Figline Valdarno (Firenze)
Respingere con la lotta i 176 licenziamenti alla Bekaert

Redazione di Firenze
L'11 dicembre la multinazionale belga Bekaert ha licenziato tutti i 176 lavoratrici e lavoratori rimasti nello stabilimento di Figline Valdarno (Firenze).
Non è un fulmine a ciel sereno: il 9 marzo prossimo scadono gli ultimi 6 mesi di cassa integrazione (motivata dal Covid), dopo oltre due anni di “ammortizzatori” ottenuti con la dura vertenza dell'estate 2018, quando i lavoratori, sostenuti da una grande ondata di solidarietà popolare, riuscirono a far ritirare gli allora 318 licenziamenti e aprire un tavolo di trattativa al ministero dello Sviluppo economico (Mise), retto in quel periodo da Luigi Di Maio, che alla vigilia di Ferragosto si era anche fatto vedere al presidio operaio davanti ai cancelli della fabbrica figlinese.
In questi due anni una parvenza di trattativa è stata portata avanti in maniera inconcludente dai ministeri dello Sviluppo economico e del Lavoro; sostanzialmente assente anche la Regione Toscana; al neoeletto governatore Eugenio Giani (PD) i lavoratori Bekaert avevano suonato la sveglia già a settembre ottenendo un incontro il 5 ottobre, dove Giani aveva preso tempo.
Il sostanziale disinteresse del governo e della Regione, del PD e del M5S per la sorte dei lavoratori Bekaert ha aperto la strada ai licenziamenti. Un colpo pesantissimo per le famiglie dei 176 rimasti legati alla Bekaert e per tutto il territorio di Figline Valdarno, che perderebbe la storica fabbrica, dal 1959 al 2013 della Pirelli, a cui è legata una buona fetta dell'economia locale.
La Bekaert ha deciso di dismettere lo stabilimento valdarnese non perché è in crisi la produzione del cord steel (la cordicella di acciaio utilizzata nelle ruote degli autoveicoli) in cui è specializzataza a livello europeo da oltre 60 anni, ma perché ritiene più economico produrre in Romania e Slovacchia; un obiettivo perseguito a freddo dal 2013, quando dopo aver rilevato l'azienda ha spinto al massimo la ricerca di nuove soluzioni tecnologiche, che solo le esperte e capaci maestranze di Figline potevano assicurargli, salvo poi disfarsene una volta raggiunto l'obiettivo. Un esempio lampante di come i capitalisti sacrificano senza scrupoli gli operai sull'altare del massimo profitto.
Oggi come due anni fa l'unica strada per salvare i posti di lavoro alla Bekaert è la lotta, pur con le mille difficoltà e l'inevitabile sfinimento di questa lunghissima trattativa, costellata dalle vuote dichiarazioni demagogiche senza fatti concreti e il rimpallo delle responsabilità dei politici borghesi di turno, come l'ultima nota del sindaco di Firenze e della città metropolitana (ex provincia) Dario Nardella e i parlamentari piddini eletti in Toscana Dario Parrini, Luca Lotti, Caterina Biti, Laura Cantini, Filippo Sensi in cui chiedono “all’esecutivo di mettere in campo subito ogni sforzo per scongiurare un esito drammatico”, con cui cercano di coprire la loro mancanza di iniziativa per salvare questi posti di lavoro.
Alle lavoratrici e ai lavoratori della Bekaert va tutta la nostra solidarietà di classe, il sostegno e l'incoraggiamento a mettere in campo la determinazione e l'intelligenza che hanno dimostrato nel 2018.

16 dicembre 2020