49 arrestati per scambio elettorale politico mafioso
Tra gli arrestati il sindaco di Rosarno Idà

 
Dal corrispondente dell’Organizzazione della provincia di Reggio Calabria
 
Lunedì 18 gennaio i carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, nell’ambito della maxioperazione denominata “Faust”, hanno arrestato 49 persone (30 in carcere, 19 ai domiciliari) responsabili a vario titolo di associazione mafiosa, scambio elettorale politico-mafioso, traffico di stupefacenti, detenzione illegale di armi, tentato omicidio, usura e procurata inosservanza di pena. Gli arresti hanno interessato anche altre città come Messina, Vibo Valentia, Salerno, Matera, Brindisi, Taranto, Alessandria e Pavia.
L’inchiesta avviata nel 2016, dopo le rivelazioni del pentito Lorenzo Bruzzese, coordinata dal procuratore aggiunto Gaetano Calogero Paci e dai pm Sabrina Fornaro e Adriana Sciglio, ha permesso di documentare i traffici illeciti della potente cosca Pisano, meglio conosciuta come i “diavoli di Rosarno”, non solo nel territorio della provincia di Reggio Calabria ma anche in altre parti del territorio nazionale.
Sono stati accertati anche i rapporti del clan con altre cosche storiche presenti nella Piana di Gioia Tauro, tra le quali la società di Polistena capeggiata dalla famiglia Longo, e della locale cosca di ‘ndrangheta di Anoia al cui vertice c’è una famiglia di imprenditori edili.
La complessa attività investigativa ha permesso inoltre di scoprire una redditizia attività di narcotraffico che partendo proprio dall’hub portuale di Gioia Tauro ha intrecciato diverse realtà criminali organizzate operanti in Campania, Puglia e Basilicata.
Non solo traffico di stupefacenti, usura e estorsioni, ma anche politica. Non a caso, tra gli arrestati spicca il nome di Giuseppe Idà, 40 anni, ex vice segretario regionale dell’Udc poi passato a Forza Italia e eletto, con una lista civica, sindaco di Rosarno nel giugno 2016 quando superò nettamente l’allora rivale Giacomo Saccomanno proprio grazie ai voti procurati in campagna elettorale da Francesco “Ciccio” Pisano esponente di spicco dell’omonima cosca in cambio della promessa di incarichi nell’organigramma comunale tra cui la nomina a vicesindaco di un uomo di fiducia.
“Non stiamo parlando di promesse generiche ma di promesse determinate” - tiene a precisare il procuratore aggiunto Paci - aggiungendo che “la prima uscita pubblica del candidato sindaco, poi eletto, è stata concordata prima con i referenti della cosca anche nei suoi dettagli grammaticali. C’è una compenetrazione strettissima del rapporto sin dalle origini”.
Da tempo si dava per certa la candidatura di Idà a consigliere regionale della Calabria alle prossime elezioni di aprile, ma dopo le pesanti accuse piovutegli addosso, adesso avrà altro a cui pensare.
Per il procuratore capo Giovanni Bombardieri “l'appoggio elettorale fornito dalla cosca Pisano si è tradotto sin dall’avvio della campagna elettorale, nella formazione delle liste, nella predisposizione del simbolo e del programma, oltre che tramite il procacciamento di voti finalizzato a ottenere l’elezione di un proprio consigliere e altre utilità personali”. Il consigliere in questione è Domenico Scriva, finito agli arresti domiciliari. Si tratta di un architetto eletto con la lista “Cambiamo Rosarno” molto vicino ai “diavoli” che cercavano un assessore ai Lavori pubblici per rendere edificabili alcune aree urbane e continuare a usufruire del fitto di locazione del centro vaccini situato in uno stabile di loro proprietà.
Subito dopo l’elezione Giuseppe Idà, per smentire le voci che in piena campagna elettorale lo davano legato ai Pisano, iniziò a prendere le distanze dalla cosca specie dopo l’arresto del latitante Marcello Pesce. In quell’occasione, il sindaco di Rosarno si congratulò con le “forze dell’ordine” provocando lo sdegno di Carmine Pesce che in un'intercettazione telefonica con Francesco Pisano accusava Idà di aver cercato anche i suoi voti e minacciava di fargliela pagare affermando: “se inizio io su facebook, lo faccio cadere subito”.
Siamo di fronte a un’inchiesta giudiziaria che mette ancora una volta a nudo gli sporchi intrecci tra criminalità organizzata, amministrazioni locali del regime neofascista, imprenditori collusi e politicanti borghesi corrotti; e che dimostra l’altissima capacità di infiltrazione della ‘ndrangheta nelle istituzioni dello Stato borghese. Non potrebbe essere diversamente, essendo la criminalità organizzata un prodotto del sistema economico capitalista. Essa rappresenta la parte più reazionaria e sanguinaria della borghesia italiana in grado di condizionare pesantemente lo sviluppo del martoriato Mezzogiorno.
Occorre un vasto fronte unito sulla base di una piattaforma politica comune per poter assestare duri colpi alla criminalità organizzata, nella consapevolezza che solo il socialismo e la conquista del potere politico del proletariato potranno estirparla definitivamente.

27 gennaio 2021