Sulla base del rapporto “Nato 2030: united for a new era” discusso dai ministri degli Esteri
La Nato imperialista si aggiorna per fronteggiare l'imperialismo russo e il socialimperialismo cinese
Incoraggiato lo sviluppo della difesa dell'Ue complementare all'Alleanza atlantica. Sarà rafforzato l'Hub per il sud al comando di Napoli

 
Nella conferenza stampa online dell'1 dicembre, al termine della riunione dei ministri degli Esteri dei 30 paesi membri, il Segretario generale della Nato, il socialdemocratico norvegese Jens Stoltenberg, metteva tra le altre in evidenza l'importanza della discussione sul rafforzamento dell'alleanza militare imperialista e il suo sviluppo anche come alleanza politica, magari per rispondere più rapidamente alle sfide dei concorrenti del gruppo omogeneo di paesi capitalisti che la compongono senza dover passare per quello che è oramai il teatrino dell'Onu. Rafforzamento militare e sviluppo del ruolo politico dell'Alleanza sono i due punti decisi dal vertice di Londra del dicembre 2019, ripresi dal vertice dei ministri della Difesa del giugno scorso e al centro del progetto chiamato Nato 2030 perché ritenuti indispensabili per compattare lo schieramento guidato dall'imperialismo americano, non dare troppo spazio autonomo alla Ue e per fronteggiare i due principali concorrenti, l'imperialismo russo e il socialimperialismo cinese. E sono le linee guida del rapporto “Nato 2030: united for a new era”, uniti per una nuova era, consegnato una settimana prima dell'incontro dei ministri degli Esteri dal gruppo di dieci esperti nominato il 31 marzo scorso.
Il gruppo guidato da due co-presidenti, il democristiano tedesco Thomas de Maizière e il trumpiano ex vice segretario di Stato americano Wess Mitchell, era composto tra gli altri dal socialista francese Hubert Védrine e dall'italiana Marta Dassù, consigliera per la politica estera del presidente del Consiglio durante i governi D'Alema e sottosegretaria e viceministro degli Esteri nei governi Monti e Letta.
Gongolava il segretario Stoltenberg mentre evidenziava che il rapporto "afferma chiaramente che la Nato è l'alleanza di maggior successo nella storia e che questa Alleanza è indispensabile" e annunciava che avrebbe presentato le sue raccomandazioni per l'aggiornamento del ruolo della Nato al vertice dei capi di Stato e di governo del prossimo anno a Bruxelles.
Le 138 raccomandazioni specifiche contenute nel rapporto erano sintetizzate in un intervento della Dassù su la Repubblica dell'1 dicembre dove il membro italiano del Gruppo di riflessione indipendente metteva in evidenza il coraggio dell'alleanza politico-militare nel discutere in modo pubblico del proprio futuro, dopo le critiche di Emmanuel Macron al vertice di Londra sulla "morte celebrale" della Nato, e per rispondere alla domanda "se la Nato funziona bene come alleanza militare, come si può rafforzarla anche sul piano politico?".
In sintesi, spiegava la Dassù, la Nato è un'alleanza regionale che deve acquisire un'ottica globale, pena la sua marginalizzazione. L'attuale concetto strategico della Nato definito nel 2010, che raccomandava di coltivare un partenariato strategico con la Russia e non menzionava la Cina, è superato e deve essere aggiornato per tenere conto della sempre più attiva Russia anche nella regione mediterranea e della sfida sistemica della Cina. Un aggiornamento che, come sostiene il Rapporto, mantiene ben saldi "gli ingredienti di base" della missione della Nato, ossia "forza militare e solidarietà politica" tra i partner perché "né l'Europa né il Nord America, con tutta la loro forza, sono abbastanza potenti da gestire da sole" i compiti della "tradizionale missione geografica e funzionale della Nato" e le nuove minacce di "attori esterni, e in particolare Russia e Cina" capaci di "sfruttare le differenze all'interno dell'Alleanza" e che si estendono "anche ai settori cyber, tecnologico e strategico-commerciale". La Cina, che dal vertice di Londra del 2019 è entrata ufficialmente come avversaria nell'agenda Nato, anche se "attualmente non rappresenta una minaccia militare diretta per l'area euro-atlantica", ha "un'agenda strategica sempre più globale (..) sostenuta dal suo peso economico e militare", usa "la coercizione economica e la diplomazia intimidatoria ben oltre la regione indo-pacifca" e "a lungo termine è sempre più probabile che proietti la sua potenza militare a livello globale, anche potenzialmente nell'area euro-atlantica". Questa sfida deve essere affrontata intanto tra le altre con una partnership rafforzata della Nato con i Paesi del Pacifico, dal Giappone alla Corea del Sud, all'Australia e se possibile all'India.
Fra gli altri temi si evidenzia la necessità di consolidare i legami istituzionali fra Ue e Alleanza atlantica anche per la gestione dello sviluppo di una difesa europea che non sia concorrente ma complementare alla Nato; del rafforzamento della coesione interna all'Alleanza che deve anche essere capace se non di prevenire, almeno di risolvere le contraddizioni interne, un tema di scottante attualità, vedi lo scontro tra Grecia e Turchia nel Mar Egeo. Nella sintesi della Dassù non mancava un riferimento al ruolo importante dell'Italia nell'alleanza militare imperialista laddove evidenziava che il Rapporto propone di rafforzare l'Hub per il Sud al Comando di Napoli.
L'ex vice segretario di Stato Usa Wess Mitchell in una parallela intervista al quotidiano atlantista Repubblica diretto da Molinari dichiarava che "Russia e Cina sono aggressive, assistiamo al ritorno di rivali sistemici e di una competizione geopolitica che non sperimentavamo più da 30 anni. È un trend che abbiamo visto con l'invasione della Georgia e dell'Ucraina da parte della Russia e che ora si intensifica con l'insorgere della Cina, che rappresenta la sfida maggiore: mentre Mosca è un attore militare, Pechino è aggressiva su commercio e disinformazione e mette in discussione la superiorità tecnologica dell'Occidente. La Nato deve avere l'abilità di fronteggiare simultaneamente due grandi potenze aggressive". E essere in grado di reggere la sfida militare con la Russia e con la Cina. E l'Europa, come conclude il rapporto, deve stringersi sotto l'ombrello della Nato che "rimane la custode di quel prezioso bene" che è la pace, perché avvisavano/ammonivano gli esperti "la pace di cui ha goduto la maggior parte dell'Europa negli ultimi sette decenni è un'eccezione storica, non la regola".

9 dicembre 2020