Il governo tutela solo gli interessi dei padroni
Scuole chiuse in quasi tutta Italia e studenti in piazza
Azzolina ammette il fallimento ma non si dimette

A gennaio come a settembre: a quasi un anno dall'inizio della pandemia, nel bel mezzo della seconda ondata di contagi, che purtroppo ha già causato più morti e più danni della prima, e col rischio imminente di una terza ondata, il governo del dittatore antivirus Conte e la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina non hanno mosso un dito per garantire a milioni di studenti, genitori, insegnanti e personale Ata il sacrosanto diritto allo studio e la riapertura delle scuole in presenza e in sicurezza come più volte promesso.
Invece di accogliere le richieste degli studenti che da mesi manifestano in tutte le piazze d'Italia e davanti agli istituti contro la didattica a distanza, classista, dannosa e discriminatoria, e per la riapertura delle scuole in presenza e in sicurezza; invece di ridurre il numero di alunni per classe e assumere tutto il personale necessario a cominciare dai cosiddetti precari storici; invece di potenziare il trasporto pubblico locale e la sanità territoriale; invece di aggiornare i protocolli, fornire adeguati dispositivi di sicurezza, tamponi rapidi, tracciamento dei contagi, screening periodici e istituzione dell’operatore sanitario COVID scolastico; il governo non ha fatto altro che imporre per decreto una selva di provvedimenti seguiti da altrettanti decreti attuativi e ordinanze ministeriali, regionali, comunali e prefettizie, che hanno prodotto un criminale caos politico, istituzionale e organizzativo con effetti devastanti per l'intero sistema scolastico pubblico nazionale, in larga parte già smantellato dalle controriforme e dai pesanti tagli ai finanziamenti e al personale operati da tutti i governi che si sono succeduti alla guida del Paese negli ultimi decenni.
A farne le spese sono soprattutto gli studenti e in particolare quelli più deboli e poveri, delle periferie urbane, delle classi popolari e del Sud Italia che rischiano la salute fisica e psichica e vedono il proprio futuro e il successo formativo ormai fortemente compressi come testimoniano il progressivo aumento della dispersione e dell'abbandono scolastico già in atto da mesi.
Basti pensare che soltanto nei mesi di settembre e ottobre nelle scuole sono stati oltre 65.000 gli studenti contagiati. Mentre, secondo un’indagine dell’ISTAT, il 45,4% degli studenti tra i 6 e i 17 anni, pari a 3 milioni e 100mila, ha difficoltà nella didattica a distanza per la carenza di strumenti informatici in famiglia, che risultano assenti o da condividere con gli altri componenti del nucleo familiare.
Insomma, siamo di fronte a un inaccettabile ricatto tra salute pubblica e diritto allo studio e al lavoro. Nonostante il vertiginoso aumento dei morti e dei contagiati, il dittatore antivirus Conte ha deciso di lasciare aperti i luoghi di lavoro delle grandi imprese e delle multinazionali del commercio, ha anteposto gli interessi di Confindustria a quelli della salute pubblica e della tutela di lavoratori e studenti confermando così che l'unica vera priorità per questo governo è la tutela dei profitti dei padroni e dei loro sporchi interessi economici!
Non a caso Conte e Azzolina, di concerto con tutti gli altri ministri, i governatori e i sindaci di tutto il territorio nazionale, sia di “centro-destra” che di “centro-sinistra” hanno disposto l'apertura in presenza di tutti gli istituti del primo ciclo (primaria e secondaria di primo grado) in modo da permettere ai genitori di andare a lavorare e produrre profitto.
Anzi il governatore piddino della Puglia, Michele Emiliano, ha fatto ancora peggio. Con l’ordinanza n. 1 del 5 gennaio 2021 ha di fatto istituito un autonomo sistema scolastico regionale, una sorta di self service del “diritto allo studio” che garantisce il “servizio” in presenza solo negli istituti del primo ciclo e solo alle famiglie che ne fanno richiesta per motivi di lavoro.
Un precedente molto pericoloso perché spiana ancora di più la strada all'autonomia differenziata anche in campo scolastico minando alle fondamenta l’unitarietà del sistema pubblico di istruzione e favorisce il micidiale progetto eversivo che punta a smembrare il Paese in “venti piccole Italie” con legislazioni, servizi, sanità, scuola e ricerca, ambiente e contratti di lavoro diversi tra loro.
A pagare tutte le conseguenze di questa devastante crisi economica e sanitaria saranno ancora una volta i lavoratori e le masse popolari e studentesche. Dalle ultime statistiche emerge infatti che la maggior parte dei contagi e dei focolai di infezione si verificano in itinere, ad esempio durante il trasporto casa-scuola, e all'interno delle fabbriche dove i lavoratori oltre allo sfruttamento e ai turni di lavoro massacranti sono costretti a lavorare senza le necessarie condizioni di distanziamento, sanitarie e di sicurezza.
Di fronte a tutto ciò è sconcertante che la ministra Azzolina, per coprirsi dalle proteste di studenti, insegnati, personale Ata e genitori, cerchi tardivamente e maldestramente di sottrarsi alle sue gravi responsabilità scaricando tutte le colpe sui governatori di Regione.
A Radio Rai 1 ha avuto la faccia tosta di dichiarare che: “È stato fatto un lavoro enorme, coinvolgendo i prefetti su orari e bus”. Ma oggi, ha ammesso, sono “molto preoccupata” perché “la dad non può più funzionare, c’è un black out della socialità, i ragazzi sono arrabbiati, disorientati e sono preoccupata per il deflagrare della dispersione scolastica”. Io, ha chiosato ancora la Azzolina cadendo nel ridicolo: “Ho fatto tutto quello che potevo fare, le scuole sono pronte per ripartire ma le Regioni hanno la possibilità di riaprirle o meno”. Vorrei che tutti trattassero “la scuola come si trattano le attività produttive” perché comunemente “si fa l’errore di credere che la scuola non produca incassi: se io chiudo un negozio so purtroppo quanto ho perso, sulla scuola questo discorso non si fa ma i costi sono altissimi, il messaggio deturpante per cui nelle Regioni gialle è tutto aperto tranne la scuola, lascia cicatrici enormi”. In un'altra intervista televisiva ha lamentato che governo centrale e regioni mettono sempre all'ultimo posto la scuola rispetto ad altri settori produttivi, eppure continua a rimanere tranquillamente al suo posto senza trarre le dovute conseguenze.
La verità è che il governo Conte e la ministra Azzolina sono i massimi responsabili di questo immane fallimento. Il 7 gennaio sono tornati in classe e con orario in presenza ridotto al 25/50% solo 130 mila studenti delle scuole superiori di appena tre regioni su 20: Toscana, Abruzzo e Valle D’Aosta. Tutti gli altri, a quasi un anno dall'inizio della pandemia, continuano a restare a casa alle prese con la maledetta didattica a distanza.
Perciò, l'unica cosa che si può accettare da questo governo e da questa ministra non sono né le scuse né le giustificazioni, ma solo le loro dimissioni!

13 gennaio 2021