Proteste e petizioni per i 67 siti di stoccaggio dei rifiuti nucleari

Il 5 gennaio 2021 la Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari) ha pubblicato, previa autorizzazione dei ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, l’elenco delle potenziali zone destinate a ospitare il Deposito Nazionale di rifiuti radioattivi che oggi sono depositati presso le quattro centrali nuclari italiane (Trino, Caorso, Latina e Garigliano) che cessarono l'attività a seguito del referendum del 1987 che vietò il proseguimento del programma nucleare civile italiano.
Nei prossimi mesi si aprirà la consultazione pubblica, che terminerà con la scelta definitiva del sito, che sarà scelto tra le 67 aree individuate nella cartina pubblicata sul sito ufficiale del Deposito Nazionale https://www.depositonazionale.it.
Lo smantellamento delle quattro centrali ha richiesto un costante lavoro di analisi e catalogazione dei rifiuti nucleari prodotti prima della loro chiusura e comprende il totale e definitivo smaltimento di qualsiasi materiale radioattivo sia in essi presente, attività che in Italia è svolta dalla Sogin, la società pubblica responsabile della gestione dei rifiuti radioattivi.
Dunque, a seguito della chiusura delle centrali nucleari italiane, è stato necessario progettare un unico deposito nazionale che potesse contenere definitivamente i rifiuti radioattivi dei quattro impianti di produzione dismessi, e così il 5 gennaio scorso è stato pubblicato l’elenco dei siti proposti, tra i quali ne verrà alla fine individuato uno soltanto.
In totale, si stima che il Deposito Nazionale ospiterà circa 95 mila metri cubi di rifiuti che non comprenderanno solamente le scorie provenienti dalla dismissione delle centrali nucleari, ma anche rifiuti radioattivi provenienti dal settore civile e industriale (chimico, farmaceutico, ospedaliero, diagnostico e di ricerca).
Il deposito, che dovrebbe essere avviato nel 2025, si estenderà su un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito effettivo e 40 al parco tecnologico, con 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, all’interno delle quali verranno collocati dei grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all’interno i rifiuti radioattivi già condizionati, i quali dovranno rimanere isolati per più di 300 anni.
L’elenco delle aree individuate come potenziali sedi del Deposito Nazionale è composto da 67 zone.
In Piemonte sono state individuate 8 zone tra le province di Torino e Alessandria (comuni di Caluso, Mazzè, Rondissone, Carmagnola, Alessandria, Quargento, Bosco Marengo), tra la Toscana e il Lazio 24 zone tra le province di Siena, Grosseto e Viterbo (comuni di Pienza, Campagnatico, Ischia di Castro, Montalto di Castro, Canino, Tuscania, Tarquinia, Vignanello, Gallese, Corchiano), tra la Basilicata e la Puglia 17 zone tra le province di Potenza, Matera, Bari e Taranto (comuni di Genzano, Irsina, Acerenza, Oppido Lucano, Gravina, Altamura, Matera, Laterza, Bernalda, Montalbano e Montescaglioso), in Sardegna 14 aree in provincia di Oristano (comuni di Siapiccia, Albagiara, Assolo, Usellus, Mogorella, Villa Sant’Antonio, Nuragus, Nurri, Genuri, Setzu, Turri, Pauli Arbarei, Ortacesus, Guasila, Segariu, Villamar e Gergei) e in Sicilia 4 aree nelle province di Trapani, Palermo e Caltanissetta (comuni di Trapani, Calatafimi, Segesta, Castellana, Petralia e Butera).
Alla notizia dell'individuazione dei siti le popolazioni interessate hanno iniziato a raccogliere le firme al fine di impedire che il futuro Deposito Nazionale venga realizzato nel proprio territorio, e le istituzioni locali hanno vivacemente protestato contro la decisione del governo.
La prima a muoversi è stata la Basilicata: “ci opporremo con tutte le nostre forze – ha dichiarato il presidente della regione, Vito Bardi - ad ogni ipotesi di ubicazione sul nostro territorio del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi” , e l'assessore regionale Gianni Rosa si è pienamente associati. Successivamente Bardi e Rosa hanno dichiarato congiuntamente: “Non eravamo stati informati e ribadiamo la nostra contrarietà a questa scelta, certi di interpretare il comune sentire del popolo lucano che come è noto a tutti ha già manifestato questo orientamento, in maniera composta ma decisa, 17 anni fa quando fu indicato il sito di Scanzano Jonico. Ora come allora il nostro territorio, che contribuisce in maniera rilevante al bilancio energetico del Paese con le proprie risorse naturali, non può essere ulteriormente gravato da una attività che rischierebbe di mettere in discussione e di pregiudicare la prospettiva di sviluppo sostenibile che con tanta fatica stiamo perseguendo” .
In provincia di Bari i sindaci di Gravina in Puglia, Alesio Valente, e di Altamura, Rosa Melodia, hanno protestato energicamente, annunciando di opporsi vigorosamente all'individuazione del Deposito Nazionale sul proprio territorio: “le istituzioni locali – ha scritto Valente su Facebook - sin qui non erano mai state interpellate” .
Contrarietà ha da subito espresso anche l'Anci della Sardegna per bocca del suo presidente Emiliano Deiana, il quale si è detto sconcertato per “la scelta del Governo di presentare la mappa dei siti potenzialmente idonei nel mezzo della più grave crisi dal dopoguerra ad oggi e di aver individuato, in Sardegna, alcune fra le aree più fragili dal punto di vista economico, sociale, ambientale e demografico “, ricordando che l'isola soffre già abbastanza per il problema dell'inquinamento derivante dalle servitù militari che occupano in Sardegna 35.000 ettari di territorio.
Anche il presidente della Toscana, Eugenio Giani, e numerosi sindaci dei comuni della Tuscia interessati hanno vivacemente protestato, e lo stesso hanno fatto il presidente della Sicilia, Nello Musumeci, e del Piemonte, Alberto Cirio insieme ai sindaci dei comuni interessati.
Ovunque nei territori dove sono stati individuati i 67 siti sono poi partite petizioni popolari e raccolte di firme per impedire che nel proprio territorio sia realizzato il Deposito Nazionale, e ovunque è stata lamentata la mancanza totale di informazione preventiva e di consultazione con le popolazioni interessate da parte del governo nazionale su un problema tanto grave e delicato.

27 gennaio 2021