No alla militarizzazione del Paese nel periodo natalizio

 
Non pago delle pesanti restrizioni già presenti nelle divisioni a tre colori delle regioni italiane, il governo Conte ha emanato ulteriori norme liberticide nel periodo natalizio, su tutto il territorio nazionale, a prescindere dalle evoluzioni degli indici di contagio e di mortalità delle varie aree territoriali.
Nel momento in cui scriviamo, nessuna regione è “rossa”, e il Paese è sostanzialmente diviso fra aree arancioni nelle quali il limite alla mobilità è nel perimetro del territorio comunale fino alle ore 22, e zone gialle che consentono gli spostamenti infracomunali con la sola limitazione – che non è poco - del coprifuoco, il tutto ovviamente al netto di tutte le altre limitazioni commerciali.
A sua volta, sempre per effetto dello stesso Dpcm, gli spostamenti fra regioni gialle sarebbero consentiti e, proprio per scongiurare questo generale “rimescolamento” delle carte che potrebbe far ripartire l'escalation dei contagi, Conte e Speranza non hanno trovato di meglio da fare che reinserire misure da zone rosse nei giorni del 25 e 26 dicembre e del 1 gennaio, su tutte l'impossibilità di uscire dal proprio comune di residenza.
Inoltre in tutto il periodo compreso fra il 21 dicembre e il 6 gennaio la mobilità torna ad essere regionale e permarrà il divieto di andare a trovare nonni, parenti e amici anche nelle regioni gialle, così come quello di recarsi nelle seconde case in un'altra regione anche se gialla e a basso rischio. Ad ora non potranno stare insieme nemmeno figli e genitori residenti in comuni differenti anche se limitrofi che, ad esempio, si vedono tutt'ora quotidianamente perché sono questi ultimi i nonni che prendono i nipoti a scuola in attesa che i genitori rientrino dal lavoro.
Secondo il Dpcm poi, non ci sarebbe nessuna differenza fra un comune di una grande città con milioni di abitanti come Roma o Milano, e un piccolo comune di poche migliaia di persone; fra l'altro in Italia quelli con meno di 5 mila abitanti sono ben 5.495, che rappresentano il 69,53% del numero totale dei comuni italiani.
Le restrizioni continuano a colpire poi anche i coniugi o partner che vivono insieme ma che abitano distanti, ad esempio, per questioni di lavoro.
Al di là della questione religiosa, d'impatto sempre più residuale, rimane un dato di fatto che il periodo natalizio sia radicato nel costume e nelle abitudini del nostro Paese, come in gran parte del mondo, per riunire le famiglie vicine e lontane per qualche giorno; un elemento di percezione “immediata” sul quale le decisioni di fermo del governo hanno destato perplessità fra le masse già duramente provate sia da un punto di vista economico, sia da quello morale, da mesi e mesi di isolamento lavorativo e domiciliare.
Questo enorme malcontento è stato infatti terreno fertile per Salvini che assieme alla fascista Meloni ha immediatamente fatto pressioni su Conte.
Alla destra si è aggiunta Italia Viva di Renzi, che stuzzica la stabilità dello stesso governo di cui fa parte, soprattutto da quando lui e i componenti del suo “cerchio magico” sono indagati per i fatti della fondazione Open. Teresa Bellanova ha dichiarato con la faccia tosta che la contraddistingue che IV è “sempre stata contraria al divieto di spostamento”, così come Faraone si è detto “felice” che “il centrodestra presenti una mozione che ripropone esattamente le proprie idee”, confermando la natura destrorsa del partito personale dell'ex Berlusconi democristiano Renzi, rinvigorito per essere coi suoi quattro voti un potenziale ago della bilancia del governo Conte 2.
Nelle altre forze di maggioranza, LeU opportunisticamente tace nonostante Speranza abbia categoricamente respinto ogni ipotesi di modifica del piano, mentre Di Maio è favorevole a una revisione dello stesso sulla questione mobilità nei piccoli comuni, spaccando ulteriormente un partito ormai fatto da vere e proprie bande di un unico grande comitato d'affari.
Ovviamente il coro dei presidenti di regione è unanime: tutti “gialli” e abolizione del vincolo comunale nei giorni di festa.
D'altro canto la sottosegretaria alla Sanità, Sandra Zampa, frena: "Prima di cambiare quelle regole ci si dovrebbe documentare sugli esiti in termini di numero di nuovi contagiati derivanti dal festeggiamento del giorno del Ringraziamento in Usa"; ma come potrebbe altrimenti, dopo i disastri perpetrati dall'inefficienza sanitaria del nostro Paese che gridano aperta vendetta e che sono anch'essi nel mirino della Procura di Bergamo.
Insomma, quella che si è aperta sembra una partita di scambio fra chi ha tutta la convenienza a prolungare la vita a questo governo e chi interviene per imbonirsi elettoralmente le masse sulla singola questione della mobilità infracomunale nei giorni di festa che, pur rimanendo marginale in un contesto di limitazione delle libertà democratico-borghesi, è senza dubbio centrale nell'immediata percezione dell'opinione pubblica.
Per questo, a prescindere da ciò che deciderà il governo Conte, il centro della questione non è la mobilità nei giorni di festa nei piccoli comuni, perché si tratta di un aspetto limitato, parziale e secondario in uno scenario più ampio che nella sostanza non accenna alcun cambiamento di rotta.
Noi non ci opponiamo alle misure precauzionali poiché il virus circola e produce i suoi effetti, aiutato dall'atteggiamento criminale dei governi. Adesso siamo giunti all'inversione della curva della seconda ondata, ma ci sono contestuali dichiarazioni di virologi che danno per certa anche una terza ondata ancor più disastrosa in gennaio/febbraio; nonostante ciò Conte e Speranza non sanno fare altro che disporre a suon di Dpcm nuove militarizzazioni dei territori, confermate dalle affermazioni del Viminale che ha annunciato un ulteriore ricorso ad altri 70 mila agenti per i controlli di Natale.
In questo quadro continua l'inefficienza e il ritardo nell'adozione da parte del governo di quelle misure strutturali che potrebbero consentire alla popolazione del nostro Paese di lavorare e vivere in sicurezza in attesa di risultati più definitivi nel contrasto alla pandemia, poiché nulla ancora si è fatto per risolvere i gravi problemi della sanità pubblica sempre al palo per strutture, per la insufficiente quantità di medici in servizio (il cui numero di deceduti nella seconda ondata è già a 70), di specialisti e infermieri, oppure per i trasporti che in particolare nelle aree metropolitane sono stati (e probabilmente torneranno a essere) il principale fattore della ripresa dei contagi a ottobre, e che rappresentano un elemento cruciale anche per la riapertura delle scuole chiesta a gran voce dagli studenti, dalle famiglie e dagli insegnanti. “Un'epidemia non si combatte così -ha dichiarato a La Stampa il virologo Crisanti-, ma interrompendo le catene di contagio. Per farlo servono misure calibrate, forze sul campo, tracciamento, tamponi e strutture adeguate per l'isolamento. Insomma, il sacrificio della zona rossa in tutto il Paese vale la pena se si investe su tutto quanto. Altrimenti è una presa in giro.”
Invece gli unici provvedimenti dei quali sono capaci Conte e i suoi ministri sono di carattere repressivo, la cancellazione di pressoché tutte le libertà democratico-borghesi, fino all'assurdo di non poter circolare liberamente fra piccoli comuni limitrofi che spesso rappresentano una sola e unica comunità e un unico stallo socio economico, pur nel rispetto delle fondamentali precauzioni sanitarie come la mascherina, il distanziamento fisico, il contingentamento degli ingressi nelle aree chiuse e l'accurata igiene delle mani.
In questo modo, oltre a rimandare i nuovi problemi di contagio al dopo Natale quando il commercio avrà goduto di una boccata d'ossigeno, il governo continuerà a scaricare ancora una volta la responsabilità dei contagi sulle masse additandole, com'è accaduto con le ferie estive, di essere la causa del dilagante contagio per la loro irresponsabilità individuale nei comportamenti.
Come la seconda ondata non è stata – dati alla mano – causata dalle poche ferie che una risicata parte della popolazione ha potuto godere in luglio e agosto, la situazione attuale di lenta discesa dei contagi e di una loro probabile ripresa in gennaio non sarà imputabile agli atteggiamenti delle masse durante le festività natalizie, di fatto annientate dai diktat di Conte, ma semplicemente e ancora una volta, alle perduranti deficienze in tema di sanità, trasporti e di riorganizzazione della vita economica e sociale contro la pandemia da covid.
Invece di combattere il virus con gli strumenti adeguati il governo Conte non sa far altro che militarizzare il Paese e rafforzare la sua dittatura antivirus che cancella ogni diritto democratico-borghese.

16 dicembre 2020