Bolivia
I socialdemocratici del Mas vincono le elezioni

 
Alle elezioni generali del 18 ottobre in Bolivia per le cariche di Presidente e vicepresidente e dei 130 membri dell'Assemblea Legislativa Plurinazionale la vittoria è andata ai socialdemocratici del Movimento al Socialismo – Strumento Politico per la Sovranità dei Popoli (MAS-IPSP) che ha conquistato con Luis Arce e David Choquehuanca le due maggiori cariche istituzionali. Dai risultati non ancora definitivi risulta che Arce ha ottenuto il 54,5% dei voti validi, contro il 29,3% del suo principale sfidante, Carlos Mesa, di Comunità Cittadina e di altre formazioni della destra che coalizzate per iniziativa degli sponsor Usa speravano di sconfiggere il candidato del MAS e appoggiato da sindacati e altre formazioni della "sinistra" borghese boliviana.
Una vittoria elettorale più ampia di quella registrata un anno fa, il 20 ottobre 2019, quando il presidente Evo Morales si era ricandidato per un quarto mandato consecutivo, costringendo la Corte suprema a legalizzare la sua ricandidatura in violazione della Costituzione che tre anni prima non aveva potuto modificare per la sonora bocciatura ricevuta nell'apposito referendum popolare. Nonostante la forzatura istituzionale e una perdita di consensi tra il suo elettorato contadino e indio, le cui speranze di cambiamento erano andate deluse, Morales aveva vinto col 47% dei voti validi e staccato di oltre 10 punti percentuali il candidato della destra, sempre Carlos Mesa, guadagnandosi l'elezione diretta alla presidenza. Una elezione contestata dalla destra che con la protezione dell'imperialismo americano accusò falsamente Morales di brogli e riuscì a organizzare una rivolta di piazza, un golpe facilitato dall'ammutinamento di polizia e esercito.
Le organizzazioni sindacali e dei contadini mobilitarono migliaia di aderenti per difendere l'esito del voto ma non erano neanche minimamente state preparate a fronteggiare un tentativo golpista, nei quasi 14 anni di governo il presidente Morales non ha mai cercato di prevenire i golpisti mettendo in guardia il popolo, addestrandolo e armandolo per essere pronto a sconfiggerli con l'insurrezione. Il 10 novembre Morales fuggiva all'estero, segnava un altro esempio della fallimentare teoria del "socialismo del XXI secolo" e lasciava campo libero alla destra. Il 12 novembre l'esponente della destra e vicepresidente del senato Jeanine Anez si autoproclamava presidente ad interim in attesa di convocare nuove elezioni promesse a gennaio 2020. E avviava una feroce repressione di dirigenti e militanti del MAS, dei sindacati, delle organizzazioni contadine e indio.
Il nuovo presidente Luis Arce pur definendosi continuatore della politica socialdemoratica della gestione Morales non si è presentato come un erede del predecessore e non ha seguito le sue indicazioni per la definizione dei candidati, a partire dal vicepresidente. Dopo la vittoria elettorale ha dichiarato la sua disponibilità a "perdonare" e a non "vendicarsi" di coloro che hanno perseguito il MAS ignorando le richieste di giustizia dei suoi sostenitori. Non ha evidentemente imparato la lezione.
 

28 ottobre 2020