Studio della Fondazione Di Vittorio (Cgil)
I salari sono ancora più bassi di quelli del 2007

 
Lo studio "La questione salariale in Italia, un confronto con le maggiori economie dell'Eurozona" della Fondazione Di Vittorio, istituto della Cgil per la ricerca economica e sociale, scritto da Nicolò Giangrande, mette a confronto i salari dei lavoratori dipendenti italiani con quelli dei lavoratori delle cinque maggiori economie dell’eurozona: Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi e Spagna.
Nel 2019, i salari medi italiani sono risultati pari a circa 30 mila euro lordi annui, in lieve crescita rispetto al 2000, ma in diminuzione rispetto al 2007.
Il 27% dei lavoratori dipendenti ha retribuzioni sotto i 15 mila euro lordi l’anno, solo i lavoratori spagnoli hanno retribuzioni leggermente più basse.
Il divario tra i salari italiani e quelli degli altri paesi è dunque aumentato nella fascia temporale 2007-2019, infatti mentre i salari tedeschi sono cresciuti di 5.430 euro (pari a un +14,7%) quelli italiani sono diminuiti di 596 euro ( -1,9%).
Paesi Bassi e Belgio, con i salari medi più alti in assoluto, hanno registrato comunque una crescita, così come quelli di Germania e Francia che hanno registrato l’incremento salariale più alto,ultime appunto Italia e Spagna, con i salari medi più bassi, che si caratterizzano entrambe per una stagnazione di lungo periodo che sembra non avere fine.
Sui salari italiani pesa molto il cuneo fiscale (nel 2019 il 39,2% in media) che portano quindi il potere di acquisto effettivo dei lavoratori tra il 60 e il 70% di quello tedesco, peraltro l’Italia ha un più alto numero medio di ore lavorate all’anno per ogni dipendente e allo stesso tempo la minor quota salari in percentuale del PIL, questo perché, spiega Fulvio Fammoni, alla guida della Fondazione Di Vittorio: “In Italia si lavora di più a causa della scarsa capacità tecnologica e ai bassi investimenti in innovazione del nostro sistema economico ma si viene retribuiti molto meno. Nel 2020 la pandemia e le conseguenti ricadute produttive ed occupazionali, peggioreranno questo quadro, un intervento sulla quantità ma anche sulla qualità dell’occupazione che arresti il continuo incremento del lavoro povero; una nuova fase della contrattazione che rinnovi i contratti nazionali da troppo tempo bloccati, una riforma fiscale che recuperi risorse vero le retribuzioni”.
Oltre 5 milioni di lavoratori arrivano solo a 10 mila euro annui,rispetto alla media dell’eurozona poi prevalgono qualifiche medio-basse, con un dato che è peggiorato nel corso degli ultimi anni, il nostro orario di lavoro è tra i più elevati, la precarietà è fortemente penalizzante soprattutto a causa della presenza consistente del part-time involontario e discontinuo e va tenuto presente che negli altri paesi della Ue imperialista la condizione dei lavoratori dipendenti è tutt'altro che paradisiaca, a dimostrazione del fatto che la Ue è un inferno per le masse popolari, è completamente al servizio dei monopoli europei, non si può riformare in alcun modo e va distrutta, cominciando a tirarne fuori l'Italia.
Colpisce il fatto che questi dati verranno poi aggravati dalla pandemia in corso, infatti conclude Fammoni: “Un riequilibrio dei salari italiani è dunque necessario, non solo come risposta concreta ai problemi delle persone ma come elemento essenziale della competitività futura del Paese. Può essere affrontato in più modi: un intervento sulla quantità ma anche sulla qualità dell’occupazione che arresti il continuo incremento del lavoro povero; una nuova fase della contrattazione che rinnovi dei contratti collettivi nazionali da troppo tempo bloccati, una riforma fiscale che recuperi risorse da indirizzare verso le retribuzioni. Occorrerà agire su tutte queste leve se si vuole dare fiducia nel futuro, elemento essenziale dello sviluppo, collegandole all’utilizzo degli investimenti con l’accesso ai fondi europei, alla trasformazione del nostro modello produttivo e alle necessarie risorse per far ripartire i consumi”.
Per noi marxisti-leninisti la questione del lavoro è al primo posto nell'agenda del Paese insieme alla questione sanitaria, ma non pensiamo affatto che possa essere risolta pensando alla “competitività futura del paese” prodotta dall'imperialismo e funzionale al dominio della classe dominante borghese, i lavoratori e i padroni non sono affatto sulla stessa barca, come sostiene il governo del dittatore antivirus Conte al servizio del regime capitalista neofascista.
Urge invece costruire un ampio fronte unito per il lavoro stabile, a tempo pieno, a salario intero e sindacalmente tutelato per tutti i lavoratori, i disoccupati e i migranti, lottando nel contempo per il blocco permanente dei licenziamenti, per la cassa integrazione per Covid a salario intero e perché venga istituito il reddito di emergenza da 1200 euro per tutta la durata della pandemia per tutti i disoccupati e senza reddito.
Le terribili condizioni di vita dei lavoratori italiani, prodotte dall'imperialismo e dal conflitto tra il capitale e il lavoro, potranno essere risolte definitivamente solo con il socialismo e la conquista del potere politico da parte del proletariato che è poi la madre di tutte le questioni.

9 dicembre 2020