Smacco per l'imperialismo americano
Il socialimperialismo cinese rafforza la sua influenza in Asia e Oceania
Pechino stipula il più grande accordo della storia del commercio mondiale

 
Lo scorso 15 novembre, al termine del vertice in teleconferenza dell'Asean di Hanoi, i leader dei dieci paesi dell'associazione del sudest asiatico hanno firmato assieme a quelli di Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda un trattato commerciale che una volta in vigore, tra un paio di anni previsti per le ratifiche, darà vita alla più grande area di libero scambio del mondo. Si chiama Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep) e riguarda commercio, servizi e investimenti, stabilisce regole per la concorrenza e semplifica procedure doganali ma ha una portata tutt'altro che regionale: è il più grande accordo della storia del commercio mondiale che mette assieme paesi che rappresentano quasi un terzo dell'economia e della popolazione mondiale. Avrebbe potuto essere ancora più grande se nella fase finale delle trattative non si fosse sfilato l'altro emergente gigante economico asiatico, l'India, che però potrebbe rientrare in futuro. Mette insieme per la prima volta le rivali Cina e Giappone, la seconda e la terza economia mondiale dietro gli Usa, e ai due paesi si unisce la Corea del Sud che sono rispettivamente la prima, la terza e la quinta potenza manifatturiera del mondo. Questa alleanza commerciale ha quindi un evidente peso politico, a partire dal fatto che è stata voluta e costruita dalla Cina in otto anni di negoziati e non comprende la principale rivale, gli Usa, che pure aveva dato il via a una iniziativa simile pensando di usarla in chiave anticinese. Rappresenta in altre parole uno strumento col quale il socialimperialismo cinese blinda la sua influenza in Asia e Oceania e contemporaneamente uno smacco per l'imperialismo americano.
I lavori per arrivare all'intesa commerciale erano partiti dopo il vertice Asean di Bali del 2011 tra i dieci membri dell'associazione (Indonesia, Filippine, Malesia, Singapore, Tailandia, Brunei, Laos, Myanmar, Vietnam e Cambogia) e l'altro gruppo dei firmatari di cui inizialmente faceva parte anche l'India e si erano conclusi il 5 novembre 2019 con l'elaborazione del testo definitivo nel corso del 3° summit per la Rcep di Bangkok, a margine di un altro vertice Asean, e con la firma virtuale del 15 novembre scorso a Hanoi. I paesi membri della Rcep hanno rielaborato tutta la serie di accordi commerciali bilaterali o multilaterali che li legano per adeguarli alle regole dell'accordo di libero scambio che vanno dal commercio di beni agli investimenti, al commercio elettronico, alla proprietà intellettuale e agli appalti pubblici e che prevedono tra le altre nell’arco di dieci anni, la riduzione dei dazi doganali.
Il ministero delle Finanze cinese sottolineava: "Per la prima volta Cina e Giappone hanno raggiunto un accordo bilaterale di riduzione delle tariffe, raggiungendo una svolta storica”. Secondo il premier cinese Li Keqiang la conclusione dell'accordo "non è solo un traguardo storico della cooperazione regionale nell'Asia orientale, ma anche una vittoria per il multilateralismo e il libero scambio", contro le guerre commerciali e il protezionismo degli Usa di Trump. Ma la serie di regole negli accordi fra paesi capitalisti, pur presentate come reciprocamente vantaggiose, favoriscono sempre l'economia più forte, nella Rcep quella del socialimperialismo cinese.
D'altra parte è contro l'espansione della potenza commerciale cinese e l'innegabile leadership economica regionale e mondiale di Pechino che è maturato il ritiro dell'India, annunciato a Bangkok alla fine dello scorso anno, perché, si diceva a Nuova Delhi, temevano un aumento del deficit commerciale con la Cina. Nei mesi successivi lo scontro tra i due colossi imperialisti diventerà palese con le schermaglie tra gli eserciti sul confine conteso sull’Himalaya durante l'estate e la firma, giusto un mese fa, del terzo accordo militare negli ultimi due anni tra Washington e Delhi che rappresenta il consolidamento di una cooperazione militare fra i due paesi in funzione anticinese.
Mentre l’India decideva di sospendere momentaneamente l’adesione alla Rcep, il Giappone arrivava fino alla firma ma per non cadere in un abbraccio che potrebbe diventare soffocante con la più potente Cina si cautelava rilanciando un'altra alleanza commerciale regionale dove è il paese con l'economia più forte, il Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (Cptpp), l’accordo di libero scambio firmato nel 2018 da Giappone, Australia, Brunei, Canada, Cile, Malaysia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam. Lo annunciava il 20 novembre il nuovo premier giapponese Yoshihide Suga in un messaggio videoregistrato e con l'invito a aderire a chi aveva già manifestato interesse, ossia Cina, Gran Bretagna, Corea del Sud. E Taiwan il cui ingresso però bloccherebbe quello di Pechino. Ne sono fuori anche gli Usa che sotto la presidenza Biden potrebbero rientrare in una alleanza commerciale nata sugli sviluppi dell'iniziativa della Trans-Pacific Partnership (Tpp), l’accordo di libero scambio voluto dall’ex presidente americano Barack Obama e costruito dal suo vice oggi presidente.
La strategia di contenimento della concorrente imperialista cinese dell'amministrazione Obama aveva nella Tpp uno degli strumenti economici principali e univa 12 paesi in una sorta di cordone commerciale attorno alla Cina; riprendendo il filo di negoziati avviati già sotto la precedente amministrazione di George Bush, quella di Obama li chiudeva con la firma dell'accordo di partenariato il 4 febbraio 2016 a Auckland, in Nuova Zelanda. Ma l'intesa non arrivava alla ratifica di tutti i paesi firmatari perché il percorso era interrotto da Trump che il 23 gennaio 2017, tre giorni dopo il suo arrivo alla Casa Bianca, ritirava l'adesione degli Usa dal trattato con uno dei suoi primi atti ufficiali. E apriva la strategia di rivedere i trattati multilaterali per rinegoziarli a favore degli Usa magari a colpi di guerre commerciali, anzitutto verso la Cina. Gli altri 11 paesi firmatari del Tpp riprendevano i negoziati e definivano l'intesa firmata l'8 marzo 2018 a Santiago del Cile della Cptpp, rilanciata adesso dal Giappone per controbilanciare la Rcep. Dai negoziati commerciali nella regione Asia-Pacifico pilotati dagli Usa sotto l'amministrazione Obama erano rimasti fuori alcuni paesi del sudest asiatico, partner nell'Asean, dall'Indonesia alle Filippine alla Tailandia, e a margine di questa associazione si è sviluppato il lavoro dietro le quinte della Cina per ribaltare lo scenario dipinto dall'imperialismo americano e promuovere una alleanza commerciale in Asia sotto la sua egida.
Pechino stipula il più grande accordo della storia del commercio mondiale e costruisce un blocco che contiene paesi tradizionalmente alleati della concorrente Washington e che può usare a sostegno del suo progetto egemonico della nuova Via della Seta e della contesa con gli Usa per la leadership mondiale.
Il socialimperialismo cinese incassa un risultato importante e in attesa che la Rcep produca i risultati sperati può mostrare intanto una vitalità che spicca ancora di più se la si confronta alla situazione di stallo dei principali concorrenti, alle prese con la difficile transizione conseguente al perdurante duello presidenziale Trump-Biden, gli Usa, e alla paralisi e alle liti sul bilancio per fronteggiare la pandemia e l'imminente Brexit, la Ue.

25 novembre 2020