Rimini, 31 gennaio 1991
Onore alle compagne e ai compagni che hanno denunciato ai delegati all'ultimo Congresso del PCI l'inganno del partito revisionista

 
La presenza ufficiale del PMLI con le sue insegne davanti ai cancelli del Palacongressi di Rimini il 31 gennaio 1991, giorno di apertura del XX e ultimo congresso del PCI, ha rappresentato un fulminante atto storico di alto valore e significato politici che rimarrà negli annali della storia del PMLI e dell'intero movimento operaio nazionale e internazionale.
Si è trattata di una dura lezione inferta ai revisionisti e liquidatori neoliberali, alla socialdemocrazia, al neoduce Craxi che all'epoca era a capo del governo del regime neofascista e all'intera classe dominante borghese che insieme al funerale del PCI pensavano di poter celebrare anche quello del comunismo in Italia. E già gustavano il trionfo indiscusso del neoliberalismo sul marxismo-leninismo-pensiero di Mao, del capitalismo sul socialismo, della borghesia sul proletariato, la nascita di quel mostriciattolo politico e organizzativo neoliberale del PDS.
Ma non è stato così, perché il PMLI ha guastato loro la festa dando voce e corpo al proletariato cosciente e a tutti coloro che credono ancora nel socialismo.
Il PMLI era a Rimini per denunciare e smascherare di fronte a tutti i congressisti e all'intera opinione pubblica l'inganno controrivoluzionario e antimarxista-leninista perpetrato dal PCI per ben 70 anni ai danni del proletariato, delle masse femminili, giovanili e popolari. Era lì anche per testimoniare la forza, la vitalità e l'attualità del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, del socialismo e del Partito del proletariato mentre i neoliberali di Occhetto e i neorevisionisti di Garavini, Cossutta, Libertini e Salvato li avevano gettati alle ortiche.
La liquidazione del PCI non segnò né la sconfitta né la fine della storia del proletariato italiano perché essa è continuata col PMLI. E ciò era reso tanto più evidente dalla fierezza, il coraggio e la determinazione con i quali le compagne e i compagni del PMLI sventolavano le rosse bandiere del Partito con la falce e martello e l'effige di Mao e diffondevano l'importante Documento del CC del PMLI "È finito un inganno durato 70 anni" (che ripubblichiamo integralmente in altra pagina) ai delegati del XX congresso.
Di fronte a qualcosa che muore, c'è sempre qualcosa che nasce, cresce e si irrobustisce: è una legge della dialettica materialista. A Rimini, di fronte alla morte del PCI, in uno scenario squallido e decadente e prettamente borghese, privo di qualsiasi simbolo proletario, il PMLI e le sue rosse bandiere hanno brillato in tutto il loro splendore e hanno gridato con coraggio ai quattro venti che la lotta per il socialismo in Italia continuava e che aveva già il Partito che la guiderà alla vittoria.
La forte delegazione del Partito, guidata dal compagno Dario Granito, era composta da dirigenti e militanti di ambo i sessi e di diverse età, da fondatori e da nuovi militanti del Partito provenienti da città diverse del Nord, Centro e Sud. Il PMLI vuole rendere onore quindi alle compagne Antonella Casalini, Claudia Del Decennale, Cinzia Giaccherini, Monica Martenghi, Nerina 'Lucia' Paoletti e ai compagni Alessandro Casalini, Franco Dreoni, Simone Malesci, Ferruccio Panico e Franco Panzarella per aver denunciato con forza e coraggio ai delegati all'ultimo Congresso del PCI l'inganno del partito revisionista.
La delegazione si schierò prima dell'inizio del congresso agli ingressi principali, innalzando le bandiere del Partito e diffondendo migliaia di copie del Documento del Comitato centrale ai congressisti e alla stampa suscitando l'immediata curiosità e attenzione dei presenti. Per tutta la durata della diffusione le compagne e i compagni hanno avuto costantemente gli occhi addosso e furono superfotografati e ripresi da fotografi e operatori di televisioni italiane ed estere, pubbliche e private, che però si guardarono bene dall'informare e documentare tale presenza. Clamoroso il caso della Rai 3 che intervistò, senza poi trasmettere il servizio, il compagno Simone Malesci, all'epoca Responsabile della Commissione giovani del CC del PMLI, il quale fra l'altro disse che "La storia del proletariato italiano non finisce qui, ma continua col PMLI. Si tratta di un'affermazione molto importante. Sta a significare che il PMLI, che è nato 14 anni fa e non 6 mesi fa in opposizione alla quercia, si propone come alternativa di classe e intende guidare la classe operaia, i lavoratori, verso il socialismo".
Vergognoso il comportamento della stampa borghese e di regime. Dovette temporaneamente rompere il rigido black-out che circonda da sempre intorno alle iniziative del PMLI. Ciononostante non solo il black-out non fu rotto del tutto, ma registrammo la disinformazione e la falsificazione che comunque caratterizzarono i servizi giornalistici che parlarono del PMLI.
Anche in quell'occasione prevalse la disonestà intellettuale e politica sul rigore e l'etica professionale. Mai come in quella circostanza e nel momento in cui si affermava che nel mondo non esistevano più i marxisti-leninisti e chi si batteva per il socialismo, obiettività voleva che si desse notizia, e non la si deformasse, dell'esistenza in Italia di un Partito che si batte coerentemente per il socialismo.
Brillarono per il silenzio stampa sul PMLI tutti i mezzi di informazione radiotelevisiva
pubblica e privata e in particolare la Rete 3, che pure aveva intervistato per cinque minuti il dirigente del PMLI che diffondeva a Rimini, e Retequattro del piduista Berlusconi che ha fatto lunghe riprese sia dei diffusori che del materiale del Partito.
In generale, salvo la "Gazzetta del Mezzogiorno", ha taciuto la stampa del Sud. Clamoroso il caso del "Corriere della Sera" a cui sembrava completamente sfuggita la presenza del PMLI nei servizi apparsi il 1 febbraio, salvo poi pubblicare il giorno successivo nella continua del fondo di Zincone, una foto di una compagna del PMLI mentre diffondeva guardandosi bene dall'indicarne il partito di appartenenza e definendola nella didascalia “una contestatrice di Rimini”.
La palma d'oro della disinformazione andò comunque alla defunta "l'Unità", giornale del PCI revisionista e poi del PDS e DS neoliberali, in buona compagnia dei giornali reazionari e piduisti, che non osò dire una sola parola sulla presenza del PMLI a Rimini. Fu inspiegabile il silenzio dell'agenzia Ansa.
Fra quelli che si guadagnarono il premio della falsificazione spicca il quotidiano trotzkista "il manifesto" che deformò artatamente il nome del PMLI in PCML al solo scopo di renderlo irriconoscibile.
Il quotidiano all'epoca craxiano "Il Giorno" preferì esorcizzare la presenza del PMLI descrivendo i suoi militanti come "qualche ragazzotto", quando per altri giornali erano invece quaranta, e reinventandosi il titolo del documento del CC trasformato in "la grande truffa è finita".
"La Repubblica" non fu da meno, vedendo al posto dei "ragazzotti", "vecchi stalinisti e punk con la stella rossa". Ma le false visioni si trasformavano addirittura in abbagli politici laddove "la Repubblica" affermava che "dal congresso del PDS si sono invece sentiti esclusi i marxisti-leninisti", quando tutti i giornalisti ben informati sapevano bene che i marxisti-leninisti non hanno mai avuto nulla a che fare col PCI avendone denunciato la natura borghese e controrivoluzionaria fin dal Congresso di fondazione del PMLI e anche in precedenza.
Fra i falsificatori vanno inoltre ricordati "La Stampa" di Agnelli che spacciò l'Organo del PMLI "Il Bolscevico" per un depliant, e l'Agi per la quale i marxisti-leninisti sono diventati singolarmente degli ''ultra-comunisti''. E la "Gazzetta di Firenze" definì "archeologia" il rosso della carta e delle bandiere del PMLI.
Ma ritorniamo alla cronaca. Nessuno osò impedire la diffusione del PMLI, segno della forza del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e dell'analisi e della linea del Partito. Basterebbe ricordare quando i revisionisti, diventati poi neoliberali, tentavano di impedirci anche fisicamente di diffondere davanti alle fabbriche, alle scuole e alle Università, durante le manifestazioni con la scusa che solo loro rappresentavano il partito della classe operaia e del socialismo. La storia ha dato ragione al PMLI ed evidentemente i neoliberali hanno dovuto ingoiare il fatto che noi fossimo lì a dire una verità incontrovertibile e sotto gli occhi di tutti.
In genere la diffusione incontrò molto rispetto politico. nonostante la prevalente composizione medio borghese dei delegati e degli invitati. La stragrande maggioranza prese il volantino conservandolo con cura o iniziando a leggerlo con attenzione in attesa di entrare. Gli assai rari delegati di estrazione operaia e popolare mostrarono persino simpatia. Presero Il volantino anche alcuni dirigenti del PDS come Michele Ventura e Stefano Rodotà, mentre altri lo rifiutarono o evitarono accuratamente di imbattersi nei nostri diffusori. Lo rifiutarono Violante, Pizzinato, Airoldi, Chicco Testa, Chiara lngrao e Luigi Pintor. Svicolarono i neorevisionisti Garavini e Russo Spena.
Non mancarono le discussioni, anche se il controllo dei capi delegazione non le favoriva. Così come non mancarono segnali incoraggianti di chi, come nel caso di una giovane calabrese, disse che da tempo stava pensando di entrare nel PMLI e che forse era venuto il momento. Un giovane chiese persino di acquistare la bandiera del Partito.
Con quest'atto storico si concluse vittoriosamente la ultraventennale battaglia dei marxisti-leninisti Italiani contro Il revisionismo moderno e si aprì la battaglia contro il neorevisionismo e i partiti neorevisionisti.

20 gennaio 2021