In violazione del diritto internazionale
L'Italia è uno dei Paesi che sfruttano le risorse delle terre saharawi occupate
La Rasd chiede alle aziende che operano nel Sahara occidentale di “riconsiderare le loro attività illegali nell'area”

 
L'Esercito popolare di liberazione saharawi (ALPS) comunicava il 17 gennaio che per il 66° giorno consecutivo aveva continuato i suoi attacchi contro le posizioni e le trincee delle forze di occupazione marocchine. Il 18 gennaio l'Associazione per il controllo delle risorse naturali e la protezione dell'ambiente del Sahara occidentale denunciava la presenza di una nave battente bandiera panamense nel porto della città occupata di Laayoune che stava caricando fosfati saccheggiati nei territori saharawi occupati dal Marocco per portarli in Nuova Zelanda e rilanciava il suo appello alle Nazioni Unite affinché intervengano per prendere le misure rigorose per porre fine al saccheggio delle risorse naturali saharawi da parte del Marocco. Sono gli ultimi due episodi in ordine di tempo che raccontano di una guerra ripresa dopo la violazione lo scorso 13 novembre del cessate il fuoco che durava dal 1991 da parte del Marocco, una guerra di liberazione ignorata dai paesi imperialisti che negano i diritti del popolo sahrawi e continuano i loro affari col Marocco. Fra questi, l'Italia, in aperta violazione del diritto internazionale.
Una denuncia recentemente rilanciata dal Centro di Studi e Documentazione franco-saharawi Ahmed Baba Miskè, un'associazione sahrawi fondata a Parigi nel 2018 per tenere alta l'attenzione sulla Repubblica araba democratica saharawi (Rasd) e le attività del Fronte Polisario. Nel rapporto annuale dell'associazione si sottolinea che sono "almeno trenta i paesi che stanno investendo illegalmente nei territori occupati del Sahara occidentale in numerosi settori economici che, per il diritto internazionale, rappresentano un atto illegittimo". I principali partner economici del Marocco sono l'ex potenza coloniale Spagna e la Francia, i due padrini politici che hanno coperto l'occupazione del Sahara occidentale e partecipano allo sfruttamento delle risorse del paese con quasi un cinquantina di società; seguono le 15 società tedesche, Svezia e Grecia con 6 e l'Italia con 5 fra le quali Enel e Italcementi. Trasporto marittimo, pesca e estrazione dei fosfati sono i settori economici principali che interessano le società straniere. I 1.400 chilometri di coste del Sahara occidentale sono considerate una delle aree marittime più pescose al mondo e accordi di pesca che sono stati rinnovati tra l’Ue e il Marocco nel 2018 nonostante che proprio in quell'anno la Corte di giustizia dell’Unione europea avesse confermato il riconoscimento dello "status separato e distinto del Sahara occidentale come territorio occupato" come definito anche dall’Onu.
La costituzione di ditte straniere nei territori occupati o la loro attività in base a accordi col Marocco sono pertanto illegittime dato che non hanno ottenuto il consenso del popolo saharawi e del suo unico e legittimo rappresentante, riconosciuto dall’Onu, il Fronte Polisario. La Rasd è membro a pieno titolo dell'Unione africana che definisce la presenza marocchina nel Sahara occidentale "un'occupazione militare illegale" e che "tutte le attività economiche, siano esse svolte dal Regno del Marocco o da terzi, violano il diritto internazionale".
La Rasd ha quindi tutto il diritto di chiedere alle aziende che operano nel Sahara occidentale di “riconsiderare le loro attività illegali nell'area”, nei territori che ha dichiarato "zona di guerra" dopo le violazioni dell'esercito occupante marocchino del novembre scorso.

20 gennaio 2021