Un esempio tipico di imbroglione politico revisionista, commentatore periodico del TG4 della sera
Rizzo al servizio del socialimperialismo cinese
Il segretario nazionale del PC ieri accusava la Cina di non essere un paese socialista, oggi fa persino la propaganda a Xi, il nuovo imperatore della Cina

Il 5 dicembre scorso è stata pubblicata su La Riscossa , organo del Partito Comunista, una recensione del segretario Marco Rizzo al terzo volume dei discorsi del presidente cinese Xi Jinping, con la segnalazione che essa è stata ripresa e pubblicata integralmente anche da due importanti riviste governative cinesi. Una recensione lunga e articolata, argomentata sulla base di diverse citazioni tratte dal volume, che mira palesemente ad accreditare la Cina come un paese socialista, pur con “forti disuguaglianze”, e un paese “che ha tutto l’interesse a garantire la pace e a impedire la guerra, sia a scala regionale, che ancor di più a scala globale”. Mira cioè a negare che, dopo la morte di Mao e la salita al potere della cricca revisionista di Den Xiaoping, in quel glorioso paese è stato restaurato il capitalismo e che oggi la Cina capitalista del nuovo imperatore Xi Jinping ha ormai raggiunto lo stadio imperialista. Una potenza imperialista che però si nasconde dietro simboli socialisti, ovvero una potenza socialimperialista.
Rizzo, dopo aver esaltato l'impetuoso sviluppo economico della Cina che “in un crescendo inarrestabile” la proietta verso il traguardo di prima superpotenza economica mondiale, ammette infatti che questo processo è cominciato quando “il gruppo dirigente cinese ha aperto la sua economia alle regole del libero mercato internazionale, che nella loro essenza ripropongono lo sfruttamento capitalistico”. Quindi, se le parole hanno un senso, come può chiamarsi socialista un sistema economico basato sul libero mercato e lo sfruttamento capitalistico? Ma egli “risolve” la contraddizione sostenendo che “la sfida, oggi, è governare tale aspetti contraddittori e rendere il partito (non gli interessi economici) arbitro e decisore degli interessi della nazione e del popolo cinese”. E cita a questo proposito “la presenza delle strutture di partito nelle aziende private” e la “centralità del partito” nella pianificazione economica e nella guida della società.
 

Quale classe detiene il potere politico in Cina?
Però Rizzo si guarda bene dall'affrontare un problema che per chi si proclama marxista-leninista dovrebbe essere conseguente a tali affermazioni: chi è al potere in Cina, la borghesia o il proletariato? Da sedicente marxista-leninista dovrebbe sapere che il potere risiede nella struttura economica, ed essendo questa struttura di tipo capitalista, perché sappiamo che è basata sulla proprietà privata e il libero mercato, mentre il proletariato è sfruttato come e più che in un qualsiasi altro paese capitalista, il potere reale non può che essere in mano alla classe borghese; sia pure (ma non soltanto, vedi i grandi finanzieri miliardari di statura internazionale che anche in Cina non mancano) sotto le sembianze di un'oligarchia burocratica che controlla lo Stato e il partito. Il fatto che sia il Partito Comunista Cinese a controllare l'economia non garantisce affatto che tale economia possa chiamarsi socialista, se questo partito di comunista ha conservato solo il nome come un paravento per ingannare le masse ed è in realtà in mano alla borghesia.
Rizzo invece dà per scontato che il PCC sia ancora un vero partito comunista e che
sia ancora in mano al proletariato cinese, di cui la cricca revisionista di Xi sarebbe espressione e di cui farebbe gli interessi, anche se è costretto ad arrampicarsi sugli specchi per sostenerlo. Come quando cerca di giustificare malamente certe parole d'ordine di Xi, come “l'economia socialista di mercato” e i “liberi flussi dei fattori, prezzi flessibili, competizione onesta e ordinata”, ecc. Non a caso non si spinge mai a dire apertamente che la Cina è un paese socialista. E come potrebbe, dal momento che fino a ieri sosteneva ufficialmente il contrario? Egli è costretto infatti a definire quello cinese un “sistema socialista, nel senso concretamente delineato dal Partito Comunista”. E qui infatti è costretto anche - nel citare le direttive di Xi di “continuare ad adattare il marxismo alle condizioni cinesi”, del “Pensiero Socialista con Caratteristiche Cinesi per una Nuova Era”, e del “nuovo tipo di pensiero con caratteristiche cinesi” - ad ammettere candidamente: “Per noi occidentali è difficile capire cosa sia un marxismo con caratteristiche cinesi”.
 

Rizzo copre il socialimperialismo e l'egemonismo cinesi
Ma Rizzo si spinge anche a coprire a sinistra il socialimperialismo cinese commentando un'altra citazione di Xi che recita: “Indipendentemente dai progressi fatti dalla Cina, non minacceremo nessuno, non cercheremo di rovesciare l’attuale sistema internazionale, o cercheremo sfere di influenza. La Cina resterà determinata come sempre a costruire un mondo di pace, contribuire alla prosperità globale e far rispettare l’ordine mondiale”.
“Io credo che vi siano forti ragioni per confidare nella sincerità di questa proposizione”, commenta Rizzo, fingendo di ignorare l'impressionante accelerazione dell'espansionismo del socialimperialismo cinese, in competizione con l'imperialismo americano per l'egemonia mondiale, sia a livello regionale nel Pacifico meridionale, sia a livello globale con la sua penetrazione economica (ma anche militare, vedi la base di Gibuti) in Africa e in America Latina. Per non parlare del gigantesco progetto della “Nuova Via della Seta” ed altri accordi economici, commerciali e finanziari, tramite i quali è sbarcato anche sul continente europeo e in Italia.
Tra l'altro con questa sua posizione Rizzo contraddice in pieno anche l'analisi dell'imperialismo cinese che compare ancora su La Riscossa del 15 aprile 2017 (“Cina e imperialismo, un’analisi storico-economica”, a firma di Lorenzo Vagni), nella quale si mette in rilievo che oggi la Cina soddisfa tutte le condizioni poste da Lenin per definire quando un paese capitalista raggiunge lo stadio dell'imperialismo. Tanto che dopo una disamina storico-politica della restaurazione capitalistica in Cina si arriva a questa significativa affermazione: “È dunque evidente come in Cina il ritorno al capitalismo sia pressoché completo, tutt’al più in una sua variante statalista, ma bisogna prendere in considerazione alcuni dati economici per convincersi del fatto che il paese sia ormai giunto anche alla fase imperialista”.
 

Le due facce dell'imbroglione revisionista
Quindi, cos'è cambiato da allora perché il giudizio di Rizzo sulla Cina sia completamente capovolto? In realtà non è da ora che egli ha compiuto una tale virata di bordo. Già nel settembre del 2019, per esempio, aveva rilasciato un'intervista alla stampa cinese “Sulla Via della Seta e le relazioni italo-cinesi” in cui aveva accreditato la Cina socialimperialista come un autentico paese socialista, sia pure con l'esistenza di alcune “contraddizioni”, ed esaltato come “pacifico” il suo espansionismo economico. Evidentemente con ciò egli mira a conquistare il riconoscimento come interlocutore privilegiato in Italia da parte della cricca revisionista di Xi. La quale a sua volta ha tutto l'interesse ad avere un agente al suo servizio come lui, che curi la sua immagine e i suoi interessi commerciali e politici in Italia. Non a caso la sua recensione, compresa la sua foto con in mano il libro di Xi e sullo sfondo una sua foto con Fidel Castro e un ritratto di Lenin, è stata pubblicata con risalto su due importanti riviste governative cinesi.
Come tutti gli imbroglioni Rizzo recita due parti in commedia: quella del falso marxista-leninista, che recita di fronte alla sua base e nei consessi internazionali, dove non può negare che la Cina del nuovo imperatore Xi sia un paese capitalista e imperialista, e quella che recita con i suoi padroni revisionisti cinesi, dei quali fa pubblica quanto sfacciata esaltazione e porta avanti gli interessi in Italia.
Lo stesso atteggiamento che questo doppiogiochista tiene con la stampa borghese e le televisioni da cui è spesso invitato, e in certi casi è ospite fisso periodico, come nel TG4 della sera, che offrono una tribuna al suo innocuo e rassicurante comunismo da salotto, e che lui usa per presentarsi come l'unico “vero comunista” rimasto sulla piazza. Mentre non a caso, al PMLI e agli autentici marxisti-leninisti, viene negato sistematicamente ogni accesso ai media borghesi.

20 gennaio 2021