Scuderi: Mao e il socialismo
(Discorso pronunciato a nome del Comitato centrale del Partito marxista-leninista italiano al Palazzo dei Congressi di Firenze l'8 settembre 1991 nel quindicesimo Anniversario della scomparsa di Mao)

 
Compagne e compagni, amiche e amici,
sono quindici anni che puntualmente ogni anno commemoriamo Mao in occasione dell'Anniversario della sua morte. Non come uno stanco e burocratico rito senza alcun riflesso pratico, non come un semplice adempimento formale di un dovere che ci siamo assunti alla II Sessione plenaria del 1° Comitato centrale del PMLI tenutasi il 10 settembre del 1977, non come un atto sentimentale e nostalgico, ma come una profonda esigenza politica che ci consenta di rendere onore alla grandiosa opera rivoluzionaria di Mao, di tenere vivi i suoi insegnamenti e imparare ancora da essi, di disintossicarci dal veleno antimarxista-leninista e anticomunista che la borghesia e i suoi servi ci iniettano quotidianamente attraverso la loro potente macchina propagandistica.
Mai come oggi c'è bisogno di avere degli amici sinceri, che ci diano delle certezze, che ci aiutino a smascherare gli inganni e le illusioni della borghesia e a sfuggire agli imbroglioni politici. E Mao è un amico sincero, anzi è un grande maestro del proletariato internazionale, dei popoli e delle nazioni oppresse, che la storia ha collocato definitivamente accanto a Marx, Engels, Lenin e Stalin.
Di Mao ci possiamo fidare tranquillamente, non certo dei revisionisti come Deng, Gorbaciov e Janaev o dei neorevisionisti come Cossutta, Garavini e Ingrao che dicono di lavorare per il socialismo quando in realtà lavorano per distruggerlo e per aiutare il capitalismo e l'imperialismo.
I fatti di ieri e di oggi, in Italia e all'estero, dimostrano chiaramente che solo seguendo i nostri cinque grandi maestri e coloro che ne applicano gli insegnamenti la rivoluzione avanza, mentre si arresta e indietreggia se la direzione del proletariato è in mano ai revisionisti o ai neorevisionisti.
Visto quanto è accaduto in Urss e nei paesi dell'Est, il Comitato centrale del PMLI, a nome del quale mi onoro di parlare, ha deciso di trattare in questa occasione il tema del rapporto tra Mao e il socialismo. E lo faremo ricorrendo frequentemente alle citazioni di Mao, ossia preferendo che sia più lui che noi a parlare. Perché nessuno meglio di lui può spiegarci quelle cose che oggi vogliamo sapere e perché noi di fronte a lui siamo dei semplici allievi che hanno tanto da imparare dai suoi inesauribili insegnamenti proletari rivoluzionari.
Rievocando gli insegnamenti di Mao sulla costruzione del socialismo in Cina possiamo fare assieme una riflessione collettiva sulla grande esperienza storica della dittatura del proletariato per capire come è avvenuta la restaurazione del capitalismo nei paesi già socialisti e trarne le dovute lezioni per la lotta di classe in Italia.
Fin da subito però dobbiamo riconoscere che il nostro proletariato non ha a tutt'oggi una visione corretta della storia del movimento operaio nazionale e internazionale e dei recenti dolorosi e drammatici avvenimenti. Non per sua colpa, ma per l'opera dei revisionisti ora neoliberali o neorevisionisti che distorcendo i fatti e manipolando la storia gli hanno inculcato perniciose teorie democratiche borghesi e confuso le idee.
Il processo di conoscenza della nuova realtà internazionale e nazionale sarà quindi piuttosto lungo, complesso e travagliato. Noi speriamo che questo nostro apporto possa servire, via via che verrà conosciuto, a smuovere le coscienze del proletariato, ad aprirgli gli occhi, a sollecitarlo a studiare attentamente i fatti e a valutarli su un piano di classe.
In ogni caso i sinceri combattenti per il socialismo, ovunque siano attualmente organizzati, ben difficilmente potranno avere una completa e corretta comprensione dei nuovi fenomeni se non si metteranno seriamente a studiare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao per quanto concerne la rivoluzione socialista, il socialismo, la dittatura del proletariato, il revisionismo, lo Stato e la democrazia borghese. “La teoria di Marx, Engels, Lenin e Stalin - rileva Mao - è una teoria applicabile universalmente. Non dobbiamo considerarla come un dogma, ma come una guida per l'azione. Non bisogna limitarsi a imparare i termini e le espressioni del marxismo-leninismo, bisogna invece studiarlo come scienza della rivoluzione. Non si tratta soltanto di capire le leggi generali che Marx, Engels, Lenin e Stalin hanno tratto dal loro ampio studio della vita reale e dell'esperienza rivoluzionaria, ma anche di studiare la posizione e il metodo da essi assunti nell'esaminare e risolvere i problemi” .1
Tenendo a mente queste indicazioni di Mao circa il valore, l'uso e il metodo di analisi del marxismo-leninismo, chi ha da tempo intrapreso lo studio della teoria rivoluzionaria del proletariato deve perseverare nello studio di essa sforzandosi di applicarla nella pratica per aiutare il proletariato a chiarirsi le idee, elevare la coscienza politica e avere un corretto orientamento di classe. Chi la studia sporadicamente lo deve fare sistematicamente. Chi non ha mai aperto un'opera marxista-leninista, o l'ha fatto superficialmente o per semplice informazione o curiosità intellettuale, è l'ora che la apra e la studi al solo scopo di applicarla traducendola in impegno e in azioni rivoluzionari. Altrimenti non sarà possibile conoscere veramente la realtà, liberarsi dall'influenza borghese, acquisire una cultura di classe e la concezione del mondo proletaria e dare un contributo qualificato alla causa del socialismo.
In particolare oggi bisogna stare saldamente aggrappati all'ancora del marxismo-leninismo-pensiero di Mao per evitare di essere spazzati via dai marosi della controrivoluzione.
 

L'origine e le cause del crollo dei regimi revisionisti
L'odierna situazione nazionale e internazionale è radicalmente diversa rispetto a quella che ha lasciato Mao. Allora, nel settembre del '76, si registrava con sommo piacere che la tendenza principale nel mondo era la rivoluzione. Era evidente che il pensiero di Mao e la Grande rivoluzione culturale proletaria esercitavano una potente influenza sul proletariato internazionale e sui popoli e le nazioni oppresse, nonostante che l'Urss avesse vent'anni prima già ammainato di fatto la bandiera del socialismo e che i revisionisti frenavano ovunque la rivoluzione.
Attualmente invece sembra essere entrati in una fase di glaciazione politica dominata dal capitalismo, dall'imperialismo e dal neocolonialismo. Tutto per colpa delle cricche revisioniste dei vari paesi che in un primo tempo si sono camuffate dietro il marxismo-leninismo sabotando la rivoluzione e spacciando riformismo, parlamentarismo e pacifismo per marxismo-leninismo “creativo”, e successivamente sono passati armi e bagagli nel campo della borghesia e del capitalismo giungendo a restaurare il capitalismo là dove erano al potere e a sciogliere i partiti comunisti storici.
Finché era vivo Mao e le masse volevano la rivoluzione, costoro facevano di tutto per sembrare dei veri comunisti e reagivano duramente verso i marxisti-leninisti che li smascheravano. Ne sanno qualcosa i militanti del PMLI per le aggressioni subite nelle fabbriche, nelle scuole e nelle piazze durante il Sessantotto e negli anni Settanta.
Oggi questi rinnegati e traditori della causa del socialismo fanno a gara per dimostrare che non sono mai stati dei comunisti classici, tutt'al più dicono di essere dei “comunisti democratici” o dei “neocomunisti” in ogni caso diversi da Lenin, Stalin e Mao.
Mao si era accorto subito chi erano i revisionisti moderni e immediatamente aveva lanciato forti segnali di avvertimento denunciando la loro natura borghese e controrivoluzionaria. Nel marzo del '57, appena tredici mesi dopo che essi avevano usurpato il potere in Urss, così li definiva: “Negare i principi fondamentali del marxismo, negare le sue verità universali, questo è il revisionismo. Il revisionismo è una concezione borghese. I revisionisti annullano le differenze tra il capitalismo e il socialismo, le differenze tra la dittatura borghese e la dittatura proletaria. In realtà quello che auspicano è la linea capitalista, non quella socialista. Nelle condizioni attuali il revisionismo è molto più dannoso del dogmatismo. Oggi abbiamo un compito importante sul fronte ideologico: sviluppare la critica del revisionismo” .2
Purtroppo però queste fondamentali indicazioni non arrivarono al proletariato italiano a causa del filtro frappostovi dai revisionisti togliattiani, berlingueriani, cossuttiani e garaviniani e per le interpretazioni scorrette e distorte del gruppo trotzkista e opportunista de “il manifesto” guidato da Rossana Rossanda, Pintor e Magri e di altri gruppi “ultrasinistri” che facendo finta di appoggiare Mao e la Grande rivoluzione culturale proletaria in realtà li utilizzavano per attaccare Stalin e la sua opera e per coprire a sinistra il PCI allo scopo di mantenere i rivoluzionari sotto controllo e non farli maturare come marxisti-leninisti.
Noi non avemmo la forza e i mezzi necessari per rimuovere questi ostacoli e per fare arrivare la voce di Mao dappertutto. Cosicché il revisionismo gradualmente ha preso piede nel proletariato e il processo di deideologizzazione, decomunistizzazione e socialdemocratizzazione è riuscito a depotenziare la carica rivoluzionaria del proletariato e delle nuove generazioni.
Rimane comunque il fatto che non si può capire l'attuale situazione se non si prende coscienza della natura del revisionismo moderno e del ruolo che ha giocato nella distruzione degli Stati socialisti e dei partiti comunisti storici.
All'origine di questo tradimento controrivoluzionario senza precedenti nella storia, che apre una nuova fase della storia del proletariato internazionale, sta il XX Congresso del PCUS. Da qui bisogna partire per ricostruire la storia degli ultimi 35 anni, per stabilire chi aveva ragione e chi aveva torto e chi sta veramente dalla parte del socialismo e chi solo a parole, per far luce sul ruolo controrivoluzionario e anticomunista dell'intero gruppo dirigente del PCI, ivi inclusi Cossutta e Garavini, che hanno condiviso la linea di Krusciov e la cosiddetta destalinizzazione, e infine per fare un serio bilancio critico di se stessi e della propria militanza, passata e presente, in riferimento alla lotta a livello nazionale e internazionale tra marxisti-leninisti e revisionisti. Solo così possiamo essere certi di non sbagliare una seconda volta sui piani ideologico, politico e organizzativo, e di evitare di cadere nella nuova trappola tesa dai revisionisti che ora si presentano nelle vesti di “neocomunisti”.
Se non si parte dal XX Congresso del PCUS, svoltosi nel febbraio del '56, non è assolutamente possibile capire gli avvenimenti successivi in Urss e nei paesi socialisti dell'Est europeo, a cominciare dalla controrivoluzione ungherese dell'ottobre del '56, preceduta nel '53 dai moti reazionari in Polonia e nella Germania dell'Est. In quegli anni infatti, approfittando della morte di Stalin, l'imperialismo mondiale promosse una ribellione anticomunista in diversi paesi socialisti cui i revisionisti dettero man forte.
Col coraggio e l'iniziativa tipici degli autentici capi proletari rivoluzionari, non temendo l'isolamento e l'ostracismo pur di difendere il marxismo-leninismo, il proletariato, la rivoluzione e il socialismo, Mao bollò immediatamente il XX Congresso del PCUS, anche se non affondò fino in fondo il coltello, poiché sperava che i revisionisti sovietici si ravvedessero e correggessero i loro errori.
L'Unione Sovietica infatti poteva ancora essere salvata, il campo socialista, forte di un miliardo di abitanti, poteva estendersi ulteriormente, i partiti storici comunisti dell'Occidente, tutti o in gran parte, potevano essere mantenuti sulla via rivoluzionaria o recuperati. Allora, come diceva Mao, “Il vento dell'Est prevale sul vento dell'Ovest” : quasi mezzo mondo era socialista, i popoli del Terzo mondo erano nettamente orientati verso il socialismo, il proletariato di molti paesi capitalistici, specie dell'Occidente e dell'Italia, lottava concretamente per il socialismo. Bastava qualche altra circostanza favorevole per avere tutto il mondo socialista. Ma ciò non hanno voluto i revisionisti dei vari paesi con in testa quelli sovietici.
Al Comitato centrale del Partito comunista cinese del novembre 1956, Mao così si espresse: “Vorrei dire qualcosa sul XX Congresso del Partito comunista dell'Unione Sovietica. Secondo me ci sono due spade: una è Lenin, I'altra è Stalin. Adesso i russi hanno gettato via quella spada che è Stalin. L'hanno raccolta Gomulka e certi ungheresi per colpire l'Unione Sovietica, per combattere il cosiddetto stalinismo. I partiti comunisti di diversi paesi europei criticano anche loro l'Unione Sovietica. Il loro leader è Togliatti. Anche l'imperialismo ha raccolto questa spada per lanciarsi all'attacco, Dulles l'ha presa e se n'è servito per qualche manovra. Questa spada non è stata data in prestito, bensì gettata via. Noi in Cina non l'abbiamo gettata via. Noi in primo luogo abbiamo difeso Stalin e in secondo luogo abbiamo criticato i suoi errori, abbiamo scritto l'articolo Sull'esperienza storica della dittatura del proletariato. Non abbiamo fatto come certuni che hanno screditato e distrutto Stalin, abbiamo agito in base alla situazione reale.
Si può dire che alcuni dirigenti sovietici hanno in qualche misura gettato via anche quella spada che è Lenin? Secondo me lo hanno fatto in misura notevole. La rivoluzione d'Ottobre è ancora valida? Può costituire o no un modello per tutti i paesi? Nel rapporto di Krusciov al XX Congresso del Partito comunista dell'Unione Sovietica si dice che si può conquistare il potere seguendo la via parlamentare, ossia che i vari paesi possono fare a meno di prendere esempio dalla rivoluzione d'Ottobre. Una volta aperta questa breccia, sostanzialmente si è gettato via il leninismo" .3 Questo straordinario brano contiene tutti gli elementi storici, politici e ideologici per comprendere che tutte le sventure e i rovesci del proletariato sovietico e internazionale provengono dal XX Congresso del PCUS.
L'elemento più importante che Mao mette in evidenza è il fatto che già nel '56 i revisionisti sovietici avevano spezzato le spade di Lenin e Stalin, cioè l'ideologia del proletariato, l'arma più potente che possiede il proletariato per conquistare e mantenere il potere politico.
In pratica i kruscioviani spezzando le due spade rosse avevano disarmato il proletariato, dato campo libero alla ideologia e alla cultura borghesi e iniziato l'opera di restaurazione del capitalismo, continuata poi da Breznev, Andropov e Cernenko e che è stata ora completata dal neoliberale Gorbaciov.
Ecco perché noi non siamo affatto sorpresi di ciò che sta avvenendo in Urss, né del golpe revisionista e fascista né dello smantellamento dell'Unione sovietica né dello spostamento virtuale del potere nelle mani di Eltsin. Una volta spezzate le spade rosse era inevitabile che si impugnassero le spade bianche. Da quando Marx ed Engels hanno elaborato il socialismo scientifico la storia conosce solo o le spade del proletariato o le spade della borghesia.
E le spade rosse del proletariato, è bene ribadirlo e convincersene una volta per tutte, sono cinque e corrispondono ai nomi di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao. Spezzare una qualsiasi di esse vorrebbe dire romperne la concatenazione, compiacere la borghesia e precludersi per sempre la strada del socialismo.
L'abbattimento delle statue di Lenin e dei simboli del comunismo in Urss è solo un fatto materiale, poiché essi erano già stati abbattuti dal XX Congresso. Non comprendiamo perciò i "crampi allo stomaco" di Cossutta dal momento che ha applaudito tale Congresso. Sono stati elementi come lui che hanno distrutto la grande opera di Leniti e Stalin, ma non il loro pensiero e i loro insegnamenti che rimangono vivi, attuali e indistruttibili.
Noi non abbiamo aspettato che Gorbaciov mostrasse per intero la faccia per giudicarlo. Nel Grande Documento del Comitato centrale del PMLI del 25 marzo 1990, dal titolo "Combattiamo la battaglia di maggio sotto la bandiera dei Comitati popolari e del socialismo" già facevamo un bilancio della sua nefasta opera con queste parole: "Le responsabilità maggiori di quanto è accaduto ad Est cadono sulle spalle del neoliberale Gorbaciov, che ha distrutto fin dalle fondamenta teoriche, politiche e organizzative il Partito e lo Stato di Lenin e Stalin. Con la famigerata 'perestrojca' - che non è affatto, come sostiene quel consumato imbroglione di Cossutta, una 'seconda rivoluzione', dopo quella del '17, una 'innovazione del socialismo, del socialismo per gli anni del 2000' (dalla Relazione alla II Assemblea generale dei soci dell'Associazione culturale marxista, Milano 20.5.89) -, il nuovo zar del Cremlino è andato ben oltre Krusciov nella restaurazione del capitalismo in Urss e nell'opera di corruzione e sobillazione revisioniste dei governanti e dei dirigenti del partito dei paesi già socialisti.
Senza il suo esempio e le sue pressioni verso i suoi compari esteri perché lo imitassero, certamente l'Est, compresa l'Urss, non si troverebbe ora in braccio al capitalismo e all'imperialismo occidentale. Egli ha fatto più male della grandine, ha completamente distrutto il socialismo ormai dappertutto. Mai nessuno prima di lui si era macchiato di un simile crimine. Non c'erano riusciti nemmeno Hitler e Mussolini. Non a caso è divenuto il 'coccolino' di Bush, degli altri governanti imperialisti dell'Occidente e della socialdemocrazia internazionale".
Non si può quindi parlare di crollo del socialismo e del comunismo, ma del fallimento storico dei revisionisti che non sono riusciti nemmeno a conservare il potere e sono stati costretti a passarlo a settori classici borghesi e ad altre correnti della borghesia.
 

La teoria della continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato
Nel corso della sua vita, Mao ha accumulato molti meriti storici, il primo dei quali è quello di aver guidato il popolo cinese, un quarto dell'umanità, a liberarsi dalle catene del feudalesimo, dell'imperialismo e del capitalismo, attraverso la rivoluzione armata più lunga e complessa della storia.
Durante il periodo della costruzione del socialismo in Cina il merito più grande è costituito dall'elaborazione della teoria della continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato. Nessuno prima di lui aveva immaginato, pensato e osato tanto.
Attraverso questa grande teoria, egli ha spiegato per tempo qual è la contraddizione principale nel socialismo, come può avvenire la restaurazione del capitalismo e cosa bisogna fare per prevenirla e per salvaguardare e sviluppare il socialismo.
Lenin aveva detto chiaramente che non c'è una muraglia cinese tra il capitalismo e il socialismo e che è sempre possibile una restaurazione del capitalismo. Stalin aveva combattuto e vinto tutta una serie di traditori e rappresentanti della borghesia quali Trotzki, Bucharin, Zinoviev, Kamenev e Rykov. Ma erroneamente riteneva che con la loro sconfitta fossero scomparse le classi in Urss. Solo un anno prima della morte nella sua opera "Problemi economici del socialismo nell'Urss" accenna all'esistenza delle classi e alle contraddizioni di classe nel socialismo.
Padroneggiando da maestro il materialismo dialettico, al quale apporta contributi fondamentali, Mao analizza a fondo l'esperienza del proletariato al potere in Urss, in Cina e negli altri paesi socialisti, individua che nel socialismo la contraddizione principale è quella tra il proletariato e la borghesia e indica quali sono i metodi e i mezzi per impedire la restaurazione del capitalismo e per continuare la rivoluzione.
Studiando l'esperienza storica del proletariato dalla Comune di Parigi in poi, Mao aveva capito perfettamente che la conquista del potere politico da parte del proletariato è solo l'inizio e non la fine della rivoluzione socialista. Con grande lungimiranza mette in guardia il Partito, il proletariato e l'intero popolo cinese a non fermarsi al primo passo della rivoluzione, ad andare fino in fondo e a stare attenti a non farsi corrompere dalla borghesia.
Nell'immediata vigilia dell'ingresso trionfale a Pechino, egli rivolge al Comitato centrale del Partito la seguente esortazione: "Molto presto saremo vittoriosi in tutto il paese. Questa vittoria aprirà una breccia nel fronte orientale dell'imperialismo e avrà un grande significato internazionale. Non occorrerà molto tempo e molti sforzi per ottenere questa vittoria, ma occorreranno molto tempo e molti sforzi per consolidarla. La borghesia nutre dubbi sulla nostra capacità di costruire. Gli imperialisti fanno affidamento sull'eventualità che noi un giorno o l'altro chiederemo loro l'elemosina per sopravvivere. Con la vittoria possono sorgere nel Partito stati d'animo di questo tipo: arroganza, pretesa di essere un grand'uomo, inerzia e riluttanza a fare progressi, ricerca di agi e avversione a continuare una vita dura. Con la vittoria, il popolo ci sarà riconoscente e la borghesia si farà avanti per lusingarci. È stato provato che il nemico non può batterci con la forza delle armi. Tuttavia, le lusinghe della borghesia possono conquistare quelli fra noi che non hanno una forte volontà. Possono esserci comunisti che, pur non essendo stati vinti dai nemici armati e avendo anzi meritato il nome di eroi per aver affrontato questi nemici, non sono tuttavia capaci di resistere alle pallottole ricoperte di zucchero; essi cadranno sotto questi colpi. Dobbiamo prevenire una situazione di tale genere.
La conquista della vittoria in tutto il paese è solo il primo passo di una lunga marcia di diecimila li. Anche se possiamo essere fieri di questo passo, esso è relativamente piccolo; ciò che ci renderà ancora più fieri deve ancora venire. Fra qualche decina di anni la vittoria della rivoluzione democratica popolare in Cina, vista in retrospettiva, apparirà come il breve prologo di una lunga opera. Un'opera comincia con il prologo, ma il prologo non ne è il punto culminante. La rivoluzione cinese è una grande rivoluzione, ma la strada che dovremo percorrere dopo la rivoluzione sarà più lunga, e il lavoro sarà maggiore e più arduo. Questo punto deve essere messo in chiaro nel Partito fin da ora. Bisogna aiutare i compagni perché nel loro stile restino modesti e avveduti e non siano arroganti e precipitosi. Bisogna aiutare i compagni a conservare il loro stile di vita fatto di semplicità e di ardua lotta. Abbiamo in mano l'arma marxista-leninista della critica e dell'autocritica. Possiamo sbarazzarci di un cattivo stile e tenere quello buono. Possiamo imparare quello che non sapevamo. Noi non siamo solo capaci di distruggere il vecchio mondo, siamo anche capaci di costruirne uno nuovo. Il popolo cinese non solo può vivere senza chiedere l'elemosina agli imperialisti, ma vivrà meglio di quanto non si viva nei paesi capitalisti" .4
Successivamente Mao, di fronte ai primi grandi assalti dei revisionisti cinesi che mettevano in discussione la via socialista e il potere del proletariato nel Partito e nello Stato, non a caso nel periodo del XX Congresso del PCUS, riprende e sviluppa questi concetti e afferma: "Nel nostro paese l'ideologia borghese e piccolo-borghese, l'ideologia antimarxista dureranno a lungo. Il regime socialista è già fondamentalmente instaurato nel nostro paese. Nel campo della trasformazione del regime di proprietà dei mezzi di produzione, abbiamo conseguito in linea di massima una vittoria, ma sul fronte politico e ideologico non abbiamo ancora vinto del tutto. Nel campo ideologico non è ancora veramente deciso chi vincerà tra proletariato e borghesia. Dovremo lottare ancora per un lungo periodo contro le idee borghesi e piccolo-borghesi. Chi non capisce questa situazione e abbandona la lotta ideologica è in errore. Tutte le idee sbagliate, ogni erba velenosa, ogni 'spirito maligno' devono essere criticati, non si può lasciare che si propaghino liberamente" .5
Poi passa a denunciare coloro che si oppongono alla rivoluzione socialista spiegandone il perché usando questo concetto: "La rivoluzione socialista è una cosa nuova per tutti noi. In passato abbiamo fatto solo la rivoluzione democratica, che era una rivoluzione di carattere borghese, non mirava a distruggere la proprietà individuale, né quella del capitalismo nazionale, ma solo quella dell'imperialismo, del feudalesimo e del capitalismo burocratico. Molte persone dunque sono riuscite a superare quella prova. Tra di loro, alcune non erano entusiaste di una rivoluzione democratica a carattere radicale e hanno superato la prova a stento; altri l'hanno superata perché erano disposti a impegnarsi per una rivoluzione di quel tipo. Adesso bisogna superare la prova del socialismo e alcuni hanno difficoltà a farlo... Perché è difficile superare la prova del socialismo? Perché essa consiste nella distruzione della proprietà privata capitalistica e nella sua trasformazione in proprietà socialista di tutto il popolo, nella distruzione della proprietà individuale e nella sua trasformazione in proprietà collettiva socialista. Questa lotta si protrarrà naturalmente per molti anni" .6
Ad un certo punto Mao dirà chiaro e tondo che gli oppositori della rivoluzione socialista si trovano anche all'interno del Partito: "Dopo la rivoluzione democratica, gli operai, i contadini poveri e medio-poveri non si sono fermati, hanno voluto continuare la rivoluzione. Ma alcuni membri del Partito non desideravano andare oltre, ce ne sono che hanno fatto persino marcia indietro e si sono opposti alla rivoluzione. Perché questo? Divenuti dei grandi dirigenti, vogliono proteggere gli interessi della loro casta" .7
Finalmente nell'agosto del 1962, riprendendo e sintetizzando tutto ciò che egli aveva detto fino a quel punto sul socialismo, in particolare nella grande opera "Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo", Mao stabilisce la linea fondamentale del socialismo con queste precise parole: "La società socialista abbraccia un periodo storico molto lungo, nel corso del quale esistono ancora le classi, le contraddizioni di classe e la lotta di classe, esiste la lotta tra le due vie, il socialismo e il capitalismo, ed esiste il pericolo di una restaurazione del capitalismo. Dobbiamo comprendere che questa lotta sarà lunga e complessa, aumentare la vigilanza, e svolgere un lavoro di educazione socialista. Dobbiamo comprendere e risolvere in modo giusto le contraddizioni di classe e la lotta di classe, distinguere le contraddizioni fra il nemico e noi e le contraddizioni in seno al popolo e dare ad esse una giusta soluzione. Altrimenti un paese socialista si trasformerà nel suo opposto, cambierà natura e si avrà la restaurazione. D'ora in poi, dobbiamo parlare di questo problema ogni anno, ogni mese e ogni giorno, in modo da averne una comprensione abbastanza chiara e seguire una linea marxista- leninista" . 8
Con ciò viene battuta in tronco la linea borghese e controrivoluzionaria della cricca revisionista di Liu Shaoqi e Deng Xiaoping che sosteneva che la contraddizione principale in Cina era "la contraddizione tra il regime socialista avanzato e le forze produttive sociali arretrate" e non quella tra il proletariato e la borghesia. Ossia sosteneva che si doveva sviluppare il capitalismo e spingere il proletariato a dedicarsi solo alla produzione e ad abbandonare la rivoluzione.
 

La Grande rivoluzione culturale proletaria
La Grande rivoluzione culturale proletaria, elaborata e diretta personalmente da Mao, è stata lo sbocco inevitabile e conseguente della teoria della continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato.
Una volta individuato il nemico principale, scoperti i suoi piani, visti i pericoli che si correvano e constatata la necessità di dare un nuovo impulso alla rivoluzione e alla costruzione del socialismo, occorreva agire immediatamente sulla base di una strategia e una tattica rivoluzionarie adeguate. E Mao agì inventando di sana pianta la Rivoluzione culturale proletaria. Una rivoluzione proletaria vera e propria diretta contro la borghesia, con la caratteristica che si svolgeva in un paese socialista, un avvenimento che non ha precedenti nella storia. Fino ad allora infatti in nessun paese socialista si era mai pensato che fosse necessaria una nuova rivoluzione per annientare i nemici di classe e salvaguardare e sviluppare il socialismo.
Mao spiega che "La Grande rivoluzione culturale proletaria è, in fondo, una grande rivoluzione politica che il proletariato conduce nelle condizioni del socialismo, contro la borghesia e tutte le altre classi sfruttatrici, la continuazione della lunga lotta che oppone il Partito comunista cinese e le larghe masse popolari rivoluzionarie che esso dirige alla reazione del Guomindang, la continuazione della lotta di classe tra il proletariato e la borghesia" .9
In precedenza il Partito comunista cinese era stato investito da grandi battaglie di linea, come quella storica del '58 contro Peng Dehuai per il grande balzo in avanti e per le comuni popolari, ma mai la lotta di classe era stata portata al livello della Rivoluzione culturale.
"Nel passato, - diceva Mao nel febbraio 1967 - abbiamo condotto la lotta nelle campagne, nelle fabbriche, nel campo della cultura, e abbiamo attuato il movimento di educazione socialista; ma tutto ciò non ha potuto risolvere il problema, perché non abbiamo trovato una forma e un metodo capaci di mobilitare le larghe masse in modo aperto e completo, da basso in alto, per denunciare il nostro lato tenebroso" .
Questa forma di mobilitazione delle masse su larga scala per difendere e sviluppare il socialismo è stata poi trovata dallo stesso Mao con la Rivoluzione culturale proletaria. Un contributo enorme alla teoria e alla pratica del marxismo​ leninismo poiché si affida in prima persona alle larghe masse, e non solo al Partito e allo Stato, il compito di difendere il socialismo dagli assalti della borghesia spodestata e della nuova borghesia che si crea nel socialismo.
La Rivoluzione culturale dà pieno sfogo alla carica rivoluzionaria delle masse e al loro entusiasmo verso il socialismo. I traditori e i rinnegati vengono smascherati, denunciati e destituiti e quella parte del potere perduto viene riconquistato attraverso la mobilitazione di centinaia di milioni di persone, le quali possono esprimersi liberamente nei grandi dibattiti pubblici e con i dazebao, cioè i manifesti a grandi caratteri scritti a mano.
Proverbiale la partecipazione di milioni di studenti al movimento delle "Guardie rosse" al fine di estromettere la borghesia dall'insegnamento e dare a questo un carattere proletario rivoluzionario; così come i grandi movimenti di massa perché "l'agricoltura impari da Dazhai e l'industria da Daqing", due esperienze modello, allo scopo di sviluppare l'agricoltura e l'industria sulla base della linea economica di Mao.
Le masse messe in movimento su larga scala sotto la direzione del proletariato e del suo Partito, nel corso della lotta tra le due linee, le due classi e le due vie, fanno nuove esperienze e si assumono nuove responsabilità dirigenti attraverso propri rappresentanti nei Comitati rivoluzionari, nuovi organi di governo nati nel corso della Rivoluzione culturale, i cui membri venivano eletti con sistemi di elezione simili a quelli della Comune di Parigi.
La Rivoluzione culturale proletaria era diretta contro la borghesia, si è detto. Ma chi era esattamente questa borghesia, dove si trovava? Ce lo dice Mao: "I rappresentanti della borghesia infiltrati nel Partito, nel governo, nell'esercito e nei diversi ambienti culturali, formano un'accozzaglia di revisionisti controrivoluzionari. Se si presentasse l'occasione, prenderebbero il potere e trasformerebbero la dittatura del proletariato in dittatura della borghesia. Abbiamo scoperto alcuni di questi individui; altri non sono ancora stati scovati; altri ancora, per esempio gli individui tipo Krusciov, godono ancora della nostra fiducia, vengono formati come nostri successori e si trovano attualmente in mezzo a noi" . 10
Questa denuncia può non impressionare oggi, alla luce dei fatti successi in Cina e negli altri paesi già socialisti, ma allora fece un grande scalpore. Come era possibile che dei compagni, addirittura dei dirigenti del Partito che avevano superato tante dure prove della rivoluzione, fossero dei borghesi, dei controrivoluzionari? Se però ci riflettiamo un po' capiamo che solo degli idealisti potrebbero pensare che nel Partito del proletariato sia tutto puro e immacolato, immune dall'influenza borghese, dal revisionismo, dall'individualismo, dall'arrivismo, dal burocratismo e dall'egoismo.
La Rivoluzione culturale aveva lo scopo di schiacciare il revisionismo, riprendere quella parte del potere usurpata dai rappresentanti della borghesia infiltratisi nel Partito, consolidare e sviluppare la base economica ed esercitare la dittatura totale del proletariato nella sovrastruttura, cioè la politica, l'ideologia, la cultura, l'insegnamento, l'arte e le istituzioni statali.
Dovunque doveva entrare la scopa d'acciaio del proletariato per far completa pulizia delle vecchie impostazioni, concetti e misure della borghesia e per rivoluzionarizzare tutto sulla base del marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
L'obiettivo finale era quello di trasformare la coscienza delle masse secondo la concezione proletaria del mondo e di formare e di educare milioni di successori della causa della rivoluzione proletaria. Un compito gigantesco e complesso, ma assolutamente necessario per poter continuare la rivoluzione e avanzare verso il comunismo. Un'impresa di portata storica, già tentata da Lenin e Stalin ma non in queste proporzioni e completezza di strategia, che se Mao avesse avuto il tempo materiale di portarla a termine prima di morire, sicuramente sarebbe stato impossibile da parte dei revisionisti e della borghesia riprendere il potere e distruggere quanto era già stato costruito in senso rivoluzionario nell'economia, nello Stato e nella società.
Mao ha sempre considerato la trasformazione degli uomini come uno dei due aspetti della trasformazione socialista, l'altro è la trasformazione del sistema: base economica e sovrastruttura. Non a caso esplicitamente egli afferma che "la Grande rivoluzione culturale proletaria è una grande rivoluzione che tocca l'uomo in quanto ha di più profondo, e tende a risolvere il problema della sua concezione del mondo" . 11
Molte sono le misure pratiche che vengono prese a tale proposito, fra cui la partecipazione dei quadri e dei giovani intellettuali al lavoro produttivo collettivo, lo studio del materialismo dialettico e storico da parte degli operai e dei contadini, la creazione fra costoro di contingenti di artisti, poeti e pittori, l'istituzione dei "medici scalzi", cioè di gruppi di giovani medici che vanno a svolgere la loro opera nelle più lontane campagne, la formazione di scuole metà studio metà lavoro, la diffusione a livello di massa delle opere dei cinque maestri, la scelta degli studenti tra gli operai e i contadini che hanno un'esperienza pratica.
Nello sforzo di creare una mentalità, una coscienza, una cultura e una pratica sociale veramente rivoluzionarie proletarie, vengono diffusi a milioni di copie tre brevissimi ma importanti interventi di Mao che passano alla storia come "i tre articoli più letti".
Essi sono: "Al servizio del popolo" (9 settembre 1944), in cui si esalta la dedizione dell'esercito alla causa della liberazione del popolo; "In memoria di Norman Bethune" (21 dicembre 1939), in cui si esaltano l'internazionalismo proletario e lo spirito marxista-leninista di assoluta abnegazione verso il popolo; "Come Yu Kung rimosse le montagne" (11 giugno 1945), in cui si esortano i marxisti-leninisti ad essere certi del trionfo della rivoluzione e a elevare la propria coscienza politica e quella del popolo.
Fare la rivoluzione per trasformare il mondo e se stessi, in sintesi questo è il concetto di fondo che Mao voleva che fosse acquisito dall'intero popolo cinese.
Riguardo al lavoro produttivo dei quadri, per cui si erano create delle apposite strutture denominate scuole del "7 Maggio", Mao così ne spiegava il significato e i motivi: "È assolutamente necessario mantenere il sistema di partecipazione dei quadri al lavoro produttivo collettivo. I quadri del nostro Partito e del nostro Stato sono semplici lavoratori e non signori che gravano sulle spalle del popolo. Partecipando al lavoro produttivo collettivo, i quadri mantengono ampi, costanti e stretti legami con i lavoratori. Questa è una misura di fondamentale importanza in un sistema socialista perché aiuta a vincere la burocrazia e a prevenire il revisionismo e il dogmatismo" . 12
Mentre per la rieducazione dei giovani intellettuali, Mao indicava la seguente misura: "È veramente necessario che i giovani intellettuali vadano in campagna per farsi rieducare dai contadini poveri e dai contadini medi dello strato inferiore. Bisogna convincere i quadri e gli altri abitanti della città a mandare in campagna i loro figli diplomati nelle scuole medie del primo o del secondo ciclo o nelle università. I compagni delle diverse regioni rurali devono riservare loro una buona accoglienza" . 13
Tutto il Partito, tutto il paese, tutto il popolo, tutte le istituzioni dovevano partecipare a questo movimento di trasformazione del sistema e di se stessi. Esso aveva anche un altro obiettivo concreto, cioè risolvere gradualmente le contraddizioni tra industria e agricoltura, città e campagna, lavoro intellettuale e lavoro manuale.
A tale proposito Mao lancia una direttiva molto importante in cui stabilisce: "L'Esercito Popolare di Liberazione deve essere una grande scuola. In questa scuola si deve studiare politica, materie militari, culturali; si può occupare di produzione agricola e sussidiaria e anche gestire fabbriche piccole e medie per produrre alcune cose di cui ha bisogno e altre da vendere allo Stato per un valore equivalente. Questa grande scuola può anche occuparsi del lavoro di massa, partecipare al movimento socialista nelle fabbriche e nelle campagne. Una volta terminato il movimento di educazione socialista, ci sarà costantemente lavoro di massa da svolgere, in modo che esercito e popolo formino per sempre una sola cosa. Esso deve inoltre prendere parte in ogni momento alle lotte della rivoluzione culturale per criticare la borghesia. In questa maniera l'esercito può impegnarsi al tempo stesso nello studio, nell'agricoltura, nell'industria e nel lavoro di massa. Naturalmente questi compiti devono essere coordinati in modo appropriato, bisogna distinguere tra compiti primari e compiti secondari; ogni unità può dedicarsi solo ad uno o due dei tre compiti - agricoltura, industria, lavoro di massa - e non a tutti e tre nello stesso tempo. In questo modo la funzione che svolgerà il nostro esercito, composto da alcuni milioni di uomini, sarà enorme.
Gli operai, che sono impegnati principalmente nell'industria, devono studiare nello stesso tempo materie militari, politica e cultura. Devono occuparsi del movimento di educazione socialista e criticare la borghesia. Dove ci siano le condizioni, devono occuparsi della produzione agricola e sussidiaria, come si fa nel campo petrolifero di Daqing. I contadini delle comuni, che sono impegnati principalmente nell'agricoltura (comprese la silvicoltura, la pastorizia, le attività sussidiarie, l'itticultura) devono studiare nello stesso tempo materie militari, politica e cultura. Quando ci siano le condizioni devono gestire collettivamente piccole fabbriche; devono anche criticare la borghesia.
Questo vale anche per gli studenti: impegnati principalmente nello studio devono apprendere nello stesso tempo altre cose, ossia il lavoro dell'industria, dell'agricoltura e le materie militari. La durata degli studi deve essere ridotta, bisogna portare la rivoluzione nell'insegnamento, il dominio degli intellettuali borghesi nelle nostre scuole non deve più continuare a esistere.
Anche quelli che lavorano nel commercio, nei servizi, negli organi di partito e di governo devono fare altrettanto purché le condizioni lo consentano" . 14
Si tratta indubbiamente di esperienze inedite, che fanno intravedere quali enormi possibilità di sviluppo e di emancipazione sociale ha nel grembo il socialismo.
Da quanto detto finora possiamo già capire quanto grande sia stato il contributo dato da Mao, sul piano teorico e sul piano politico e pratico, per mantenere la Cina sulla rotta del socialismo. Ma forse la sua misura strategica più importante, e sulla quale presumibilmente faceva il massimo affidamento, visto il suo rapporto privilegiato con le giovani "Guardie rosse", è stata quella della formazione ed educazione di milioni di successori alla causa della rivoluzione proletaria.
Su questo punto egli ha scritto un memorabile passo che raccoglie l'essenza della lezione della restaurazione del capitalismo in Urss e della lotta di classe che infuriava in Cina e negli altri paesi socialisti. Ascoltiamo con estrema attenzione quanto dice Mao e teniamo bene a mente le sue sagge e penetranti parole, poiché tra l'altro ci consentono di fare un bilancio della nostra militanza marxista-leninista, che possiamo eventualmente correggere e migliorare sulla base dei cinque requisiti che deve avere un vero marxista-leninista. "Perché ci sia la garanzia che il Partito e il paese non cambino colore - rileva Mao - dobbiamo non solo avere una linea e una politica giuste, ma anche formare ed educare milioni di successori della causa della rivoluzione proletaria.
In ultima analisi, formare i successori della causa rivoluzionaria del proletariato vuol dire decidere se ci sarà o no chi può portare avanti la causa della rivoluzione marxista-leninista iniziata dalla vecchia generazione di rivoluzionari proletari, se la direzione del nostro Partito e dello Stato resterà o no nelle mani dei rivoluzionari proletari, se i nostri discendenti continueranno o no ad avanzare lungo la giusta strada tracciata dal marxismo-leninismo, o, in altre parole, se riusciremo o no a prevenire la nascita del revisionismo kruscioviano in Cina. In breve, si tratta di una questione di estrema importanza, una questione di vita o di morte per il nostro Partito e il nostro paese. È una questione di fondamentale importanza per la causa rivoluzionaria proletaria nei prossimi cento, mille o diecimila anni. Basandosi sui cambiamenti nell'Unione Sovietica, i profeti imperialisti puntano le loro speranze di 'evoluzione pacifica' sulla terza o quarta generazione del Partito cinese. Dobbiamo smentire queste profezie degli imperialisti. Dalle nostre più alte organizzazioni a quelle di base, dobbiamo dovunque curare costantemente la formazione e l'educazione dei successori della causa rivoluzionaria.
Quali requisiti devono avere i degni successori della causa rivoluzionaria del proletariato?
Essi devono essere autentici marxisti-leninisti e non, come Krusciov, revisionisti travestiti da marxisti-leninisti.
Devono essere rivoluzionari che di tutto cuore servono la stragrande maggioranza del popolo della Cina e di tutto il mondo e non essere come Krusciov, che serve gli interessi di un pugno di gente, ossia dello strato borghese privilegiato nel suo paese, e gl'interessi dell'imperialismo e della reazione stranieri.
Devono essere uomini politici proletari, capaci di unirsi e lavorare con la stragrande maggioranza. Devono unirsi non solo con chi è d'accordo, ma sapersi unire anche con chi non lo è e, dopo che la pratica ne abbia provato gli errori, perfino con chi in precedenza li avversava. Devono stare particolarmente in guardia contro gli arrivisti e i cospiratori come Krusciov e impedire che tali cattivi elementi usurpino la direzione del Partito e dello Stato a qualsiasi livello.
Devono dare l'esempio nell'applicare il centralismo democratico del Partito, impadronirsi del metodo di direzione basato sul principio 'dalle masse alle masse', coltivare uno stile democratico che li renda capaci di ascoltare le masse. Non devono, come Krusciov, essere dispotici e violare il centralismo democratico del Partito, compiere attacchi di sorpresa contro i compagni o agire in modo arbitrario e dittatoriale.
Devono essere modesti e avveduti e guardarsi dall'arroganza e dalla precipitazione; devono compenetrarsi dello spirito dell'autocritica e avere il coraggio di correggere i difetti e gli errori riscontrati nel loro lavoro. Non devono mai, come Krusciov, nascondere i propri errori, attribuirsi tutto il merito e gettare tutta la colpa sugli altri.
I successori della causa rivoluzionaria del proletariato emergono nelle lotte di massa e si temprano nelle grandi tempeste della rivoluzione. È essenziale mettere alla prova e giudicare i quadri e scegliere e formare i successori nel corso di prolungate lotte di massa" . 15
Contrariamente a quanto sostengono i trotzkisti, gli "ultrasinistri" e gli anarchici, per la loro antica avversità nei confronti del Partito marxista-leninista e il suo ruolo dirigente nella rivoluzione e nel socialismo e per il loro opportunismo verso i rivoluzionari piccolo-borghesi refrattari alla disciplina proletaria e al centralismo democratico, il Partito comunista cinese ha avuto un ruolo centrale nella Rivoluzione culturale.
Basti pensare che tutte le decisioni riguardanti la Rivoluzione culturale sono state prese dall'Ufficio politico, dal Comitato centrale e dai Congressi del Partito, a cominciare dai due documenti storici che tracciano la linea della Rivoluzione culturale, cioè la Circolare del 16 maggio 1966 e la Decisione in 16 punti dell'8 agosto dello stesso anno redatte sotto la direzione personale di Mao e adottate dal Comitato centrale.
Basti pensare che nei grandiosi movimenti delle “Guardie rosse” e di ogni altro movimento di massa era presente con ruolo di avanguardia il Partito. Basti pensare che in tutte le istituzioni dello Stato e nei nuovi organi rivoluzionari, quali i Comitati rivoluzionari, operava direttamente il Partito con ruolo dirigente, conformemente all'indicazione di Mao secondo cui “Dei sette settori seguenti: l'industria, l'agricoltura, il commercio, la cultura e l'insegnamento, l'esercito, il governo e il Partito, il Partito è quello che deve esercitare la sua direzione su tutti gli altri”. 16
Questo indipendentemente dal fatto che una parte del Partito, soprattutto ai massimi vertici, fosse oggetto degli attacchi di Mao e della Rivoluzione culturale.
Non era certo un fatto nuovo che il Partito fosse investito dalla lotta di classe. Infatti, finché era vivo Mao il Partito comunista cinese ha conosciuto undici importanti lotte tra le due linee, lotte inevitabili e necessarie come riflesso della lotta di classe esistente nella società. Specie se si considerano le dimensioni del Partito comunista cinese che da alcune decine di membri, forse cinquanta, all'atto della fondazione avvenuta il 1° luglio 1921, era passato poco prima della Rivoluzione culturale, a 17 milioni di membri, di cui solo 3 milioni e 400 mila avevano preso la tessera prima della fondazione della Repubblica popolare cinese proclamata il 1° Ottobre 1949, tra essi coloro che erano entrati nel Partito negli anni Venti erano poco più di 700.
Le ultime tre, quelle contro le cricche revisioniste di Liu e durante la Rivoluzione culturale. Sostanzialmente tali cricche si opponevano alla trasformazione della rivoluzione democratica in rivoluzione socialista negando che nel socialismo la contraddizione principale continua ad essere quella tra proletariato e borghesia e ritenendo che il compito principale fosse quello di sviluppare la produzione e non quello di lottare contro la borghesia.
La lotta contro la cricca di Liu e Deng si è conclusa col IX Congresso nazionale del Partito tenutosi dal 1° al 24 aprile 1969, la lotta contro la cricca di Lin Biao al X Congresso tenutosi dal 24 al 28 agosto 1973, mentre la lotta contro la cricca di Deng è rimasta aperta per la sopraggiunta morte di Mao, il quale tuttavia alla riunione dell'Ufficio politico del Partito, tenutasi il 7 aprile 1976, aveva fatto approvare una risoluzione che decretava "la destituzione di Deng Xiaoping da tutte le sue funzioni all'interno e all'esterno del Partito e la conservazione della sua posizione di membro del Partito in osservazione".
In particolare Deng si opponeva alla direttiva di Mao secondo cui "La lotta di classe è l'asse attorno a cui ruota tutto il resto" . 17
Mao aveva un pessimo giudizio del boia revisionista e fascista di Tian An Men che bolla con queste parole: "Deng Xiaoping non afferra la lotta di classe, non l'ha mai considerata l'asse principale. Non sa nulla di marxismo-leninismo, egli rappresenta la borghesia. A fior di labbra ha giurato che 'non avrebbe mai messo in discussione le decisioni corrette'. Non si può far affidamento su di lui" . 18
Il proletariato cinese è stato la forza dirigente della Rivoluzione culturale, così come lo era stato nella rivoluzione di nuova democrazia, nonostante allora fosse costituito di 4 milioni di operai, mentre negli anni Sessanta il suo numero ammontava sui 15 milioni in un paese sterminato con una popolazione a stragrande maggioranza contadina.
A riprova che non è il numero, bensì la sua collocazione economica, la sua ideologia e le sue caratteristiche di classe, che assegnano al proletariato il ruolo egemone nella rivoluzione proletaria.
"Il nostro - indicava Mao - è un paese di settecento milioni di abitanti e la classe operaia è la classe dirigente. Bisogna valorizzare in pieno la funzione dirigente della classe operaia nella Grande rivoluzione culturale proletaria e in tutti i settori di attività. Anche la classe operaia deve elevare ininterrottamente la propria coscienza politica nel corso della lotta" .19
Da notare come Mao leghi il ruolo dirigente della classe operaia con la necessità della trasformazione di se stessa nel corso della lotta. In effetti la pratica dimostrava che la classe operaia per poter svolgere bene le sue funzioni dirigenti nell'economia, nello Stato, nella cultura, nel Partito doveva essere in grado di tenere testa, anche sul piano ideologico, ai volponi revisionisti.
Perciò Mao non perdeva l'occasione per esortare la classe operaia a studiare seriamente e approfonditamente il marxismo-leninismo per elevare la propria coscienza politica e accrescere la propria cultura rivoluzionaria. Nella sua gran​ de opera già citata ricorreva persino alla sua esperienza personale per convincere la classe operaia a trasformare se stessa e diceva: "Nella lotta di classe e nella lotta contro la natura, la classe operaia trasforma la società intera e allo stesso tempo trasforma se stessa. Lavorando, la classe operaia deve continuamente imparare, ed eliminare progressivamente i propri difetti; la classe operaia deve incessantemente progredire. Prendiamo noi che siamo qui presenti, ad esempio: molti di noi ogni anno fanno qualche progresso, cioè ogni anno si trasformano. Un tempo io avevo una quantità di idee non marxiste e solo in seguito ho assimilato il marxismo. Ho studiato un po' di marxismo sui libri iniziando così a trasformare la mia ideologia, ma la trasformazione si è realizzata soprattutto nel corso di una lotta di classe prolungata. E io devo continuare a studiare se voglio ancora progredire, altrimenti tornerei indietro" .20
Mao era sicuro che con una classe operaia ben preparata ideologicamente, culturalmente e politicamente non c'era roccaforte borghese che potesse rimanere in piedi. Tutto poteva essere assaltato e conquistato dalla classe operaia, persino l'insegnamento. E così, non curandosi della rabbia, degli strilli e dello scandalo della borghesia cinese e internazionale, emana la stupenda direttiva della direzione delle scuole e delle università da parte della classe operaia, costituita dalle seguenti parole: "Per compiere la rivoluzione proletaria nell'insegnamento bisogna che la classe operaia ne assuma la direzione; bisogna che le masse operaie vi si associno, e realizzino in stretta collaborazione con i combattenti dell'Esercito popolare di liberazione, la triplice unione rivoluzionaria, raggruppando anche gli elementi attivi che, tra gli studenti, insegnanti e lavoratori della scuola, sono decisi a portare fino in fondo la rivoluzione proletaria nell'insegnamento.
Le squadre operaie di propaganda dovranno rimanere a lungo nelle scuole e partecipare a tutti i compiti di lotta-critica-trasformazione. Dovranno inoltre dirigere per sempre le scuole. Nelle campagne tocca agli ex contadini poveri e medio poveri, i più solidi alleati della classe operaia, occuparsi delle scuole" .21
Se la classe operaia è stata la forza dirigente della Rivoluzione culturale, le giovani Guardie rosse, ragazze e ragazzi uniti come una sola entità, ne sono i pionieri, la più importante forza d'urto. Le prime cannonate a livello di massa partono dalle scuole e dalle università. Incoraggiati dal dazebao di Mao intitolato "Fuoco sul quartier generale", scritto il 5 agosto 1966 in appoggio al dazebao redatto da ventitre studenti e insegnanti di ambo i sessi dell'università di Pechino, decine di milioni di studenti si slanciano con ardore nella Rivoluzione culturale.
La parola d'ordine di Mao che lancia alle Guardie rosse "È giusto ribellarsi contro i reazionari" , e non semplicemente "è giusto ribellarsi" come propagandano opportunisticamente i trotzkisti e gli anarchici in Italia e altrove, risuona in tutte le scuole e le università della Cina che diventano delle polveriere. Il 1° agosto 1966 Mao scrive alle Guardie rosse della scuola media annessa all'università Qinghua di Pechino: "Le azioni rivoluzionarie delle Guardie rosse esprimono l'indignazione e la condanna nei confronti della classe dei proprietari fondiari, la borghesia, l'imperialismo, il revisionismo e i loro lacchè, che sfruttano e opprimono gli operai, i contadini, gli intellettuali rivoluzionari; esse dimostrano che è giusto ribellarsi contro i reazionari. Vi esprimo il mio caloroso appoggio" .22
Su questa base le Guardie rosse si sollevano come un sol uomo attaccando ovunque, dentro e fuori le scuole e le università, le autorità scolastiche e universitarie e i rappresentanti della borghesia infiltratisi nel Partito. In 6 occasioni, a partire dal 18 agosto 1966 e nei mesi successivi dell'anno, Mao riceve in piazza Tian An Men 13 milioni di Guardie rosse e altre masse rivoluzionarie.
Le gesta eroiche delle Guardie rosse fanno il giro del mondo, entusiasmando e influenzando enormemente anche le masse studentesche italiane che ne emulano le imprese nella Grande Rivolta del Sessantotto.
L'Esercito popolare di liberazione, fondato ed educato da Mao come una forza di combattimento e insieme una forza di lavoro e di produzione, integrato con le masse e al servizio di esse, ha svolto un ruolo molto importante nella Rivoluzione culturale. Esso ha appoggiato attivamente le masse rivoluzionarie e la trasformazione socialista dell'agricoltura e dell'industria, mentre ha sviluppato l'opera di trasformazione di se stesso proletarizzandosi, una manifestazione in questo senso è l'abolizione dei gradi, e mettendo al primo posto la politica proletaria rivoluzionaria e lo studio del marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
Veramente si può dire, alla luce dei fatti, che attraverso la Rivoluzione culturale la costruzione del socialismo in Cina ha conosciuto un nuovo sviluppo. Tuttavia Mao era cosciente che quanto fatto non era sufficiente e in grado di impedire una volta per tutte la restaurazione del capitalismo.
Fin da quando lancia la prima Grande rivoluzione culturale proletaria, Mao riteneva che sarebbe stato necessario farne altre in seguito e entro breve tempo, affermando che "La Grande rivoluzione culturale in corso non è che la prima di questo genere; sarà necessario intraprenderne delle altre. Nella rivoluzione la questione di sapere di chi sarà la vittoria non sarà risolta che al termine di un lungo periodo storico. Se non agiamo come si deve, la restaurazione del capitalismo può prodursi in ogni momento. I membri del Partito e il popolo intero non devono credere che tutto andrà bene dopo una, o due o anche tre o quattro grandi rivoluzioni culturali. Restiamo in guardia e non allentiamo mai la nostra vigilanza" .23
Coerente con questa linea, Mao negli ultimi mesi della sua vita lanciò delle importanti direttive, quali lo studio degli insegnamenti di Marx, Engels, Lenin e Stalin sulla dittatura del proletariato, prendere la lotta di classe come asse, la limitazione del diritto borghese, considerare ancora il revisionismo come nemico principale da combattere, ridurre le tre differenze (fra industria e agricoltura, città e campagna, lavoro intellettuale e lavoro manuale). Ma vedendo gli ostacoli che opponeva la cricca di Deng si rendeva sempre più conto che occorreva mobilitare di nuovo le larghe masse popolari in una nuova grande rivoluzione culturale proletaria.
Non ne ebbe però il tempo, e dopo la sua morte, nel giro di poco più di due anni, i revisionisti capeggiati da Deng ripresero integralmente il potere facendo piombare la gloriosa Cina socialista di Mao in una tenebrosa dittatura fascista. Ancora una volta si dimostrava vera e scientifica la tesi di Mao secondo cui "Noi abbiamo già riportato grande vittoria. Ma la classe sconfitta continuerà a dibattersi. Questa gente esiste ancora, e anche questa classe. Perciò non possiamo parlare della vittoria finale. Non potremo parlarne neppure nei prossimi decenni. Non dobbiamo perdere la vigilanza. Secondo il punto di vista leninista, la vittoria finale in un paese socialista non solo richiede gli sforzi del proletariato e delle larghe masse popolari del proprio paese, ma dipende anche dalla vittoria della rivoluzione mondiale e dall'abolizione del sistema di sfruttamento dell'uomo sull'uomo su tutta la Terra, in modo che tutta l'umanità raggiunga l'emancipazione. Perciò parlare alla leggera della vittoria finale della rivoluzione nel nostro paese è erroneo, va contro il Leninismo e non corrisponde neanche ai fatti" .24
Il che non significa che non si può realizzare il socialismo in un solo paese, ma solamente che la vittoria definitiva del socialismo si può avere quando in tutto il pianeta sventola la bandiera rossa.
Con la caduta del grande bastione rosso della Cina, dopo quello sovietico vent'anni prima, si conclude una fase della storia della dittatura del proletariato, ora si tratta di aprirne un'altra forti dell'esperienza accumulata nel passato.
Non sappiamo quanto tempo passerà prima di allora, ma è certo che passerà. Dalla Comune di Parigi all'Ottobre sovietico passarono 46 anni e altri 32 prima dell'Ottobre cinese. Quanti altri anni dovremo ancora aspettare prima del trionfo dell'Ottobre italiano? Noi ce la mettiamo tutta per affrettarne i tempi, quanto prima il proletariato si sveglierà e ce ne darà la forza tanto prima sventolerà la bandiera rossa in Italia.
 

La nostra fiducia verso il socialismo rimane intatta e incrollabile
La restaurazione del capitalismo nei paesi già socialisti, con tutti gli avvenimenti e gli sconvolgimenti che ciò ha comportato, non ha mutato il nostro atteggiamento verso il socialismo, la nostra fiducia in esso rimane intatta e incrollabile.
Sulla base degli insegnamenti di Mao sulla teoria della continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato e sulla Rivoluzione culturale, nonché sulla base del confronto dell'Urss e della Cina rispettivamente prima e dopo la morte di Stalin e di Mao, noi sappiamo bene che non è stato il socialismo a portare la miseria, la fame, la disoccupazione, lo sfruttamento, l'oppressione e la disgregazione sociale e statale a quei popoli, ma la dittatura della borghesia attraverso i revisionisti.
Questa verità è inconfutabile, anche se una parte consistente delle masse - senza contare le distorsioni e le manipolazioni dell'imperialismo e della reazione - attribuisce le colpe di quanto è accaduto al socialismo, poiché i rinnegati revisionisti vestivano i panni comunisti e facevano passare le loro dittature come socialismo .
Indubbiamente la dittatura fascista dei revisionisti nei paesi già socialisti ha arrecato dei danni incalcolabili all'immagine, al prestigio e all'onore del socialismo, tuttavia gradualmente e attraverso l'esperienza, i debiti raffronti e lo studio della storia e della lotta tra marxismo-leninismo-pensiero di Mao e revisionismo, i popoli prenderanno coscienza della differenza sostanziale che esiste tra il capitalismo e il socialismo e finiranno per riporre di nuovo la fiducia in quest'ultimo.
Infatti chi vuole l'emancipazione del proletariato e di tutta l'umanità, l'estinzione dello Stato e dei partiti, l'autogoverno del popolo, l'abolizione delle classi, dei conflitti di classe, della guerra di qualsiasi tipo, giusta e ingiusta, rivoluzionaria e contro rivoluzionaria, e di ogni forma di violenza, la soppressione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo e della proprietà privata capitalista, la giustizia sociale, la completa e autentica parità tra la donna e l'uomo, il benessere dei lavoratori, l'abolizione del sottosviluppo e degli squilibri territoriali, il risanamento ecologico, non può non volere il socialismo. Cioè quel sistema sociale che consente, attraverso l'esercizio della dittatura del proletariato, di passare al comunismo dove finalmente, gradualmente e per fasi successive, si può realizzare tutto ciò. Un'altra strada non esiste, è pura utopia se non un autoinganno o un inganno vero e proprio.
Come dimostrano i fatti e l'esperienza storica mondiale e come insegnano i maestri del proletariato, perdurando il capitalismo, l'imperialismo, il colonialismo e il razzismo non è possibile aspirare all'uguaglianza sociale, al benessere sociale, alla democrazia e alla libertà autentiche, alla pace sociale, alla nonviolenza, all'aiuto reciproco tra i lavoratori e alla solidarietà di classe, a un'alta moralità e spiritualità. Bisogna passare dal socialismo e andare verso il comunismo per soddisfare queste sacrosante aspirazioni millenarie, da quando dal comunismo primitivo il mondo ha visto l'apparizione delle classi, della proprietà privata e delle dittature successive degli schiavisti, dei feudatari e dei borghesi.
I nostri modelli di socialismo sono quelli costruiti da Lenin e Stalin e da Mao, anche se il nostro disegno di socialismo, delineato al III Congresso nazionale del PMLI, svoltosi nel dicembre 1985, corrisponde alla realtà del nostro Paese e non è una copia meccanica di quelli.
Certo è che da quelle due grandi esperienze storiche, noi abbiamo ricavato la profonda convinzione che al centro di tutte le nostre attenzioni nel socialismo ci deve essere la rivoluzione ininterrotta secondo la teoria di Mao, il pieno coinvolgimento delle masse rivoluzionarie nella costruzione del socialismo, la trasformazione della concezione del mondo delle masse, la proletarizzazione del Partito.
In particolare, le masse sotto la guida del proletariato devono dirigere e controllare tutti i settori dell'economia, dello Stato, della politica e ogni altra parte della sovrastruttura, e i dirigenti del Partito e dello Stato devono essere dei veri proletari nell'ideologia, nella politica e nella pratica sociale, vivendo in mezzo agli operai con gli stessi salari e negli stessi alloggi.
Dato lo scempio compiuto dai revisionisti nella coscienza delle masse e l'influenza nefasta che esercitano gli avvenimenti in Urss, siamo perfettamente consapevoli che il socialismo non è dietro l'angolo, pur tuttavia è sempre oggettivamente la mèta storica del proletariato. Dovremo superare diversi tornanti storici prima di conquistarlo.
Il primo di questo tornante è costituito dalla presa di coscienza da parte del proletariato che se vuole andare al potere non ha altra strada che quella del socialismo, che non si raggiunge pacificamente e per via parlamentare.
L'esperienza indonesiana del '65, quella del Cile del '73, e quella del "Piano Solo" e di "Gladio" in Italia hanno chiaramente dimostrato che è sempre pronto lo sterminio dei marxisti-leninisti e dei rivoluzionari per impedirgli di prendere il potere sia pure per via legale e parlamentare.
Il secondo tornante storico, che potrebbe procedere parallelamente al primo, è costituito dalla presa di coscienza da parte degli operai avanzati, degli intellettuali, delle ragazze e dei ragazzi rivoluzionari che solo il PMLI è fermamente intenzionato a percorrere fino in fondo la strada della rivoluzione socialista, ed è quindi l'unico partito che merita il loro appoggio e la loro militanza. E non certo il partito neorevisionista di Garavini e Cossutta che si propone ufficialmente di "radicare" le masse nelle istituzioni capitalistiche, peraltro in un momento in cui sono in piena fascistizzazione.
Una volta superati questi due tornanti storici dovrebbe essere più facile e più spedito il cammino del proletariato e l'opera di accumulazione delle forze sociali e politiche necessarie alla rivoluzione.
Tutto dipende dalla possibilità che la voce del PMLI giunga al più presto in ogni città, e ovunque vi siano dei pionieri pronti a raccoglierla e disposti a compiere ogni sacrificio per la causa del socialismo.
L'Italia non ha mai avuto dei veri pionieri della causa del socialismo. Non lo sono stati Andrea Costa, Camilla Prampolini, Turati, Treves, Leonida Bissolati, Antonio Labriola, Pietro Nenni e Sandro Pertini, né Amedeo Bordiga, Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti né tanto meno lo sono Ingrao e i leader dell'assurdo, fuorviante e controrivoluzionario partito di rifondazione comunista.
I fatti dimostrano che lo possono essere solo chi impugna con forza le rosse bandiere dei cinque maestri e del PMLI. La lotta contro il presidenzialismo e il neofascismo rende quanto mai urgente questa presa di coscienza da parte dì coloro che già oggi credono nel socialismo e degli elementi avanzati del proletariato, delle masse e della gioventù, una particolare speranza noi riponiamo nelle ragazze e nei ragazzi.
Se infatti non si scatenano le fabbriche, le scuole, le università e le piazze è impensabile fermare l'asse piduista e neofascista Craxi-Cossiga che, con la connivenza e l'inerzia degli imbelli parlamentari cosiddetti di sinistra, ha rimesso, un po' per volta, la camicia nera all'Italia. Non è difficile prevedere che se non si ricorre alla dura lotta di classe, quanto prima questi caporioni neofascisti mascherati raggiungeranno il loro obiettivo massimo dell'elezione diretta del capo dello Stato o, in alternativa, del cancellierato.
Ormai da anni viviamo in pieno regime piduista, neofascista, presidenzialista e mafioso, senza che le masse ne siano consapevoli, poiché tranne il PMLI nessuno le ha allertate e mobilitate. Tutt'al più i vecchi e nuovi revisionisti e i trotzkisti arrivano ad ammettere che siamo in presenza di "tendenze autoritarie", ma senza fare niente di concreto per denunciarle e combatterle, anzi auspicano un governo di
alternativa alla DC col neoduce Craxi.
Quando in realtà il parlamento è stato completamente esautorato, i poteri sono stati accentrati nell'esecutivo e al Quirinale, lo Stato fascistizzato attraverso i superprefetti, le superprocure, gli Alti commissari e la superpolizia, la magistratura umiliata, zittita e assoggettata al governo, il Paese è stato militarizzato, specie al Sud, il militarismo, il bellicismo e il nazionalismo hanno preso campo, come dimostra la famigerata guerra del Golfo, la monarchia, il fascismo di Mussolini, i gladiatori, i golpisti e il terrorismo e il suo "capo" di facciata sono stati riabilitati, la mafia impera nel governo, nello Stato, nei partiti parlamentari e nell'economia, mentre nelle fabbriche e nelle scuole e nelle università regnano la restaurazione e la disciplina fasciste.
Motore di tutto questo è il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, un agente segreto della P2 e del vecchio e nuovo fascismo, altrimenti non si comprenderebbero gli sforzi che sta compiendo, con le fluviali "esternazioni" e con gli atti, come il recente messaggio presidenzialista e neofascista alle Camere per realizzare pienamente il cosiddetto "piano di rinascita democratica" di Gelli. Cosicché, senza colpo ferire, la banda nera dei tre, Craxi-Cossiga-Gelli, ha restaurato il fascismo sotto nuove forme.
Il PMLI da solo, isolato persino dalla "sinistra" parlamentare, boicottato dai mass-media, senza temere le reazioni dei piduisti e pur perseguitato dalla destra della polizia e della magistratura, fin dal II Congresso nazionale, tenutosi il 6, 7, 8 novembre 1982, per non andare più indietro, ha denunciato il "piano" di Gelli e il nuovo duce Craxi. E oggi continua a denunciarli e a combatterli accanitamente, non stancandosi di appellarsi agli antifascisti affinché abbiano il coraggio di uscire allo scoperto e di darci manforte. Non vorremmo che facessero come i liberali, i popolari, i socialisti e i sedicenti comunisti degli anni '20 che sottovalutarono Mussolini e il fascismo e aprirono loro la strada.
Noi invitiamo di nuovo queste forze, ivi incluse quelle cattoliche, cristiane e di qualsiasi fede religiosa progressiste, a rompere il cordone ombelicale con la democrazia borghese e col capitalismo e a combattere fianco a fianco con noi, non però per ritornare alla prima Repubblica morta e sepolta e per ripristinare la Costituzione del '48 ormai ridotta a un colabrodo e a un pezzo di gomma che ciascuno tira come e dove vuole, ma per andare verso il socialismo.
A questo punto difendere la prima Repubblica sarebbe una battaglia di retroguardia, una manovra fuorviante, un nuovo infame tentativo di asservire il proletariato e le masse popolari al capitalismo e alla democrazia borghese.
Questo tipo di democrazia, che ha costituito un progresso storico, politico e pratico rispetto alla democrazia feudale, non è più in grado di esprimere alcunché di progressivo, e per di più per due volte ci ha portato al fascismo: ieri col volto di Mussolini, oggi col volto di Craxi e Cossiga, senza scordare Andreotti.
Questo tipo di democrazia non ha niente di universale, e chi l'ha già conosciuta e sperimentata, come il proletariato e il popolo italiani, sanno bene che ha un chiaro marchio di classe e che può essere superata solo dalla democrazia socialista, che significa democrazia per le masse e dittatura per la borghesia.
La democrazia socialista non è l'"estensione" della democrazia borghese, ma il suo superamento, il suo capovolgimento di segno e di pratica: mette al potere il proletariato e schiaccia la resistenza della borghesia rovesciata.
La democrazia borghese si fonda sulla proprietà privata, sulla legge del più forte, sulla libertà dei capitalisti e sull'oppressione dei lavoratori, sul parlamentarismo inconcludente e ingannatorio e sulla delega in bianco, sull'individualismo, sull'egoismo e sull'“arricchitevi", mentre la democrazia socialista si fonda sulla proprietà collettiva, sul- 1'altruismo rivoluzionario, sulla libertà dei lavoratori e sull'oppressione della borghesia, sull'autogoverno del popolo e sulla democrazia diretta, sullo spirito di servire il popolo, sull'obiettivo di emancipare il proletariato e tutta la società.
Se non si lotta per il socialismo sarà perciò impossibile liberarsi in un colpo dal neofascismo e dalla democrazia borghese, che genera costantemente il fascismo, protegge il sistema economico capitalistico e tiene oppresse le masse con le illusioni elettorali, parlamentari, pacifiste e costituzionali.
Se non si lotta per il socialismo, che significa combattere il capitalismo e la sua sovrastruttura che ha assunto vesti neofasciste, presidenzialiste e mafiose in tutti i settori, sarà impossibile fare uscire il nostro martoriato Mezzogiorno dalla miseria nera e dal sottosviluppo, difendere i diritti dei lavoratori e contrastare la torchiatura fiscale alle masse popolari e i veementi attacchi ai salari, alla scala mobile, alle pensioni, alla contrattazione, all'occupazione, alla sanità, alla previdenza sociale e ai servizi sociali; se non si lotta per il socialismo sarà impossibile combattere e sradicare la mafia e rendere giustizia ai martiri antimafiosi; se non si lotta per il socialismo sarà impossibile dare alle masse femminili un corretto orientamento per la parità con l'uomo in tutti i campi e per l'emancipazione, ai giovani delle periferie urbane gli impulsi incisivi e necessari per combattere la loro emarginazione sociale e agli studenti l'incoraggiamento a prendere il potere nelle scuole e nelle università attraverso l'autogoverno trasformandole in servizio sociale goduto dal popolo e al servizio del popolo; se non si lotta per il socialismo sarà impossibile bloccare la politica estera e militare del governo tesa a saziare le grandi ambizioni colonialiste e imperialiste dei monopoli italiani.
In altri termini si vuol dire che se tutte le lotte delle masse, operaie, contadine, lavoratrici, femminili, pensionate, studentesche non vengono inserite nella strategia della lotta per il socialismo raccoglieremo solo delle piccole briciole del sontuoso banchetto dei pescecani capitalisti e monopolisti, il disegno presidenzialista andrà più avanti e i movimenti di massa ruoteranno e si esauriranno nell'orbita del neofascismo.
Noi siamo convinti che in Italia non c'è avvenire democratico, progressista, antifascista, anticapitalista e rivoluzionario, se non si apre la lotta per il socialismo. Noi siamo pronti e continueremo a lavorare affinché il proletariato e le nuove generazioni si risveglino e sotto le grandi e rosse bandiere del PMLI comincino a dare l'assalto al cielo. Non importa quanto tempo ci vorrà, ma prima o poi siamo certi che avverrà.
In ogni caso continueremo alacremente, e con più entusiasmo di prima, a svolgere i nostri compiti rivoluzionari ripetendo fiduciosi con Mao che "il sistema socialista finirà col sostituirsi al sistema capitalista; è una legge obiettiva, indipendente dalla volontà dell'uomo. Per quanto i reazionari si sforzino di fermare la ruota della storia, prima o poi la rivoluzione scoppierà e sarà inevitabilmente vittoriosa" .25
Viva il socialismo e la dittatura del proletariato!
Viva la Grande rivoluzione culturale proletaria!
Viva, viva, viva gli immortali Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao!
 
 
NOTE
1 Il ruolo del Partito comunista cinese nella guerra nazionale, ottobre 1938, Opere scelte, val. 2, p. 217
2 Discorso alla Conferenza nazionale di propaganda del Partito comunista cinese, 12 marzo 1957, Opere scelte, vol. 5 (Ed. Einaudi), p. 600
3 Discorso alla II Sessione plenaria dell'VIII Comitato centrale del Partito comunista cinese, 15 novembre 1956, Opere scelte, val. 5 (Ed. Einaudi), pp. 454-455
4 Rapporto alla II Sessione plenaria del VII Comitato centrale del Partito comunista cinese, 5 marzo 1949, Opere scelte, vol. 4, pp. 387-388
5 Discorso alla Conferenza nazionale di propaganda del Partito comunista cinese, idem, p. 599
6 Bisogna avere una ferma fiducia nella maggioranza delle masse. Discorso alla XIII Sessione della Conferenza suprema di Stato, 13 ottobre 1957, Opere scelte, vol. 5 (Ed. Einaudi), p. 684
7 Citato in "La Grande rivoluzione culturale proletaria rifulgerà sempre in tutto il suo splendore)), articolo del “Quotidiano del Popolo”, 16 maggio 1976
8 Discorso alla riunione di lavoro del Comitato centrale del Partito comunista cinese tenuta a Beidaihe nell'agosto del 1962 e alla X Sessione plenaria dell'VIII Comitato centrale del Partito comunista cinese del settembre 1962
9 Citato in "Paese degli ibischi nel mattino scintillante”, articolo del “Quotidiano del Popolo”, 10 aprile 1968
10 Circolare del Comitato centrale del Partito comunista cinese, 16 maggio 1966
11 Citato in “Avanziamo lungo la via aperta dalla Rivoluzione socialista d'Ottobre”, articolo delle redazioni di “Quotidiano del Popolo” “Bandiera rossa” e “Quotidiano dell'esercito di liberazione”, 6 novembre 1967
12 Citato in "Il falso comunismo di Krusciov e le lezioni storiche che dà al mondo”, 14 luglio 1964
13 Direttiva durante la Grande rivoluzione culturale proletaria
14 Citato in "Tutto il paese deve diventare una grande scuola del pensiero di Mao Zedong”, articolo del “Quotidiano del Popolo”, 1 ° agosto 1966
15 Citato in "Il falso comunismo di Krusciov e le lezioni storiche che dà al mondo”, idem
16 Discorso a una Conferenza di lavoro allargata dd Comitato centrale del Partito comunista cinese) 30 gennaio 1962
17 Citato in "Nulla è impossibile al mondo, se si è decisi a scalare le vette”, articolo del “Quotidiano del Popolo”, 1 ° gennaio 1976
18 Citato in "Una grande vittoria”, articolo del “Quotidiano del Popolo”, 14 aprile 1976
19 Direttiva durante la Grande rivoluzione culturale proletaria 20 Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo, 27 febbraio 1957, Opere scelte, val. 5 (Ed. Einaudi), p. 559
21 Direttiva durante la Grande rivoluzione culturale proletaria 22 Lettera alle Guardie rosse, 1 ° agosto 1966
23 Citato in “Un faro per la grande rivoluzione culturale”, articolo del “Quotidiano del Popolo”, 23 maggio 1966
24 Conversazione dell'ottobre 1968 citata al IX Congresso nazionale del Partito comunista cinese, 1° aprile 1969
25 Intervento alla riunione del Soviet supremo dell'Urss per la celebrazione del 40° anniversario della Grande rivoluzione socialista d'Ottobre, 6 novembre 1957

28 dicembre 2020