In piazza i medici specializzandi per sbloccare il concorso

Nei giorni dal 7 al 10 dicembre nelle città di Milano, Roma, Padova, Genova, Verona, Bologna, Firenze, Siena, Pescara e Perugia, e in seguito Torino e Pisa, migliaia di giovani medici si sono ritrovati per protestare e chiedere al Ministero dell’Istruzione, dell'Università e della Ricerca (Miur) di sbloccare il concorso per l’accesso alle specializzazioni.
La protesta è stata organizzata dall''associazione “Chi si cura di te?” che il 9 dicembre, stesso giorno dello sciopero indetto da Cgil, Cisl e Uil ha rilasciato un comunicato di solidarietà con i lavoratori del settore pubblico dal titolo “Uniamo le lotte, per tutte e tutti” dove si leggono queste significative parole: “Oggi purtroppo non possiamo scioperare, né come camici grigi né come medici in formazione. Ciò non toglie che siamo solidali con lo sciopero del pubblico impiego promosso dai sindacati confederali per chiedere dignità, assunzioni e sicurezza per i lavoratori e le lavoratrici del pubblico impiego, inclusi coloro che lavorano per la salute”. Ma chi sono i medici specializzandi e i “camici grigi”?
Dopo la laurea continua la formazione: medicina generale per i medici di famiglia oppure un settore particolare per chi vuol diventare uno “specialista”. Un periodo che dura fino a 5 anni e dove il medico in formazione riceve uno stipendio piuttosto misero (1.700 euro nette che, tolte le innumerevoli tasse e assicurazioni scende a 1.200 euro mensili) senza tredicesima, ferie, riposi e senza straordinari pagati. Nonostante la carenza strutturale di medici le scuole di formazione non assicurano a tutti un posto perché i numeri sono sottodimensionati. Gli esclusi sono i cosiddetti “camici grigi”, giovani laureati costretti al precariato utilizzati con incarichi di sostituzione nell'ambito della medicina generale.
Di fronte all'emergenza del Coronavirus è paradossale e criminale l'atteggiamento del ministro Gaetano Manfredi e del Miur, che da oltre due mesi tiene in ostaggio la vita di 23.700 persone rinviando il concorso. Vicenda “segnata da disorganizzazione e confusione” accusano i rappresentanti di “Chi si cura di te?”. Prima con l'esclusione di centinaia di corsisti, poi dopo i ricorsi con la loro riammissione, ancora provvisoria, e infine il ritardo con cui Manfredi ha comunicato che sarebbero state pubblicate le assegnazioni attese per il 3 dicembre.
Com'è facilmente intuibile le decine di migliaia di medici precari e specializzandi sono una colonna portante del nostro sistema sanitario, che da molti anni, e ancor di più nell'odierna situazione di pandemia, stanno dando il loro contributo senza adeguato riconoscimento, vittime del continuo taglio dei finanziamenti alla sanità pubblica che oltre a chiudere ospedali, ridurre l'assistenza territoriale e di prossimità, i posti letto, non mette sul piatto soldi a sufficienza per finanziare i corsi di specializzazione, proprio quando il Covid-19 ci ha mostrato la carenze di medici specialisti.
Non mancano tanto i laureati, il fatto è che i medici non vengono messi in condizioni di operare. Mentre si richiama chi è già in pensione (mettendo a rischio chi ha un'età avanzata), un imbuto formativo blocca l'ingresso a pieno titolo nella sanità dei giovani medici. Il tutto, denuncia la Funzione Pubblica della Cgil “a grave danno degli aspiranti, ma soprattutto dei servizi sanitari, dei cittadini e delle Regioni che nella pandemia stanno disperatamente cercando forze professionali per rispondere alle travolgenti richieste assistenziali”.
Le richieste di sblocco dei concorsi e di un maggiore riconoscimento del loro lavoro sono sacrosante. Sono in programma nuove iniziative, e da “Chi si cura di te?” annunciano: “Siamo stanchi di essere utilizzati come tappabuchi, peggio ancora come manodopera a basso costo. Siamo stanchi di essere presi in giro. Ci stiamo coordinando con colleghe e colleghi specializzandi in tutta Italia per rispondere a quest'ennesimo insulto. Manfredi e il Miur dovranno rispondere anche a noi”.
“Con le manifestazioni degli ultimi giorni abbiamo capito che possiamo farci sentire e possiamo sostenere con forza, uniti, le nostre istanze. E per farlo siamo pronti a mettere in campo tutti gli strumenti a nostra disposizione. Siamo pronti a proclamare lo stato di agitazione e il primo sciopero dei camici grigi”.

16 dicembre 2020