Per “fronteggiare l'innalzamento del livello della tensione nel Mediterraneo Orientale, area strategica per gli interessi nazionali”
Alla riunione del Consiglio supremo di Difesa Esercito e Marina chiedono più uomini e donne
Confermato che “la Nato e la Unione europea restano i pilastri della politica di sicurezza e difesa nazionale”

 
La riunione al palazzo del Quirinale del Consiglio supremo di Difesa dello scorso 27 ottobre, presieduto dal presidente della repubblica Sergio Mattarella, ha fatto il "punto di situazione sulle principali aree di instabilità e sulla presenza delle Forze Armate nei diversi Teatri Operativi", recita lo stringato e reticente comunicato finale che comunque riconferma la volontà dell'imperialismo italiano di mantenere una presenza militare al miglior livello possibile e l'aumento del numero degli effettivi nelle situazioni di guerre e di crisi dove è riuscito a sventolare il tricolore. Con una attenzione crescente al Mediterraneo orientale teatro di recenti sfide per l'egemonia locale dei galletti imperialisti e dove l'imperialismo italiano deve rincorrere le iniziative di quello europeo, guidate dall'imperialismo francese, contro l'attivismo della Turchia: il Consiglio si dice preoccupato per l'aumento della tensione in quell'area mediterranea ma non si mette alla finestra a guardare e non potendo muoversi da solo chiede un'azione coordinata per garantire la stabilità, leggi il controllo, di un’area che è definita senza mezze parole "strategica per gli interessi nazionali", per gli interessi dell'imperialismo italiano.
L'attivismo militare e diplomatico del fascista turco Erdogan, che dopo la Siria si è allargato al Mediterraneo orientale e alla Libia dove Ankara ha sostituito l'Italia nella protezione del governo di Tripoli, ha acuito le contraddizioni interimperialiste fra gli alleati nell'Alleanza atlantica, e la prima riunione in presenza del Consiglio supremo di Difesa del 2020 sembra quasi richiamare all'ordine la Nato ricordandole che costituisce un punto di riferimento per i paesi membri. Anzi per l'Italia "la Nato e l’Unione Europea restano i pilastri della politica di sicurezza e difesa nazionale", ribadisce il Consiglio e ripete che l’Italia è impegnata "con convinzione nel preservare e rinnovare la valenza delle due Istituzioni", che sarebbero fondamentali per la pace e la prosperità dei popoli; ossia per l'esatto opposto a partire proprio dagli interventi militari dell'imperialismo italiano all'estero dall'Afganistan, ai Balcani, al Sahel che il Consiglio riconferma. Come riconferma l'impegno a combattere il "terrorismo transnazionale", non certo ritirando i contingenti dalle guerre locali ma con l'impiego sempre più massiccio dei militari nelle strade per i controlli anti-terrorismo.
Serve quindi uno strumento militare sempre più moderno, attrezzato con nuovi armamenti, magari forniti dall'industria nazionale e servono più uomini e donne, più soldati e marinai. Il Consiglio decide di rivedere il programma di riduzione dei militari attivi, lo chiama "una verifica" della legge 244 del 2012 varata in piena austerità dall'allora governo Monti di fronte a un bilancio statale vicino alla bancarotta e che prevedeva un taglio di circa il 20% degli effettivi entro il 2024. Il "contesto di riferimento" sarebbe mutato e occorre modificare quella decisione, afferma il Consiglio che ovviamente non si riferisce alla questione dei finanziamenti disponibili in un bilancio sempre più in rosso anche a causa degli effetti della pandemia; i soldi mancano solo per i lavoratori e le masse popolari, non per i capitalisti e per lo strumento militare che deve difendere gli interessi della borghesia negli scenari di crisi e di guerra che si aggravano o si aprono anche alle porte di casa, nel Mediterraneo.
Attualmente gli effettivi sono poco più di 160 mila, senza contare gli oltre 100 mila carabinieri e i 28 mila del personale civile alle dipendenze della Difesa, e secondo la legge del 2012 dovrebbero scendere a circa 90 mila entro il 2024. I vertici militari di Esercito e Marina hanno chiesto uno stop ai tagli e alcune migliaia di soldati e marinai in più, una richiesta che sarà esaudita. D'altra parte già l’ultimo bilancio della Difesa, che non soffre per la pandemia, prevede un aumento della spesa di quasi il 10%, senza contare la parte assegnata in carico al ministero dello Sviluppo economico per strumenti comprare moderni sistemi d'arma fra i quali quelli di attacco come gli F-35 e i sottomarini. E senza contare la corsa di Aviazione, Marina e Esercito per conquistarsi una fetta consistente dei finanziamenti che arriveranno dai prestiti e contributi dell'Unione europea.
Soldi, armi e altri uomini sono necessari alla Marina, ricordava nel corso dell’audizione tenutasi il giorno dopo, il 28 ottobre, davanti alla Commissione Difesa della Camera il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, l'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, che oltre a quello della Garibaldi ha a disposizione il secondo gruppo navale incentrato sulla portaerei Cavour recentemente ammodernata per l’impiego dei velivoli di quinta generazione a decollo corto ed atterraggio verticale F-35B. Siamo impegnati nelle vecchie missioni dall'Oceano indiano all'Africa e nelle nuove nel Mediterraneo orientale, dichiarava l'ammiraglio, dove sono sempre più presenti la Russia e la Turchia che ha acceso le dispute sugli spazi marittimi, intanto per sfruttare le risorse marine, i giacimenti di gas e petrolio. Nel settore orientale del Mediterraneo la Marina è intervenuta insieme ad altre "per contribuire a disinnescare situazioni sempre più difficili", generate da "una sempre più marcata territorializzazione degli spazi marittimi”, sottolineava l'ammiraglio che sosteneva il varo "dell'importante disegno di legge (AC 2313) che riguarda l’istituzione, nell’ordinamento italiano, di una Zona Economica Esclusiva che, qualora stabilita, andrebbe opportunamente protetta, imponendo una riflessione sulle strategie e modalità di utilizzo degli assetti nazionali adatti allo scopo”. Ossia, alla tutela degli spazi marittimi, nazionali e non solo, ci pensa la Marina ma servono strumenti militari adeguati che non sono fini a se stessi ma servono anche "per stabilire il rango internazionale della nazione”.
L'avvio di un nuovo ampio piano di potenziamento dello strumento militare nazionale era sollecitato anche dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, il Generale Enzo Vecciarelli, nel corso dell’Audizione in Commissione Difesa della Camera del 3 novembre. Il generale, oltre agli argomenti trattati nel Consiglio supremo di Difesa di cui fa parte, si è soffermato su quelle che definiva alcune criticità, dall'inadeguatezza dei mezzi e dei sistemi a disposizione già nel caso di "scenari militari a bassa intensità", leggi scontri a fuoco limitati come quelli già registrati nelle diverse "missioni di pace", all’assenza di una difesa dalla minaccia di missili balistici e ipersonici. Senza "uno strumento militare rilevante" non possiamo rispondere alle "dinamiche competitive con attori statuali e non" nelle aree di nostra tradizionale competenza, sosteneva il generale Vecciarelli, secondo il quale le Forze Armate non possono assolvere appieno il compito di "difesa del Paese e delle Istituzioni, oltre che a salvaguardare interessi irrinunciabili della nazione", ossia difendere gli interessi della borghesia nazionale in casa e fuori.
Insomma il governo Conte continua a garantire tutto per il riarmo dell'imperialismo italiano e niente o solo briciole per la salute della popolazione e per i lavoratori e le masse popolari massacrati e ridotti alla fame dall'epidemia di un virus che né governo centrale né governi regionali e comunali hanno voluto e saputo fronteggiare adeguatamente.

11 novembre 2020