistarlo; ce l'abbiamo in mente, si chiama socialismo e non si ottiene con la benevolenza di borghesia e padroni che non giungerà mai, ma conquistandoselo attraverso quella lotta di classe del proletariato che il papa gesuita nei fatti nega.
 

Amore, pacificazione, perdono e amicizia sociale
Bergoglio ben conosce la situazione sociale esplosiva esistente in gran parte dei paesi del mondo e per raggiungere il suo messaggio finale di “fratellanza”, inserisce a più riprese i concetti di pacificazione, di privazione della vendetta, di amore incondizionato anche nei confronti dell'oppressore, e di perdono, tutti rivolti all'amicizia sociale: “L'amicizia sociale non esclude nessuno e la fratellanza è aperta a tutti ” (94), oppure “Per camminare verso l'amicizia sociale e la fraternità universale serve rendersi conto di quanto vale un essere umano, una persona sempre ed in qualunque circostanza ”.
Lega abilmente questi concetti a questioni squisitamente politiche: “l’amore si esprime non solo in relazioni intime e vicine, ma anche nelle macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politic i”. Che sostanzialmente significa conciliazione di classe, conciliazione fra padroni e servi, fra oppressi ed oppressori.
Bergoglio giunge ad un capolavoro di qualunquismo utile solo alla borghesia poiché è essa che detiene il potere politico e che conseguente ne dispone le regole, intimando che: “è un male il cattivo uso del potere, la corruzione, ma anche il non rispetto delle leggi ”, come se le leggi fossero anch'esse non una disposizione di classe, ma una sovrastruttura di tutti e per tutti indipendentemente dalla propria condizione sociale.
Per la Chiesa serve dunque “un patto sociale realistico e inclusivo che dev’essere anche un “patto culturale ”, che rispetti e assuma le diverse visioni del mondo, le culture e gli stili di vita che coesistono nella società. ” (219), come se padroni e proletari potessero coesistere in pace anche se gli interessi dei primi sono contrapposti a quelli dei secondi; Bergoglio risolverebbe questa invalicabile contraddizione proponendo dunque un patto che concili le aspirazioni della visione borghese con quella proletaria, le necessità dei ricchi e i bisogni dei poveri; un patto che in realtà non potrebbe essere altro che a vantaggio dei primi sui secondi poiché oggi è la borghesia che ha il potere politico ed il proletariato non ha nulla.
Su questo punto Bergoglio attacca indirettamente anche i comunisti e l'idea marxista stessa dell'inconciliabilità delle classi affermando che: “Alcuni preferiscono non parlare di riconciliazione, perché ritengono che il conflitto, la violenza e le fratture fanno parte del funzionamento normale di una società .”
Ebbene sì, noi marxisti-leninisti la pensiamo così. Sono i nostri Maestri che ce lo hanno insegnato e la pratica è li a dimostrarcelo.
 

Tutti i problemi economici nascerebbero dall'“io” dell'essere umano
In questa Enciclica Bergoglio si spinge oltre alle normali tesi religiose di fratellanza e del porgere l'altra guancia. A suo dire infatti tutti i problemi economici e politici nascono di fatto dall’“io” dell’essere umano: “La questione è la fragilità umana, la tendenza umana costante all’egoismo, che fa parte di ciò che la tradizione cristiana chiama “concupiscenza”: l’inclinazione dell’essere umano a chiudersi nell’immanenza del proprio io, del proprio gruppo, dei propri interessi meschini. Questa concupiscenza non è un difetto della nostra epoca. Esiste da che l’uomo è uomo e semplicemente si trasforma, acquisisce diverse modalità nel corso dei secoli, utilizzando gli strumenti che il momento storico mette a sua disposizione. Però è possibile dominarla con l’aiuto di Dio”. Quindi, eccoci di fronte all'ennesima copertura della vera origine dei mali sociali – che rimane per noi il capitalismo e i suoi rapporti di produzione -; ma allora ci dovremmo chiedere anche perché Dio ci avrebbe fatti con questa innata (a quanto pare) personalità egoistica? Eppure dovremmo essere stati creati “a sua immagine e somiglianza”, a immagine e somiglianza dell'infallibile e giusto onnipotente...
Noi non ci stancheremo mai di contrapporre a questa visione cattolica, conservatrice, qualunquista e borghese, quella marxista-leninista di Mao secondo il quale: “Esiste una natura umana? Certamente sì, ma solamente una natura umana concreta e non una natura umana astratta. Nella società divisa in classi esiste solo una natura umana con un carattere di classe, e non una natura umana al di sopra delle classi. Noi siamo per la natura umana del proletariato e delle grandi masse popolari, mentre i proprietari fondiari e la borghesia sono per la natura umana delle proprie classi; solo che non lo dicono e la presentano come l’unica natura umana .”
Bergoglio poi, a conferma di quanto detto in precedenza, sostiene che ci sono “versioni liberali ” che ignorano quanto sopra (l’egoismo dell’uomo) e dunque apre ad altre esperienze liberiste che evidentemente secondo lui ne tengono conto.
 

La religione strumento della “fraternità” nel mondo
Nell'ottavo capitolo, in coda ad una analisi idealista e reazionaria della società, nella quale le distorsioni e le ingiustizie pur riconosciute sono da attribuirsi all'innato egoismo umano e ad un uso improprio del potere, Bergoglio fa il suo mestiere e punta tutto sul ruolo risolutivo di Dio e della religione come medicina contro tutti i mali sociali. Il pontefice infatti afferma che le religioni sono centrali per “stabilire amicizia, pace, armonia e condividere valori ed esperienze morali e spirituali in uno spirito di verità e amore ” (271), proprio perché “la ragione, da sola, è in grado di cogliere l’uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza civica tra loro, ma non riesce a fondare la fraternità ” (272), ed in quest'ottica, probabilmente comprendendo che il nemico principale della Chiesa rimane il materialismo, ecco che precisa: “quando in nome di una ideologia si vuole estromettere Dio da una società, si finisce per adorare degli idoli, e ben presto l'uomo smarrisce se stesso, la sua dignità è calpestata, i suoi diritti violati. Voi sapete bene a quali brutalità può condurre la privazione della libertà di coscienza e religiosa (…). “; qui si attacca soprattutto il socialismo ed il comunismo, poiché fascismo, nazismo, ma anche qualsiasi forza politica attuale dal PD al M5S, a Salvini e Forza Nuova per rimanere in Italia (Trump negli Usa e così via) hanno proprio Dio e la Chiesa in “prima linea” da ostentare alle masse. L'attacco poi diventa evidente al punto 275 quando mette all'indice “l'individualismo e le filosofie materialistiche che divinizzano l'uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendenti” .
 

“Fratelli Tutti” possibile solo nel comunismo
Insomma, Bergoglio ha consapevolezza dei problemi delle masse mondiali, dello stato di indigenza di una grande fetta della popolazione mondiale schiacciata da una esigua minoranza che detiene la quasi totalità della ricchezza di tutto il pianeta, e il fatto che ricorra ripetute volte a ricordare la necessità del “perdono” la dice lunga di quanto egli tema l'esplosione su scala mondiale di proteste e lotte sociali dei popoli oppressi che rivendicano i propri diritti.
Mentre da un lato si affanna a sostenere il solito Mantra vaticano della carità e della solidarietà come impegno prioritario degli abbienti, dall'altro maschera la divisione della società in classi ed il dominio di una sull'altra, e soprattutto le responsabilità del capitalismo e dell'imperialismo che hanno aumentato il divario fra i poveri sempre più poveri ed i ricchi sempre più ricchi. Finisce così per sostenere il capitalismo stesso col solo limite di volerlo più “umano”, caritatevole (appunto) e solidale, ma mai mettendo in discussione la questione del potere politico della borghesia dominante.
Anche concetti che paiono universali nell'opinione pubblica borghese, in realtà non lo sono e non posso essere trattati con una lettura interclassista come vorrebbe il papa; l'amore ad esempio, secondo Mao: non esiste senza cause, così come non esiste odio senza cause. Quanto al cosiddetto “amore per l'umanità”, da quando l'umanità è divisa in classi non è mai esistito un amore come questo. (…) Un vero amore per l'umanità sarà possibile soltanto quanto le classi saranno state eliminate in tutto il mondo .
Per capire l'illusione del messaggio papale, è sufficiente soffermarsi sulla sua declinazione ampiamente esposta della proprietà privata, confrontandola con un passaggio de Il Manifesto del Partito Comunista dove Marx ed Engels spiegano bene il ruolo e la funzione storica, buona per tutte le epoche, di questa forma di proprietà, e del perché essa rappresenta il fattore principale delle disuguaglianze economiche e sociali che Bergoglio stesso vorrebbe combattere, tenendola però in piedi con eccezione addirittura positiva: “Voi inorridite perché noi vogliamo eliminare la proprietà privata. Ma nella vostra società esistente la proprietà privata è abolita per i nove decimi dei suoi membri; anzi, essa esiste proprio in quanto non esiste per quei nove decimi. Voi ci rimproverate dunque di voler abolire una proprietà che ha per condizione necessaria la mancanza di proprietà per la stragrande maggioranza della società.(...) Il comunismo non toglie a nessuno il potere di appropriarsi dei prodotti sociali; toglie soltanto il potere di soggiogare il lavoro altrui mediante questa appropriazione. È stato obiettato che, con la soppressione della proprietà privata, cesserà ogni attività e si diffonderà una pigrizia generale. Se così fosse, la società borghese sarebbe da parecchio tempo andata in rovina a causa dell'indolenza, dal momento che in essa chi lavora non guadagna e chi guadagna non lavora ".
Fratelli – o meglio compagni – tutti, è dunque una condizione realizzabile solo nel comunismo, e neppure nel socialismo in quanto che e fintanto che esistono le classi e la divisione in classi anche se il proletariato sarà divenuto classe dominante proprio attraverso quella lotta di classe, che lo stesso Bergoglio nega, adornandola di interclassismo e di perdono, e attraverso la rivoluzione socialista che non sarà “una cena di gala” o una gentile concessione della borghesia.
Le parole di Lenin confermano lo stallo della Chiesa, e con esse è possibile identificare anche stavolta come al tempo nel quale furono scritte, la funzione reazionaria svolta storicamente dalla religione nella società: “La religione predica l'umiltà e la rassegnazione nella vita terrena a coloro che trascorrono tutta l'esistenza nel lavoro e nella miseria, consolandoli con la speranza di una ricompensa celeste (…) Invece, a coloro che vivono del lavoro altrui la religione insegna la carità in questo mondo, offrendo così una facile giustificazione alla loro esistenza di sfruttatori .

21 ottobre 2020