Per impedire la ratifica dell'elezione di Biden
Istigati da Trump i fascisti assaltano il senato degli Usa

 
Il 6 gennaio il Partito democratico americano otteneva inaspettatamente la maggioranza al Senato, oltre ad aver già quella della Camera, dopo aver vinto i ballottaggi per i due seggi in Georgia e si apprestava a sancire la vittoria elettorale con la seduta di ratifica dell'elezione di Joe Biden da parte delle Camere riunite in seduta congiunta al Senato. Ma diverse migliaia di sostenitori repubblicani, in gran parte aderenti a gruppi fascisti istigati dallo sconfitto Donald Trump assaltavano la sede di Capitol Hill e fermavano il conteggio di ratifica dei voti dei grandi elettori. Deputati, senatori e il vicepresidente Mike Pence che presiedeva la seduta erano scortati fuori dalle aule del parlamento con gli scatoloni dei verbali elettorali e potranno concludere la sessione solo alcune ore dopo con la ratificata della vittoria di Joe Biden e della sua vicepresidente Kamala Harris.
L'assalto durava alcune ore durante le quali si registreranno 5 morti, 13 feriti e alcune decine di arrestati, fino allo sgombero degli occupanti da parte della Guardia nazionale che non era stata mobilitata come in occasione di altre proteste davanti il Senato. Una conferma che i fascisti avevano avuto la strada spianata dall'amministrazione repubblicana uscente e che si trattava di una mossa per impedire la ratifica dell'elezione di Biden preparata da Trump fin dalla sconfitta elettorale nel voto del 3 novembre e dal mancato riconoscimento della vittoria del rivale; è da due mesi che lo sconfitto grida di aver vinto ma che la sua vittoria sarebbe stata cancellata dai presunti brogli degli avversari, pur non riconosciuti neanche da un'aula di tribunale che ha esaminato i ricorsi dei repubblicani.
Anche la mattina del 6 gennaio Trump dalla Casa Bianca annunciava che "andremo a piedi al senato e faremo il tifo per i nostri coraggiosi senatori e deputati al congresso", o meglio per quella parte che aveva aderito alla sua richiesta di opporsi alla ratifica dei risultati, e incitava all'irruzione sostenendo che "non riprenderemo mai il nostro paese con la debolezza, dobbiamo dimostrare di essere forti”. Solo dopo essere stato ripetutamente richiamato da Biden a fermare i suoi sostenitori li invitava a tornare a casa, l'ordine di schierare la Guardia Nazionale non partiva dal suo ufficio ma dal vicepresidente Mike Pence sotto assedio.
L'avversario Biden nelle ore dell'irruzione dei fascisti al senato non riusciva altro che a borbottare un "la nostra democrazia è sotto una minaccia senza precedenti”, ma senza dire che questa minaccia veniva dal presidente. Sulla stessa falsariga erano molte le condanne generiche degli atti violenti e quindi complici con Trump che venivano espresse dai governi borghesi alleati degli Usa, compresa quella dell'amico italiano "Giuseppi" Conte. Biden reagiva con un pietoso appello a Trump di fermare i suoi e d'altra parte era rimasto pressoché a guardare le mosse dell'avversario senza neanche mobilitare i suoi sostenitori.
Così Trump aveva campo libero finanche nell'ordinare la ritirata senza un ombra di pentimento, senza rinunciare a ribadire "ci hanno rubato le elezioni. La nostra vittoria è stata schiacciante, e lo sanno tutti", elogiando gli assalitori del senato con un "vi vogliamo bene; siete molto speciali”. Un plateale invito a riporre momentaneamente le armi, magari per usarle di nuovo il 20 gennaio in occasione dell'insediamento di Biden che potrebbe essere l'occasione, secondo un allarme lanciato dal Fbi, di possibili “attacchi armati” da parte di milizie di destra contro le sedi istituzionali in tutti gli Stati dell'unione.
Il tentativo di impedire la ratifica dell'elezione di Biden con la mobilitazione dei suoi sostenitori fascisti aveva zero possibilità di andare in porto, come è stato, ma Trump ci ha provato, ha comunque portato a casa il risultato di compattare il suo elettorato e ha voluto dimostrare che è sempre in grado di mantenere la sua leadership sulla corrente di destra, fascista, della borghesia americana. Ha perso la battaglia per rimanere alla Casa Bianca ma ha portato a casa il consenso di 72 milioni di elettori, un record per i repubblicani e un risultato superiore a quello di presidenti eletti. Un capitale di consensi che sembra solo scalfito dalla mobilitazione delle sue milizie fasciste e che non vuol perdere continuando a tuonare contro lo scippo della sua vittoria da parte di Biden per un suo futuro politico dentro il partito repubblicano o in una nuova formazione, per correre di nuovo alle prossime presidenziali se non sarà stoppato dall'impeachement annunciato dai democratici.
La consueta rissa elettorale per decidere quale cavallo correrà alla Casa Bianca per tutelare gli interessi dell'imperialismo americano, repubblicano o democratico che sia tanto non ci sono sostanziali differenze, non è terminata col voto del 3 novembre come in passato. Nel paese che si presenta come la culla della democrazia borghese, simbolo della libertà e modello per le nazioni del mondo continua grazie a Trump una rissa con toni sempre più accesi e con iniziative golpiste. Una situazione che tra le altre conferma il declino della superpotenza imperialista americana, che resta ancora più indietro rispetto alle concorrenti, paralizzato com'è dalla necessità di trovare una via d'uscita ai suoi gravi problemi interni.

13 gennaio 2021