Riflessioni di Federico Giusti
Inadeguata e insufficiente la manovra di Bilancio del governo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo in estratti un intervento di Federico Giusti, delegato Rsu e Rls al Comune di Pisa e attivo nel collettivo de “La città futura” oltre che nella redazione di “Lotta Continua” .
 
La manovra di Bilancio, appena presentata dal governo Conte, destinata al dibattito parlamentare, non affronta i nodi salienti, non procede con la stabilizzazione dei lavoratori precari, non prevede le assunzioni nella PA in numeri adeguati alle necessità di servizi che in pochi anni hanno perso 500 mila organici. Poi si chiude la porta a una legge patrimoniale evitando così di tassare le grandi ricchezze da cui riceveremmo i soldi necessari per rafforzare stato sociale, sanità e istruzione pubblica ponendo fine alle disuguaglianze sempre più accentuate con la riduzione delle tasse neo liberista.
La patrimoniale non può essere barattata con ulteriori detrazioni per il lavoro dipendente (magari a prescindere dai redditi mettendo sullo stesso piano Cud inferiori a 25 mila euro con denunce di reddito 4 volte tanto), il problema non è solo quello di far pagare meno tasse a chi lavora e percepisce redditi inferiori a 40 mila euro, si tratta di far pagare le tasse in maniera crescente e proporzionale ai redditi in particolare i grandi capitali, le aziende che hanno delocalizzato produzioni e imprese pur continuando a ricevere ammortizzatori sociali e finanziamenti a fondo perduto. La scelta del governo è invece quella classica, e improduttiva, far pagare meno tasse alle imprese legando la detassazione alle assunzioni di giovani e donne.
Il governo Conte sceglie la via liberista della riduzione di tasse sperando che questa decisione spinga le aziende ad assumere o a non licenziare (ma allo stesso tempo ha accolto la richiesta confindustriale di ripristinare i licenziamenti collettivi a inizio primavera). Sarebbe sufficiente estendere a tutto il 2021 il divieto dei licenziamenti collettivi e ricostruire un sistema fiscale con un maggior numero di aliquote, avremmo un gettito fiscale maggiore di oggi da investire per lavoro e Welfare. Al contrario la Legge di Bilancio pare costruita sulla riduzione delle tassazioni lasciando dormire sonni tranquilli al capitale grande e speculativo.
La manovra dedica ampio spazio ai fondi di impresa (giovanile, femminile...) ma ben poca ai lavoratori e alle lavoratrici, al recupero del potere di acquisto perduto e a un Welfare che preveda tutele reali per tutti i soggetti colpiti dalla crisi. Le stesse filiere agricole o della pesca poi devono fare i conti con normative europee complicate e tali da creare sovente ostacoli che l'attuale governo non intende rimuovere mettendo in discussione le regole vigenti.
Le strutture pubbliche da anni lavorano non per brevetti pubblici e gratuiti specie in ambito sanitario, si opera in funzione delle aziende private ovviamente con soldi pubblici, il caso dei vaccini contro il Covid (rinviamo alla trasmissione Report) è eloquente.
La situazione nel Meridione è particolarmente grave, l'autonomia differenziata continua a essere tra gli obiettivi del governo quando è a tutti chiaro che potrebbe dequalificare ulteriormente i servizi sanitari ed educativi creando sempre maggiori disuguaglianze tra le Regioni. Negli ultimi 30 anni le differenze tra Nord e Sud si sono acuite e da qui al ritorno alle gabbie salariali, come invocato da Confindustria, corre poco.
Si annuncia la riforma degli ammortizzatori sociali guardando ai dettami della Ue e non invece alle reali necessità di un tessuto produttivo sempre più in crisi. È evidente che il sistema degli ammortizzatori abbia palesato innumerevoli limiti e contraddizioni (vedete la differenza tra fis e cassa integrazione) ma la Legge di Bilancio non dice esplicitamente in quale direzione intenda muoversi, se riformare in base ai dettami dell'austerità (riducendo le pensioni a esempio per favorire le giovani generazioni) oppure scegliendo strade percorribili ma destinate ad aprire conflitti con le associazioni datoriali che poi sono tra le responsabili della attuale situazione.
E invece di misure reali a sostegno della famiglia (qualunque essa sia) se la cavano con il bonus natalità, invece di costruire interventi stabili e duraturi si persevera nella politica individuale dei bonus.
E il reddito di cittadinanza resta senza per altro guardare alle criticità legate alla gestione di una legge che non ha saputo creare occupazione con quel sistema di orientamento del lavoro un tempo gestito dalle province e da anni in stato di abbandono anche per la presenza degli appalti al ribasso ai quali vengono assegnati innumerevoli servizi nella PA.
Pochi sono i fondi destinati alla ricerca, alla scuola e alla sanità ma anche al rinnovo dei contratti pubblici.
Qualcosa verrà fatto per compensare i mancati introiti derivanti dalla pandemia per teatri, cinema e spettacoli, da qui a rivedere l'intero sistema di finanziamento statale della cultura di cui abbiamo fortemente bisogno insieme a percorsi di stabilizzazione della forza lavoro precaria che rappresenta in questi settori una percentuale maggioritaria senza contare su misure di sostegno come il reddito di continuità o contratti tipo gli intermittenti in Francia.
Nessuna riduzione delle spese militari che rappresentano un capitolo di spesa rilevante vista la richiesta della Nato di raggiungere in breve tempo il 2% del Pil.
Chiudiamo sul rinnovo dei contratti nella PA, gli enti locali per i contratti della sanità e degli enti locali dovranno mettere sul piatto quasi 3 miliardi di euro, una cifra esorbitante se pensiamo che nell'arco di un decennio i fondi statali si sono ridotti anno dopo anno. E il rischio è di mettere in contrapposizione rinnovi contrattuali e percorsi di stabilizzazione dei precari, rafforzamento della Pubblica amministrazione con reinternalizzazione dei servizi esternalizzati attraverso appalti al ribasso. Di questo, come del resto di una quattordicesima, non si parla nella Piattaforma sindacale dei concertativi Cgil, Cisl e Uil commettendo un imperdonabile errore che spiana per altro la strada alla ennesima, e peggiorativa, riforma della contrattazione che ridurrà ulteriormente gli spazi di democrazia nei luoghi di lavoro.

2 dicembre 2020