Ignorati i consigli degli scienziati
Conte e Fontana non chiusero Alzano e Nembro
I parenti delle vittime chiedono di conoscere tutti gli atti

 
Per comprendere bene le gravissime responsabilità politiche nazionali e regionali in relazione a ciò che è accaduto in alcune zone della provincia di Bergamo in Lombardia, e soprattutto nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro, senza dimenticare il limitrofo comune di Albino, che hanno avuto, in proporzione alla popolazione residente, il più alto numero di decessi per coronavirus in Italia, bisogna ricordare gli avvenimenti che si susseguirono nel nostro Paese a partire dal primo focolaio ufficialmente identificato, quello di Codogno, in provincia di Lodi.
Dopo il caso di due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani di Roma il 30 gennaio 2020, un caso per i successivi venti giorni rimane isolato, il 19 febbraio viene diagnosticato il primo caso italiano di coronavirus a Codogno, in provincia di Lodi.
Il 21 febbraio c'è il primo decesso per Coronavirus in Italia a Vo Euganeo, in Veneto, e lo stesso giorno il governo statale retto da Conte istituisce la prima zona rossa nel territorio che comprende nove comuni della Lombardia meridionale attorno a Codogno, che da allora vengono chiusi in entrata e in uscita per alcuni mesi.
Il 22 febbraio Angelo Giupponi, presidente dell'Azienda Regionale Emergenza Urgenza di Bergamo, dopo che numerosi casi di coronavirus venivano segnalati in quella provincia, invia un'email all’assessorato al Welfare della regione Lombardia, diretto dal leghista Giulio Gallera, lanciando un grido di allarme per la diffusione dell'epidemia su quel territorio e chiedendo alla regione di allestire degli ospedali esclusivamente riservati a ricoverati per coronavirus, così da evitare promiscuità con altri pazienti, ma Gallera, secondo il racconto che Giupponi ha fatto al Wall Street Journal, raggiunto dal dirigente sanitario per telefono ha fatto orecchio da mercante, definendo le preoccupazioni dello stesso Giupponi “cazzate” .
Intanto il coronavirus dilaga e il 25 febbraio si conta la prima vittima all'ospedale di Alzano. Consapevole della gravità della situazione, il 2 marzo l'Istituto Superiore di Sanità “raccomanda l’isolamento e la chiusura dei comuni bergamaschi di Alzano e Nembro e di quello bresciano di Orzinuovi” , tanto che il giorno successivo, 3 marzo, il Comitato Tecnico Scientifico, istituito dalla Protezione Civile il 5 febbraio precedente con competenza di consulenza e supporto alle attività di coordinamento per il superamento dell'emergenza epidemiologica provocata dall'eventuale diffusione del coronavirus in Italia, dopo avere esaminato la nota chiede espressamente alle competenti autorità, ossia governo statale retto da Conte e giunta lombarda retta da Fontana, di istituire una zona rossa per Alzano e Nembro. “Nel tardo pomeriggio sono giunti all'ISS - si legge alle pagine 2 e 3 del verbale n. 16 della riunione del Comitato Tecnico Scientifico tenuta il 3 marzo - i dati relativi ai comuni di Alzano Lombardo e Nembro, entrambi situati in provincia di Bergamo, che sono poi esaminati dal CTS. Al proposito è stato sentito per via telefonica l'assessore Gallera e il DG Caiazzo della Regione Lombardia, che confermano i dati relativi all'aumento nella regione e, in particolare, nei due comuni sopra menzionati. I due comuni si trovano in stretta prossimità di Bergamo e hanno una popolazione rispettivamente di 13.639 e 11.522 abitanti. Ciascuno dei due paesi ha fatto registrare attualmente oltre 20 casi, con molta probabilità ascrivibili a un'unica catena di trasmissione. Ne risulta, pertanto, che l'Ro è sicuramente superiore a 1, il che costituisce un indicatore di alto rischio di ulteriore diffusione del contagio. In merito, il Comitato propone di adottare le opportune misure restrittive già adottate nei comuni della zona rossa anche in questi due comuni, al fine di limitare la diffusione dell'infezione nelle aree contigue” . La “zona rossa” alla quale si riferisce il verbale è, ovviamente quella di Codogno.
Il 4 marzo - nella giornata in cui la provincia di Bergamo supera quella di Lodi nel numero dei contagi, con 817 pazienti positivi contro i 780 della zona rossa intorno a Codogno - in una riunione il ministro della Salute Roberto Speranza (LeU) e l'assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera discutono della possibilità di istituire una zona rossa per Alzano e Nembro, dopo che, a seguito di un'ispezione tecnica in territorio lombardo, l'Istituto Superiore di Sanità aveva inviato un documento al governo statale chiedendo urgentemente l’istituzione della zona rossa ad Alzano, Nembro, Albino e Cologno sul Serio, ma nessun provvedimento viene preso in proposito, né vi provvede Conte, già informato il 5 marzo della richiesta di chiudere Alzano e Nembro suggerito dal Comitato Tecnico Scientifico.
A nulla servono neppure le richieste del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che il 6 marzo chiede alle competenti autorità, regionali e statali, di istituire la zona rossa nei comuni più colpiti della sua provincia, limitandosi l'assessore lombardo Gallera a prendere atto delle raccomandazioni dell'Istituto Superiore di Sanità al governo Conte, il quale, con il suo decreto dell'8 marzo istituisce tre zone di interdizione sanitaria in ampi territori dell'Italia settentrionale geografica, una comprendente tutta la Lombardia con alcune province del Piemonte orientale e dell'Emilia occidentale, un'altra comprendente tre province del Veneto centrale e una terza a cavallo tra le Marche settentrionali e la Romagna meridionale, e provvedimenti simili venivano preso dalla Repubblica di San Marino confinante con questi ultimi territori, con restrizioni comunque inferiori rispetto alla zona rossa di Codogno. Le aziende rimangono comunque aperte in tutti questi ampi territori settentrionali, così come rimangono aperte quando, il 9 marzo, il governo Conte decide di estendere la zona di interdizione a tutto il territorio nazionale.
Per ciò che riguarda la Lombardia, l'11 marzo l'associazione di imprese Assolombarda si schiera pubblicamente contro l'ipotesi di istituire una zona rossa ad Alzano e Nembro sul modello di Codogno e chiede che le aziende rimangano aperte, e anche dopo il 23 marzo - quando con ulteriore decreto Conte chiude tutte le aziende non necessarie in Italia, compresa gran parte delle industrie - numerosi stabilimenti non cessano l'attività, utilizzando la clausola dell'apertura in deroga con la domanda ai prefetti e il relativo silenzio assenso.
Chiarito inequivocabilmente che sia il governo nazionale che quello regionale della Lombardia avevano tempestivamente ricevuto raccomandazioni da organismi qualificati in merito all'istituzione di una zona rossa nella zona di Alzano e Nembro, evidentemente il vero motivo della mancata decisione in tal senso deve ritrovarsi nella presa di posizione di Assolombarda, perché secondo Confidustria in quel territorio si produce un fatturato di oltre 680 milioni di euro grazie alle quasi 400 aziende presenti sul territorio, e questo spiega perché il governo presieduto da Conte e quello lombardo diretto da Fontana non ne hanno voluto sapere di istituire una zona rossa come era stata istituita nella zona di Codogno, ma ora sia Conte sia Fontana devono essere ritenuti entrambi corresponsabili dello spaventoso numero di morti che, in proporzione alla popolazione, si è registrato in quel territorio.
Per capire la portata della tragedia che hanno vissuto questi territori è sufficiente ricordare cosa hanno detto i sindaci di Alzano Lombardo, Nembro e Albino in un'intervista rilasciata a Michele Andreucci e pubblicata il 31 marzo sull'edizione di Bergamo del quotidiano milanese Il Giorno.
In quell'intervista il sindaco di Alzano, Camillo Bertocchi, affermava che nel suo comune di 13.700 abitanti erano deceduti dal 23 febbraio al 27 marzo 101 cittadini contro gli 11 dello scorso anno, il sindaco di Nembro, Claudio Cancelli, parlava di una media di tre decessi al giorno con punte di 9 morti giornalieri nello stesso periodo nel suo comune di soli 11.500 abitanti, mentre Fabio Terzi, sindaco del limitrofo comune di Albino, ha accertato che tra il 23 febbraio e il 27 marzo di quest'anno sono morte, nel suo comune di 17.700 abitanti, 145 persone residenti, contro i 24 del 2019, i 17 del 2018 e i 14 del 2017.
Tra agosto e settembre il governo ha reso pubblici, su pressione dell'opinione pubblica e soprattutto dei parenti delle vittime riunito nel comitato “Noi denunceremo”, i verbali del Comitato Tecnico Scientifico, consultabili sul sito della Protezione Civile, da cui sono evidenti i fatti sopra illustrati. Tuttavia sono comunque state oscurate nei verbali le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti privati, e non sono stati pubblicati né i documenti allegati ai verbali stessi né i documenti sottoposti alle valutazioni del Comitato Tecnico Scientifico.
Tutto ciò non basta ai componenti di 'Noi denunceremo', come si può leggere in una nota da esso diffusa subito dopo la pubblicazione dei verbali: “Ci chiediamo - hanno scritto Luca Fusco e Consuelo Locali, rispettivamente presidente e legale del comitato - come si possa arrivare alla terza settimana dalla dichiarazione dello Stato di emergenza senza avere una cernita completa dei letti a disposizione negli ospedali, particolarmente nelle terapie intensive. O come si possa aver pensato che non fosse necessario tracciare gli asintomatici. Non siamo stati di fronte ad una pandemia, ma all'ennesimo caso di malagestione italiana. Ci siamo a lungo chiesti perché si sia deciso di tenere degli atti pubblici secretati per cosi tanto tempo. Ora abbiamo una risposta” .
I parenti delle tante vittime chiedono che siano resi pubblici tutti gli altri atti del Comitato Tecnico Scientifico non ancora pubblicati e tutti gli atti della giunta della Regione Lombardia e del governo statale sulla vicenda, affinché emergano, anche sul piano strettamente giuridico, le responsabilità che certamente sin da ora, si può affermare, sono certamente politiche.

9 dicembre 2020