Iniziative in tutta Italia
Sciopero dei rider
Per i diritti e per rigettare il contratto truffa firmato da ugl

La lotta dei rider non si ferma e il 30 ottobre è stata organizzata una nuova protesta per rivendicare i propri diritti. Oramai è chiaro, i ciclofattorini non sono più disponibili a subire condizioni di lavoro umilianti per pochi spiccioli, costretti a pagarsi il mezzo (in genere la bicicletta) e le riparazioni, senza ferie e malattia. Dietro questo supersfruttamento i gruppi come Glovo, Uber Eats, Deliveroo e Just Eat, proprietarie delle piattaforme che gestiscono le consegne del cibo a domicilio che realizzano profitti miliardari.
Le iniziative sono state promosse in 16 città. Nelle piazze di Torino, Firenze e Catania lo sciopero e le manifestazioni sono partite alle 11, a Milano, Roma e Napoli alle 16,30, in serata a Bologna, Perugia, Bari e Palermo. Per la prima volta le sigle autorganizzate e i sindacati confederali insieme, uniti dall’opposizione al contratto firmato lo scorso 17 settembre mentre era in corso una trattativa al ministero del Lavoro. Il sindacato fascista Ugl invece non solo si è opposto alla mobilitazione, ma ha fatto opera di crumiraggio: lanciato su Twitter l'hastag #IoNonSciopero.
Con grande faccia tosta l'UGL, che oltretutto rappresenta solo una minima parte di ciclofattorini, ha affermato: “Tra i lavoratori c’è soddisfazione per l’accordo raggiunto. I rider mantengono l’autonomia necessaria per svolgere al meglio il lavoro, è un’ottima base di partenza per tutelare e dare nuovi diritti ai lavoratori del settore”. Si vanta perfino di aver strappato la cifra minima di 10 euro l'ora ma non dice che i tempi morti, ma in cui il lavoratore deve restare a disposizione, non sono remunerati, per cui si tratta di un cottimo e la paga scende di molto.
Un accordo capestro che va contro la legge 128/2019, che imponeva la discussione e la firma di un contratto per i rider entro l'inizio di novembre 2020. Una legge che, seppur incompleta e insoddisfacente, nasceva per regolarizzare i lavoratori del settore food delivery come lavoratori dipendenti. Indirizzo confermato da una sentenza della Corte di Cassazione che a gennaio di quest'anno ha stabilito che i rider non vanno considerati lavoratori autonomi, ma dipendenti delle aziende a tutti gli effetti.
La mobilitazione ha avuto anche il sostegno della Federconsumatori, che assieme ai rider ha lanciato lo stesso giorno dello sciopero il boicottaggio delle ordinazioni, ricordando come questi lavoratori sono stati essenziali nel periodo del lockdown, e lo saranno ancora visto le chiusure anticipate di bar e ristoranti, il coprifuoco ed eventuali blocchi totali che si profilano all'orizzonte. “Qualcuno ci ha definiti eroi, ma noi siamo precari che lavorano per tre euro a consegna e senza malattia”, dice Tommaso Falchi di “Riders per i diritti”.
L'associazione padronale Assodelivery continua a difendere il contratto pirata firmato con Ugl e in alcuni casi, come Uber Eats, è arrivata a minacciare i rider di licenziamento se non lo avessero accettato. Molti lavoratori e le loro organizzazioni hanno presentato denunce per estorsione. La posizione è chiara: “Tutti i recessi sono illegittimi e ogni lavoratore può in ogni momento impugnare il contratto, sia che abbia deciso di firmare perché deve lavorare sia che non lo faccia e venga licenziato: in questo caso ha 60 giorni di tempo” spiega Deliverance Milano.
Una battaglia legale da sostenere anche se l'arma più efficace rimane la lotta di piazza e lo sciopero, che i rider mettono in pratica con sempre maggiore frequenza, e che lentamente, ma inesorabilmente, sta dando i sui frutti.

4 novembre 2020